Pregava
il Padre suo in segreto
Alla
periferia della città c'era una grotta, in cui essi andavano
sovente, parlando del «tesoro». L'uomo di Dio, già santo per
desiderio di esserlo, vi entrava, lasciando fuori il compagno ad
attendere, e, pieno di nuovo insolito fervore, pregava
il Padre suo in segreto.
Desiderava
che nessuno sapesse quanto accadeva in lui là dentro; e, celando
saggiamente a fin di bene il meglio, solo a Dio affidava i suoi santi
propositi.
Supplicava
devotamente Dio eterno e vero di manifestargli la sua via e di
insegnargli a realizzare il suo volere.
Si
svolgeva in lui una lotta tremenda, né poteva darsi pace, finché
non avesse compiuto ciò che aveva deliberato.
Mille
pensieri l'assalivano senza tregua e la loro insistenza lo gettava
nel turbamento e nella sofferenza.
Bruciava
interiormente di fuoco divino, e non riusciva a
dissimulare il fervore della sua anima.
Deplorava
i suoi gravi peccati, le offese fatte agli occhi della maestà
divina.
Le
vanità del passato o del presente non avevano per lui più nessuna
attrattiva, ma non si sentiva sicuro di saper resistere a quelle
future.
Portava
Gesù sempre nel cuore
I frati
che vissero con lui, inoltre sanno molto bene come
ogni giorno, anzi ogni momento affiorasse sulle sue labbra il ricordo
di Cristo; con quanta soavità e
dolcezza gli parlava, con quale tenero amore discorreva con Lui. La
bocca parlava per l'abbondanza dei santi affetti del cuore,
e quella sorgente di illuminato amore che lo riempiva dentro,
traboccava anche di fuori.
Era
davvero molto occupato con Gesù.
Gesù
portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie,
Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra.
Quante
volte, mentre sedeva a pranzo, sentendo
o pronunciando lui il nome di Gesù, dimenticava il cibo
temporale e, come si legge di un santo, «guardando, non vedeva e
ascoltando non udiva».
C'è
di più, molte volte, trovandosi in viaggio e meditando o cantando
Gesù, scordava di essere in viaggio e si fermava a invitare
tutte le creature alla lode di Gesù.
Proprio
perché portava e conservava sempre
nel cuore con mirabile amore Gesù Cristo, e questo crocifisso,
perchè fu insignito gloriosamente più di ogni altro della immagine
di Lui, che egli aveva la grazia di contemplare, durante l'estasi,
nella gloria indicibile e incomprensibile, seduto alla «destra del
Padre», con il quale l'egualmente altissimo Figlio dell'Altissimo,
assieme con lo Spirito Santo vive e regna, vince e impera, Dio
eternamente glorioso, per tutti i
secoli. Amen!
Si
sentiva un peccatore perdonato
Un
giorno, pieno di ammirazione per la misericordia del Signore in tutti
i benefici a lui elargiti, desiderava conoscere dal Signore che cosa
sarebbe stato della sua vita e di quella dei suoi frati.
A
questo scopo si ritirò, come
spesso faceva, in un luogo adatto per la preghiera. Vi rimase
a lungo invocando con timore e tremore il Dominatore di tutta la
terra, ripensando con amarezza gli anni passati malamente e
ripetendo: «O Dio, sii propizio a me
peccatore!»
A
poco a poco si sentì inondare nell'intimo del cuore di ineffabile
letizia e immensa dolcezza.
Cominciò
come a uscire da sé: l'angoscia e le tenebre, che gli si erano
addensate nell'animo per timore del peccato, scomparvero, ed ebbe la
certezza di essere perdonato di tutte le sue colpe e di vivere nello
stato di grazia.
Poi,
come rapito fuori di sé e trasportato in una grande luce, che
dilatava lo spazio della sua mente, poté contemplare liberamente il
futuro.
Quando
quella luce e quella dolcezza dileguarono, egli aveva come uno
spirito nuovo e pareva un altro.
