Prima
Lettera
1.
Prima di ogni cosa, cari figli, Antonio vi saluta nel Signore.
Credo che uomini e donne, che la grazia di Dio chiama alla
predicazione per mezzo del Verbo, appartengano a tre generi di
persone. Il primo è costituito da coloro che sono chiamati dalla
legge naturale dell’amore posta fin dalla creazione nella loro
anima. Quando sono stati toccati dalla parola di Dio, senza
alcun indugio, l’hanno seguita sollecitamente. Così accadde
per il nostro progenitore Abramo. Quando Dio vide che egli l’amava
per la legge naturale dell’amore, gli apparve e gli disse:
«Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre,
verso il paese che io ti indicherò» (Gen 12,1). Abramo senza alcuna
esitazione si mostrò pronto alla chiamata. Egli è stato la figura
della prima vita di questa istituzione che ancora oggi dura in quanti
seguono le sue orme: se si adoperano con zelo cercando il timore di
Dio nella pazienza e nella pace, ricevono lode per il loro
comportamento perché disposti a seguire l’amore di Dio.
Questo è il primo genere di vocazione.
Ecco
il secondo: alcuni sentono che la legge scritta afferma che vi sono
supplizi di ogni specie per i peccatori e sante promesse per coloro
che portano frutto nel timore di Dio. Questa testimonianza della
legge desta in loro il pensiero di obbedire alla vocazione. Così
attestò Davide: «La legge del Signore è perfetta, rinfranca
l’anima» (Sal 18,8) e ancora: «La tua parola nel rivelarsi
illumina, dona saggezza ai semplici» (Sal 118,130). Non mancano
molti altri passi, ma non possiamo citarli tutti.
Infine,
il terzo genere di vocazione. Alcuni dapprima sono stati duri di
cuore e hanno perseverato nel peccato, ma Dio, per la sua
misericordia, manda loro delle prove per emendarli perché,
vinti da queste prove, abbiano coscienza delle loro colpe, si
pentano, si convertano, ascoltino la parola, se si sono pentiti
sinceramente, e compiano anch’essi opere meritevoli come quelli di
cui abbiamo parlato prima. Questi sono i tre modi con cui gli uomini
si incamminano sulla strada della conversione fino a ottenere la
grazia e la vocazione di figli di Dio.
2.
Credo che alcuni hanno intrapreso il cammino con tutto il cuore
e si sono disposti ad affrontare tutte le lotte del nemico fino
a sconfiggerlo; lo Spirito Santo li chiama in precedenza per
rendere leggera la battaglia e dolci le fatiche della conversione e
impone loro una misura stabilita per la penitenza del corpo e
dell’anima fino a insegnare loro la via che porta a Dio
creatore. E Dio fa violenza, per così dire, all’anima e al
corpo perché entrambi siano puri e degni allo stesso modo di
diventare eredi.
Il
corpo diventa puro mediante molti digiuni e veglie, l’anima
mediante la preghiera e ogni altra cosa che stronca il desiderio
della carne. Lo Spirito di conversione guida costoro e li mette alla
prova perché il nemico non li faccia retrocedere. Lo Spirito,
poi, che guida le anime comincia ad aprire gli occhi dell’anima
perché anch’essa si converta e diventi pura. Allora
l’intelletto discerne l’anima dal corpo e lo Spirito gli insegna
la purificazione dell’anima e del corpo per mezzo della penitenza.
L’intelletto è istruito dallo Spirito e guida ogni nostro
moto dell’anima e del corpo e lo rende puro. Lo Spirito discerne
tutti i frutti della carne, caratteristici di ogni membro, e che
furono la causa della prima trasgressione e riporta ogni membro
del corpo alla primitiva condizione. Lo Spirito non ha nulla di
estraneo che gli derivi dal nemico. E il corpo è sottomesso
all’intelletto e istruito dallo Spirito, come afferma l’apostolo
Paolo: «Tratto duramente il mio corpo e lo trascino in
schiavitù» (1 Cor 9,27). L’intelletto, infatti, si è purificato
dai cibi, dalle bevande, dal sonno e per sempre da tutte le passioni
e, in virtù della sua purezza, si è liberato da ogni rapporto
naturale.