Poneva
tutta la sua fiducia in Dio
In
quella fossa, che era sotto la casa, ed era nota forse ad uno solo,
rimase nascosto per un mese intero, non osando uscire che per stretta
necessità.
Mangiava
nel buio del suo antro il cibo che di tanto in tanto gli veniva
offerto, e ogni aiuto gli era dato nascostamente. Con
calde lacrime implorava Dio che lo liberasse dalle mani di chi
perseguitava la sua anima e gli concedesse la grazia di compiere i
suoi voti.
Nel
digiuno e nel pianto
invocava la clemenza del Salvatore e, diffidando di se stesso, poneva
tutta la sua fiducia in Dio.
Benché
chiuso in quel rifugio tenebroso, si sentiva inondato da indicibile
gioia, mai provata fino allora. Animato da questa fiamma interiore,
decise di uscire dal suo nascondiglio ed esporsi indifeso alle
ingiurie dei persecutori.
Il
suo contegno nella preghiera
Quando
ritornava dalle sue preghiere personali, durante le quali si
trasformava quasi in un altro uomo, cercava di conformarsi quanto più
poteva agli altri, per il timore che, se appariva col volto
raggiante, il venticello dell'ammirazione non gli togliesse il merito
guadagnato. Anzi spesso ripeteva ai suoi intimi: «Quando il servo di
Dio nella preghiera è visitato dal Signore con qualche nuova
consolazione, deve prima di terminare, alzare gli occhi al cielo e
dire al Signore a mani giunte: "Tu, o Signore, hai mandato
dal cielo questa dolce consolazione a me indegno peccatore: io te la
restituisco, affinché tu me la metta in serbo, perché io sono un
ladro del tuo tesoro !".
E
ancora: «Signore, toglimi il tuo bene in questo mondo, e
conservamelo per il futuro ».
E
continuava: « Così deve comportarsi, in modo che, quando esce dalla
preghiera, si mostri agli altri così poverello e peccatore, come se
non avesse conseguito nessuna nuova grazia ».
E
spiegava: «Per una mercede di poco valore capita di perdere un bene
inestimabile e di provocare facilmente il nostro benefattore a non
ridarlo più».
Infine,
era suo costume alzarsi a pregare così di nascosto e
silenziosamente, che nessuno dei compagni poteva accorgersi che si
alzava o pregava. Quando invece alla sera si metteva a letto, faceva
rumore e quasi strepito, per far sentire a tutti che andava a
coricarsi.
Insegnava
a pregare e lodare Dio
Quando,
poi, i frati gli chiesero che insegnasse loro a pregare, disse:
Quando pregate, dite: Padre nostro, e: «Ti adoriamo, o
Cristo, in tutte le tue chiese che sono in tutto il mondo,
e ti benediciamo, perché, per mezzo della tua santa croce,
hai redento il mondo».
Inoltre
insegnò loro a lodare Dio in tutte le creature e prendendo lo spunto
da tutte le creature, ad onorare con particolare venerazione i
sacerdoti, come pure a credere fermamente e a confessare
schiettamente la verità della fede, così come la tiene e la insegna
la santa Chiesa romana.
Essi
osservavano in tutto e per tutto gli insegnamenti del padre santo e,
appena scorgevano qualche chiesa da lontano, o qualche croce, si
volgevano verso di essa, prostrandosi umilmente a terra e pregando
secondo la forma loro indicata.
Si
dimostrava poverello e peccatore
Quando,
trovandosi in pubblico, veniva improvvisamente visitato dal Signore,
cercava sempre di celarsi in qualche modo ai presenti, perché gli
intimi contatti con lo Sposo non si propagassero all'esterno.
Quando
pregava con i frati, evitava assolutamente le espettorazioni, i
gemiti, i respiri affannosi, i cenni esterni, sia perché amava il
segreto, sia perché, se rientrava nel proprio intimo, veniva rapito
totalmente in Dio.
Spesso
ai suoi confidenti diceva cose come queste «Quando il servo di Dio,
durante la preghiera, riceve la visita del Signore, deve dire: "O
Signore, tu dal cielo hai mandato a me, peccatore e indegno, questa
consolazione, e io la affido alla tua custodia, perché mi sento un
ladro del tuo tesoro".