3.
Nel corpo, secondo me, ci sono tre tipi di passioni. Vi è quel moto
conforme per naturale disposizione al corpo che agisce solo dietro
volontà dell’anima ed è ben noto. Vi è poi un altro moto
che si ha quando si alimenta il corpo con abbondanti cibi e bevande;
il sangue, riscaldato da quanto si è ingerito, eccita il corpo e
quel primo moto viene sollecitato dalla concupiscenza.
Per
questa ragione l’Apostolo dice: «Non ubriacatevi di vino, il quale
porta alla sfrenatezza» (Ef 5,18).
E il Signore ordina ai discepoli nel vangelo: «State bene attenti
che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni e
ubriachezze» (Lc 21,34)
soprattutto con la voluttà. A coloro che cercano la misura della
purezza dobbiamo dire: «Tratto duramente il mio corpo e lo trascino
in schiavitù» (1Cor 9,27).
Infine, il terzo moto deriva dagli spiriti malvagi che, invidiosi,
tentano di distrarre quanti aspirano alla propria santificazione.
Se
l’anima si mantiene salda di fronte a questi tre moti nel
testimoniare ciò che lo Spirito insegna all’intelletto,
allora sia la stessa anima che il corpo sono esenti dai suddetti tre
mali. Ma se l’intelletto indugia nel testimoniare quanto lo Spirito
attesta, allora gli spiriti malvagi seminano nel suo corpo e gli
muovono guerra finché l’anima sia spossata e si chieda donde
verrà l’aiuto, si converta, si sottometta alla testimonianza
dello. Spirito e riabbia la vita. Allora l’anima crede che il
suo riposo consiste nel dimorare con Dio e che Dio stesso è la sua
pace.
4.
Vi ho detto queste cose in merito alla conversione dell’anima
e del corpo e in che modo occorre purificarli. Quando
l’intelletto è così combattuto, allora si rivolge allo
Spirito e comincia a discernere le passioni animalesche che gli
derivano dalla sua volontà. Allora l’intelletto, osservando i
precetti dello Spirito, diviene partecipe dello stesso Spirito e
questo gli insegna a sanare ogni malattia dell’anima e a discernere
le passioni conformi per naturale disposizione al corpo e le
altre che derivano dall’esterno e sono state mescolate con il corpo
dalla testa fino ai piedi a causa della propria volontà.
Lo
Spirito fissa un limite agli occhi, perché vedano in modo retto e
puro, perché non abbiano nulla di estraneo. Lo Spirito
indirizza le orecchie ad ascoltare con pace ed esse non vogliono
più sentire le maledizioni e le ingiurie degli uomini, ma
soltanto parole di bontà e di misericordia per tutte le
creature. Una volta, infatti, sia la vista che l’udito erano
ammalati.
Poi
lo Spirito insegnerà la purezza alla lingua; è infatti per
causa sua che l’anima si è gravemente ammalata ed è mediante
la lingua che l’anima palesa la sua malattia e ad essa ne
attribuisce la colpa. La lingua è un organo dell’anima e
questa per essa si è maggiormente ammalata. Dice in proposito
l’apostolo Giacomo: «Se qualcuno pensa di essere religioso,
ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua
religione è vana» (Gc 1,26).
In un altro passo dice pure: «La lingua è un piccolo membro e
può vantarsi di grandi cose e contamina tutto il corpo» (Gc
3,5‑6). Ci sono pure molti altri
passi ma io non posso ricordarli tutti. Se l’intelletto è
illuminato dallo Spirito, prima ne è purificato e allora ricerca e
affida alla lingua parole che non hanno alcuna malvagità, né
alcuna volontà del cuore. Si compie allora quel che dice Salomone:
«Tutte le parole della mia bocca sono giuste; niente vi è in esse
di fallace o perverso» (Pro 8,8). E in un altro passo aggiunge: «La
lingua dei saggi risana» (Pro 12,18) e non mancano molte altre cose.