E
quando torna dall'orazione, deve mostrarsi così poverello e
peccatore, come se non avesse ricevuto nessuna grazia speciale».
Trascorreva
il tempo nella preghiera
Francesco,
uomo di Dio, sentendosi pellegrino nel corpo lontano dal Signore,
cercava di raggiungere con lo spirito il cielo e, fatto ormai
concittadino degli Angeli, ne era separato unicamente dalla parete
della carne. L'anima era tutta assetata del suo Cristo e a Lui si
offriva interamente nel corpo e nello spirito.
Delle
meraviglie della sua preghiera diremo solo qualche tratto, per quanto
abbiamo visto con i nostri occhi ed è possibile esporre ad orecchio
umano, perché siano d'esempio ai posteri.
Trascorreva
tutto il suo tempo in santo raccoglimento, per imprimere nel cuore la
sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre.
E
se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava
più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella contemplazione.
Perché
a lui, che si cibava della dolcezza celeste, riusciva insipido il
mondo, e le delizie divine lo avevano reso di gusto difficile per i
cibi grossolani degli uomini.
I
suoi luoghi di preghiera
Cercava
sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo
spirito, ma con le singole membra, al suo Dio.
E
se all'improvviso si sentiva visitato dal Signore, per non rimanere
senza cella, se ne faceva una piccola col mantello. E se a volte era
privo di questo, ricopriva il volto con la manica, per non svelare la
manna nascosta.
Sempre
frapponeva fra sé e gli astanti qualcosa, perché non si
accorgessero del contatto dello sposo: così poteva pregare non visto
anche se stipato tra mille, come nel cantuccio di una nave.
Infine,
se non gli era possibile niente di tutto questo, faceva un tempio del
suo petto (cfr. il parallelo con gli esicasti).
Assorto
in Dio e dimentico di se stesso, non gemeva né tossiva, era senza
affanno il suo respiro e scompariva ogni altro segno esteriore.
Il
suo fervore
Quando
pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di
gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto;
e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e
riservato, dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva
conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all'Amico, scherzava
amabilmente con lo Sposo.
E
in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto tutte le fibre
del cuore, considerava sotto diversi aspetti Colui che e sommamente
Uno.
Spesso
senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e,
concentrando all'interno le potenze esteriori, si alzava con lo
spirito al cielo. In tale modo dirigeva tutta la mente e l'affetto a
quell'unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega,
quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente.
Ma
di quanta dolcezza sarà stato inondato, abituato come era a questi
trasporti? Soltanto lui lo sa; io non posso che ammirarlo. Solo chi
ne ha esperienza, lo può sapere; ma è negato a chi non
l'esperimenta. Quando il suo spirito era nel pieno del fervore, egli
con tutto l'esteriore e con tutta l'anima completamente in deliquio
si ritrovava già nella perfettissima patria del regno dei cieli.
Il
Padre era solito non trascurare negligentemente alcuna visita dello
Spirito: quando gli si presentava, l'accoglieva e fruiva della
dolcezza che gli era stata data, fino a quando il Signore lo
permetteva.
Così,
se avvertiva gradatamente alcuni tocchi della grazia mentre era
stretto da impegni o in viaggio, gustava quella dolcissima manna a
varie e frequenti riprese.
Anche
per via si fermava, lasciando che i compagni andassero avanti, per
godere della nuova visita dello Spirito e non ricevere invano la
grazia.
Pregava
senza interruzione
Il
servo di Cristo, vivendo nel corpo, si sentiva in esilio dal Signore
e, mentre al di fuori era divenuto totalmente insensibile, per amor
di Cristo, ai desideri della terra, si sforzava, pregando senza
interruzione, di mantenere lo spirito alla presenza di Dio, per non
rimanere privo della consolazione del Diletto.
Camminando
e sedendo, in casa e fuori, lavorando e riposando, con la forza della
mente restava così intento nella orazione da sembrare che avesse
dedicato ad essa ogni parte di se stesso: non solo il cuore e il
corpo, ma anche l'azione e il tempo.
Molte
volte veniva investito da tale eccesso di devozione che, rapito al di
sopra di se stesso, e oltrepassando i limiti della sensibilità
umana, ignorava totalmente quanto avveniva al di fuori, intorno a
lui.
Pregava
in solitudine
Per
raccogliere con maggior raccoglimento l'interiore elargizione delle
consolazioni spirituali, si recava nella solitudine e nelle chiese
abbandonate, per pregarvi di notte, quantunque anche là provasse le
orrende battaglie dei demoni, che venivano a conflitto con lui, quasi
con un contatto fisico, e si sforzavano di stornarlo dall'impegno
della preghiera.
Ma
l'uomo di Dio li metteva in fuga con la potenza e l'instancabile
fervore delle preghiere, e così se ne restava solo e in pace.
Riempiva
i boschi di gemiti, cospargeva quei luoghi di lacrime, si percuoteva
il petto e, quasi dall'intimità di un più segreto santuario, ora
rispondeva al giudice, ora supplicava il Padre, ora scherzava con lo
Sposo, ora dialogava con l'amico.
Là
fu visto, di notte, mentre pregava, con le mani e le braccia stese in
forma di croce, sollevato da terra con tutto il corpo e circondato da
una nuvoletta rifulgente: così la meravigliosa luminosità e il
sollevarsi del corpo diventavano testimonianza della illuminazione e
della elevazione avvenuta dentro il suo spirito.
Su
di lui lo spirito di profezia
Indizi
sicuri comprovano, inoltre, che durante queste elevazioni, per virtù
soprannaturale, gli venivano rivelate le cose incerte ed occulte
della sapienza divina, anche se egli non le divulgava all'esterno, se
non nella misura in cui urgeva lo zelo della salvezza dei fratelli e
dettava l'impulso della rivelazione dall'alto.
La
dedizione instancabile alla preghiera, insieme con l'esercizio
ininterrotto delle virtù, aveva fatto pervenire l'uomo di Dio a così
grande chiarezza di spirito che, pur non avendo acquisito la
competenza nelle Sacre Scritture mediante lo studio e l'erudizione
umana, tuttavia, irradiato dai fulgori della luce eterna, scrutava la
profondità della Scrittura stessa con intelletto limpido e acuto.
Si
poso' su di lui anche lo spirito multiforme dei profeti con tale
pienezza e varietà di grazie che, per la potenza mirifica di quello
spirito, egli si faceva vedere presente ai suoi frati assenti ed
aveva notizia sicura dei lontani.
Penetrava
pure i segreti dei cuori, come pure preannunziava gli eventi del
futuro. Lo dimostrano con evidenza molti esempi e noi ne riporteremo
qui alcuni.
La
sua preghiera era efficace
Mentre
Francesco attraversava una provincia, gli venne incontro l'abate di
un monastero, che lo venerava con profondo affetto.
L'abate
scese da cavallo e si trattenne per qualche ora in conversazione con
Francesco parlando sulla salvezza dell'anima sua. Al momento del
commiato, l'abate gli chiese con viva devozione che pregasse per lui.
Gli rispose Francesco: «Lo farò volentieri».
Quando
l'abate fu un poco lontano, il Santo disse al suo compagno:
«Fratello, fermiamoci un momento, perché voglio pregare per
l'abate, come ho promesso». E si raccolse in orazione.
Era
infatti abitudine di Francesco, se qualcuno per devozione lo avesse
richiesto di pregare Dio per la salvezza della sua anima, di fare
orazione più presto che poteva, per timore di scordarsene.
L'abate
intanto seguitava il suo cammino. Non si era allontanato molto da
Francesco, quando il Signore lo visitò nel cuore. Un soave
calore gli soffuse il volto e per un istante si sentì elevato in
estasi. Tornato in sé, subito si rese conto che Francesco aveva
pregato per lui, cominciò a lodare Dio, e fu ricolmo di letizia nel
corpo e nello spirito.