Lo
Spirito sana anche le mani che un tempo, seguendo la volontà
dell’intelletto, compivano cose sconvenienti; ora invece lo Spirito
dona loro quel vigore necessario per raggiungere la purezza
attraverso le preghiere e le opere di misericordia e le esorta a
compiere queste opere. Così in esse si realizza quell’espressione
detta a proposito della preghiera: «Le mani alzate come
sacrificio della sera» (Sal 140,2), e ancora: «La mano operosa
arricchisce» (Pro 10,4).
Lo
Spirito purifica il ventre per quanto concerne i cibi e le
bevande senza essere mai sazio (una volta la volontà sollecitava
tale passione) e i demoni lo avevano vinto. Perciò lo Spirito Santo
afferma per bocca di Davide: «Con chi aveva uno sguardo superbo e un
cuore insaziabile, io non mangiavo» (Sal 100,5). Ma a coloro che
chiedono la purezza anche nel cibo, lo Spirito stabilisce un
limite sufficiente, adeguato al corpo, in modo che non si provi più
la concupiscenza. Perciò Paolo attesta: «Sia che mangiate, sia che
beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la
gloria di Dio» (1Cor 10,31). A causa del ventre sazio i
pensieri sono messi in movimento dalla fornicazione, allora lo
Spirito istruisce l’intelletto che discerne tre diversi moti e
gioisce di essere purificato.
Lo
Spirito col suo aiuto e con la sua potenza spegne le passioni; lo
stesso Spirito dà pace a tutto il corpo e frena i moti passionali. E
quanto dice Paolo: «Mortificate quella parte di voi che appartiene
alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi»
(Col 3,5) e via di seguito. Poi l’intelletto, unificato dalla
potenza dello Spirito, costringe i piedi, se non procedevano sulla
via della salvezza che porta a Dio, a camminare secondo la
volontà dello Spirito perché compiano opere migliori e tutto il
corpo sia trasformato e sottomesso alla potenza dello Spirito. E quel
corpo, secondo me, ha già ricevuto parzialmente quel corpo
spirituale che riceverà nella risurrezione dei giusti. Ho
trattato delle malattie dell’anima che, penetrate nel corpo,
lo sconvolgono perché l’anima ha fatto da guida agli spiriti
maligni facendoli operare nelle membra del corpo.
Ma
l’anima, secondo me, ha anche altre passioni che le derivano
dall’esterno; quali siano, le esamineremo ora. La superbia, per
esempio, trae la sua origine dall’esterno, come la presunzione,
l’orgoglio, l’odio, l’invidia, l’ira, la pusillanimità,
l’impazienza e altre passioni di minor conto. Chi con tutto il
cuore si affida a Dio, riceverà dal Signore, che è bontà, lo
Spirito di conversione e lo Spirito, a sua volta, gli farà conoscere
i suoi mali perché si possa pentire. I nemici però si adoperano
per impedirgli di far penitenza, lo tentano e non gli consentono di
pentirsi: ma se egli si mantiene saldo e obbedisce allo Spirito
che lo istruisce sul modo di far penitenza, allora il Creatore
ha misericordia delle sue fatiche fisiche, dei suoi prolungati
digiuni, delle sue lunghe veglie, delle sue meditazioni sulla parola
divina, delle sue continue preghiere, della sua rinuncia al mondo e
alle opere umane, della sua umiltà, della sua povertà di spirito.
Allora il Dio di bontà, vedendo la sua perseveranza in tutte
queste cose e la sua pazienza nelle tentazioni, ha pietà di lui e lo
aiuta.
Seconda
lettera
1.
Antonio vi saluta nel Signore, cari e stimati fratelli. Dio non
ha visitato le sue creature una sola volta, ma con la sua bontà, la
sua grazia e il suo spirito, ha seguito quanti fin dal principio del
mondo hanno camminato verso il Creatore secondo la legge
dell’alleanza. Gli esseri razionali, messi a morte nell’anima
e nei se1si del loro cuore dalla legge dell’alleanza, no sono più
in grado di far uso della loro intelligenza come
nella condizione primitiva della creazione e, privati ormai
della ragione, si fanno schiavi della creatura e non servi del
Creatore. Il Creatore dell’universo
per la sua grande bontà ci ha visitato per mezzo della legge
dell’alleanza. Infatti la nostra natura è immortale. E tutti
quelli che per mezzo della legge dell’alleanza sono stati istruiti
dallo Spirito Santo e hanno ricevuto lo spirito di figli, hanno
potuto adorare il loro Creatore in modo conveniente. Di questi
l’apostolo Paolo dice: «Eppure tutti costoro non conseguirono la
promessa» (Eb 11,39).
2.
Il Creatore per il suo costante amore verso tutti voleva visitarci
nelle nostre infermità e nelle nostre dissoluzioni e fece
apparire il legislatore Mosè che ci consegnò la legge scritta
e gettò le basi della casa della verità, cioè della chiesa
cattolica che creò l’unità fra tutti. Dio infatti voleva
farci ritornare alla nostra primitiva condizione. Mosè iniziò la
costruzione della casa, ma non la portò a termine, l’abbandonò e
morì. Dio poi per mezzo del suo Spirito fece apparire l’assemblea
dei profeti e anch’essi costruirono sulle fondamenta di Mosè,
ma non poterono completare il lavoro; anch’essi l’abbandonarono e
morirono.
Tutti,
rivestiti dello Spirito, videro che la ferita era insanabile
perché non c’èra creatura capace di curarla se non il Figlio
unigenito, vero intelletto del Padre, immagine di colui che creò
a sua immagine ogni creatura razionale. Essi sapevano che il
Salvatore è il grande medico, si radunarono tutti insieme e
pregarono per noi, membra del loro corpo. Dicevano esclamando:
«Non v’è forse balsamo in Galaad? Non c’è più nessun medico?
Perché non si cicatrizza la ferita del mio popolo?» (Ger
8,22) e «Abbiamo curato Babilonia, ma non
è guarita. Lasciatela e andiamo ciascuno al proprio paese» (Ger
51,9).
Dio
poi per il suo infinito amore venne da noi e per mezzo dei suoi santi
profeti diceva: «Tu, figlio dell’uomo, fa’ il tuo bagaglio
da deportato, preparati a emigrare» (Ez
12,3). Egli infatti, «immagine di Dio»
(2Cor 4,4), «non
considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò
se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile
agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi
obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha
esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro
nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei
cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù
Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil
2,6‑11). Dunque, miei cari, ora vi
sia chiaro il senso di queste parole, cioè che il Padre buono
«non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi»
(Rm 8,32),
«schiacciato per le nostre iniquità; per le sue piaghe noi siamo
stati guariti» (Is 53,5).
Con la sua potente parola ci ha radunati da tutte le nazioni,
dai confini della terra ai confini del mondo, ha fatto risorgere i
nostri intelletti, ha rimesso i nostri peccati, ci ha insegnato
che siamo membra gli uni degli altri.
3.
Vi prego, fratelli, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, di
capire questo grandioso piano di salvezza; egli si è fatto «come
noi, escluso il peccato» (Eb 4,15).
Ogni intelletto razionale, per il quale il Salvatore è venuto, deve
comprendere come è stato plasmato, conoscere se stesso, distinguere
il bene dal male, perché possa essere liberato per la sua
venuta. Infatti coloro che sono stati liberati, grazie al suo disegno
di salvezza, sono stati chiamati semi di Dio; questa non è ancora
la perfezione, ma soltanto la giustizia del momento che conduce
all’adozione filiale.
4.