Da
quel giorno provò per il Santo una devozione più grande, poiché
aveva sperimentato in se stesso l'alta santità di Francesco. E
finché visse considerò quello un grande miracolo, e più volte
raccontava l'accaduto ai fratelli e agli altri.
La
preghiera cibo dell'anima
Una
volta, che pioveva a dirotto, Francesco, obbligato dalla malattia,
andava a cavallo. Era tutto bagnato, e scese dal giumento, quando
volle dire le ore canoniche; e le recitò con fervente devozione e
concentrazione, stando immobile sulla strada mentre la pioggia veniva
giù senza sosta, come fosse in chiesa o in una celletta.
Disse
poi al compagno: « Se il corpo esige di prendere in tutta pace e
comodità il suo cibo, che insieme con lui diventerà pasto dei
vermi: con quanta pietà e devozione non deve prendere l'anima il suo
cibo, che è Dio stesso! »
Invocava
il suo dolcissimo Iddio
Andò
una notte frate Lione al luogo e all'ora usata per dire mattutino con
santo Francesco; e dicendo da capo al ponte, com'egli era usato,
Domine, labia mea aperies, e santo Francesco non rispondendo, frate
Lione non si tornò addietro, come santo Francesco gli avea
comandato, ma con buona e santa intenzione passò il ponte ed entrò
pianamente in cella sua, e non trovandolo, si pensò che fusse per la
selva in qualche luogo in orazione.
Di
che egli esce fuori e al lume della luna il va cercando pianamente
per la selva: e finalmente egli udì la voce di santo Francesco e,
appressandosi, il vide stare ginocchioni in orazione con la faccia e
con le mani levate al cielo, e in fervore di spirito si dicea: «Chi
se' tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e
disutile servo tuo? »
E
queste medesime parole pure ripetea, e non dicea niuna altra cosa.
Per
la qual cosa frate Leone, forte maravigliandosi di ciò levò gli
occhi e guatò in cielo; e guatando sì vide venire dal cielo una
fiaccola di fuoco bellissima e splendentissima, la quale discendendo
si posò in capo di santo Francesco; e della detta fiamma udiva
uscire voce, la quale parlava con santo Francesco; ma esso frate
Lione non intendea le parole.
Vedendo
questo e riputandosi indegno di stare così presso a quello luogo
santo dov'era quella mirabile apparizione e temendo ancora di
offendere santo Francesco o di turbarlo dalla sua considerazione,
s'egli da lui fossi sentito, si si tirò pianamente addietro e,
stando da lunge, aspettava di vedere il fine.
E
guardando fiso, vide santo Francesco stendere tre volte le mani alla
fiamma e finalmente dopo grande ispazio, e' vide la fiamma ritornarsi
in cielo.
Di
che egli si muove sicuro e allegro della visione e tornavasi alla
cella sua.
La
sua gioia
Avvenne
che un ecclesiastico spagnolo, persona pia, ebbe la fortuna di
incontrarsi e di parlare con san Francesco. Tra le altre cose che
riferì riguardo ai frati che si trovavano in Spagna, rese felice il
Santo con questa notizia: « I tuoi frati nel nostro paese vivono in
un povero eremo, e si sono dati questo regime di vita: metà
attendono ai lavori domestici e metà alla contemplazione. Ogni
settimana, il gruppo degli attivi passa alla contemplazione e quello
dei contemplativi all'esercizio del lavoro.
«
Un giorno era già stata preparata la tavola, e, dato il segnale per
chiamare gli assenti, arrivano tutti, eccetto uno, del gruppo
contemplativo. Dopo un po’ vanno alla sua cella per chiamarlo a
tavola, ma egli già si nutriva alla mensa ben più lauta del
Signore.
«
Era prostrato con la faccia a terra, le braccia aperte in forma di
croce e non dava segno di vita né col respiro né con altro
movimento. Due candelabri accesi, uno al capo e l'altro ai
piedi, illuminavano la cella con una luce sfolgorante in modo
meraviglioso.