Ma il nostro Salvatore capì che questi sono vicini a ricevere lo
spirito di figli; essi lo hanno conosciuto grazie all’insegnamento
dello Spirito Santo e Gesù disse loro: «Non vi chiamo più servi;
ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre
l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15).
Così divennero audaci nello spirito, conobbero se stessi e la loro
natura spiritual ed esclamarono: «Anche se abbiamo conosciuto Cristo
secondo la carne, ora non lo conosciamo più così»
(2Cor 5,16).
Ricevettero lo spirito di figli, come esclama Paolo: «Voi non
avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma
avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale
gridiamo: Abbà, Padre» (Rm 8,15).
Ora, Signore, noi sappiamo che tu ci hai concesso di essere:
«Figli di Dio, eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm
8,17). Vi sia ben chiaro questo, miei
cari: chi trascura la sua crescita spirituale e non dedica ogni suo
impegno in questa fatica, la venuta del Salvatore sarà il
giorno del giudizio. Il Signore è: «per gli uni odore di morte per
la morte e per gli altri odore di vita per la vita» (2Cor
2,16) perché «egli è qui per la rovina e
la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione»
(Lc 2,34).
Vi
prego, miei cari, in nome di Gesù Cristo di non trascurare la vostra
salvezza, ma ciascuno di voi si laceri il cuore e non le vesti (Gi
2,13), perché non ci capiti di indossare
invano l’abito esteriore e di prepararci alla condanna. Ora,
infatti, è vicino il tempo in cui si manifesteranno le opere di
ognuno di noi. Molte altre cose si dovrebbero dire su punti di
minor conto, ma sta scritto: «Da’ consigli al saggio e
diventerà ancora più saggio» (Pro 9,9).
Saluto tutti voi nel Signore, dal piccolo al grande (At
8,10). Il Dio della pace custodisca voi
tutti, miei cari. Amen.
Terza
lettera
1.
Antonio saluta voi, cari figli d’Israele, secondo la vostra
natura spirituale. Poiché siete figli d’Israele, non è
necessario che io ricordi tutti i vostri nomi. I nomi, infatti,
appartenendo alle cose della terra, sono temporanei. Figli miei, il
mio amore per voi non deriva dalla carne, ma dallo spirito che è
opera di Dio. Perciò non mi stanco di pregare Dio per voi giorno e
notte perché possiate conoscere la grazia che il Signore vi ha
donato. Dio non visita una sola volta le sue creature, ma le assiste
fin dalla creazione del mondo e in ogni generazione risveglia
ciascuno con i doni della sua grazia.
Ora,
figli, non trascurate di invocare Dio giorno e notte e di far
violenza, per così dire, alla bontà del Padre ed egli dal cielo vi
manderà colui che vi insegnerà a riconoscere ciò che è bene
per voi. Figli, in verità noi abitiamo nella nostra morte, dimoriamo
nella casa del ladro, siamo legati dai ceppi della morte.
Dunque, non concedete sonno ai vostri occhi, né riposo alle
vostre palpebre (Sal 131,4),
ma offritevi vittime a Dio in tutta purezza, quella purezza che
nessuno può ereditare se non ne sia già in possesso. Figli cari nel
Signore, abbiate ben chiare queste parole: se farete il bene,
sarete causa di consolazione per i santi, di felicità per gli
angeli nel loro ministero, di gioia per Gesù nella sua venuta. Fino
a quell’ora i santi e gli angeli non si daranno pace pensando
a noi. E darete gioia anche alla mia anima, a me misero che abito in
questa casa di fango.
In
verità, cari figli, questa nostra infermità e questa nostra
spiacevole condizione è motivo di dolore per tutti i santi, i quali
piangono e gemono per noi davanti al Creatore di tutte le cose.
Per questo, per il gemito dei santi Dio si adira per le nostre azioni
malvagie. Ma se faremo progressi nella giustizia, daremo gioia
all’assemblea dei santi ed essi con letizia e con gioia innalzano
preghiere al Creatore. E il Creatore dell’universo gioisce per le
nostre azioni, testimoniate dai suoi santi, e ci concede doni
grandissimi.