«
Lo lasciano in pace per non turbare l'estasi e non svegliare la
diletta, sino a che non voglia». Però i frati cercano di osservare
attraverso le fessure della cella, stando dietro il muro e spiando
per le inferriate. Per essere brevi, mentre gli amici sono intenti ad
ascoltare colei che se ne stava nel giardino, all'improvviso
scompare tutto quel bagliore ed il frate ritorna in se stesso. Subito
si alza e, recatosi a tavola, si accusa di essere giunto in ritardo.
Ecco
- concluse l'ecclesiastico spagnolo - quanto è accaduto nella nostra
terra! Francesco non stava in sé dalla gioia, inebriato com'era dal
profumo dei suoi figli. Subito si mise a lodare il Signore e, come se
il sentire parlare bene dei frati fosse l'unica sua gloria, esclamò
dal più profondo del cuore:
«
Ti ringrazio, Signore, che santifichi e guidi i poveri, perché mi
hai riempito di gioia con queste notizie! Benedici, ti prego, con la
più ampia benedizione e santifica con una grazia particolare tutti
quelli che rendono odorosa di buoni esempi la loro professione
religiosa! »
Era
compassionevole con tutti
Francesco
voleva un giorno recarsi ad un eremo per dedicarsi più liberamente
alla contemplazione; ma, poiché era assai debole, ottenne da un
povero contadino di poter usare del suo asino.
Si
era d'estate, ed il campagnuolo che seguiva il Santo arrampicandosi
per sentieri di montagna, era stanco morto per l'asprezza e la
lunghezza del viaggio.
Ad
un tratto, prima di giungere all'eremo, si sentì venir meno riarso
dalla sete. Si mise a gridare dietro al Santo, supplicandolo di avere
misericordia di lui, perché senza il conforto di un po' d'acqua
sarebbe certamente morto.
Il
Santo, sempre compassionevole verso gli afflitti, balzò dall'asino,
e inginocchiato a terra alzò le mani al cielo e non cessò di
pregare fino a quando si senti esaudito. «Su, in fretta - gridò al
contadino - là troverai acqua viva, che Cristo misericordioso ha
fatto scaturire ora dalla roccia per dissetarti».
Mirabile
compiacenza di Dio, che piega così facilmente ai suoi servi! L'uomo
bevve l'acqua scaturita dalla roccia per merito di chi pregava e si
dissetò alla durissima selce. Non vi era mai stato in quel luogo un
corso d'acqua, né si trovò dopo, per quante ricerche siano state
fatte.
Quale
meraviglia, se un uomo ripieno di Spirito Santo riunisce in sé le
opere mirabili di tutti i giusti? Non è certo cosa straordinaria, se
ripete azioni simili a quelle di altri Santi chi ha il dono di
essere unito a Cristo per una grazia particolare.
Amò
sino alla fine i suoi frati
Poi
il Santo alzò le mani al cielo, glorificando il suo Cristo, perché
poteva andare libero a lui senza impaccio di sorta.
Ma
per dimostrare che in tutto era perfetto imitatore di Cristo suo Dio,
amò sino alla fine i suoi frati e figli, che aveva amato fin da
principio.
Fece
chiamare tutti i frati presenti nella casa, e cercando di lenire il
dolore che dimostravano per la sua morte, li esortò con affetto
paterno all'amore di Dio.
Si
intrattenne a lungo sulla virtù della pazienza e sull'obbligo di
osservare la povertà, raccomandando più di ogni altra norma il
santo Vangelo. Poi, mentre tutti i frati gli erano attorno, stese la
sua destra su di essi e la pose sul capo di ciascuno cominciando dal
suo vicario, disse:
«Addio
voi tutti figli miei, vivete nel timore del Signore e conservatevi in
esso sempre! E poiché si avvicina l'ora della prova e della
tribolazione, beati quelli che persevereranno in ciò che hanno
intrapreso! Io infatti mi affretto verso Dio e vi affido tutti alla
sua grazia».
(BRANI
TRATTI DALLE FONTI FRANCESCANE)
Ti Amo GESÙ, Perdonami, Grazie!
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