2.
Sappiate che Dio ama sempre le sue creature: la loro natura è
immortale e non è destinata a dissolversi insieme col corpo.
Dio ha visto la natura spirituale precipitare nell’abisso e
trovarvi morte totale. La legge dell’alleanza si è inaridita
ma Dio nella sua bontà ha visitato le creature per mezzo di
Mosè (cf. II lettera 2). Mosè gettò le fondamenta della casa
della verità e desiderò sanare la grande ferita, ma non vi riuscì
e partì. Poi di nuovo ci fu l’assemblea dei profeti, i quali
costruirono sulle basi di Mosè, ma anch’essi non riuscirono a
sanare la grande ferita del genere umano e si riconobbero impotenti.
Poi si riunì l’assemblea dei santi che pregarono il Creatore
dicendo: «Non v’è forse balsamo in Galaad? Non c’è più nessun
medico? Perché non si cicatrizza la ferita
della figlia del
mio popolo?» (Ger
8,22) e «Abbiamo
curato Babilonia, ma non è guarita. Lasciatela e andiamo
ciascuno al proprio paese» (Ger 51,9).
Tutti
i santi imploravano la bontà del Padre riguardo al Figlio unigenito.
Se non fosse venuto, nessuna creatura avrebbe potuto sanare la
grande ferita dell’uomo e così il Padre, nella sua bontà,
disse: «Tu, figlio dell’uomo, fa’ il tuo bagaglio da deportato,
preparati a emigrare» (Ez 12,3).
Il Padre «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per
tutti noi» (Rm 8,32),
«schiacciato per le nostre iniquità; per le sue piaghe noi siamo
stati guariti» (Is 53,5).
Ci ha radunati dai confini della terra, ha fatto risorgere il
nostro intelletto dalla terra, ci ha insegnato che siamo membra gli
uni degli altri.
3.
Figli, fate attenzione perché non, si dica di noi ciò che Paolo
afferma: «Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i
fatti» (Tt 1,16).
Ognuno di voi laceri il suo cuore, pianga davanti a Dio e dica: «Che
cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?» (Sal
115,12). Temo, o figli, che si applichi a
noi la frase: «Quale vantaggio dalla mia morte, dalla mia discesa
nella tomba?» (Sal 29,10).
In verità, figli, a voi «parlo come a persone intelligenti»
(1Cor 10,15)
perché comprendiate quel che attesto: se ognuno di voi non odia
tutto ciò che appartiene alla terra, se non rinuncia ad essa e
a tutte le sue opere con tutto il cuore, se non innalza al cielo
verso il Padre le mani del suo cuore, ebbene costui non potrà essere
salvo.
Se
uno, invece, farà come ho detto, Dio avrà misericordia della sua
fatica, gli concederà il fuoco invisibile (= il dono dello Spirito),
annienterà tutte le sue impurità e renderà puro lo spirito.
Anche lo Spirito Santo abiterà con noi, Gesù starà accanto a noi e
noi potremo adorare Dio come si conviene. Ma finché siamo legati
alle cose del mondo, siamo nemici di Dio, dei suoi angeli e di tutti
i suoi santi.
4.
Ora, miei cari, in nome di nostro Signore Gesù Cristo vi prego di
non trascurare la vostra salvezza. Questo breve tempo non vi faccia
smarrire il tempo eterno, il corpo corruttibile non vi offuschi
il regno della luce ineffabile, il luogo dove subite il castigo
non vi faccia smarrire il trono degli angeli del giudizio. In verità,
figli, il mio cuore si meraviglia e la mia anima è atterrita perché
noi tutti ci dilettiamo come se fossimo ubriachi. Ognuno di voi ha
venduto se stesso seguendo la propria volontà, noi ci lasciamo
dominare da essa e non vogliamo volgere il nostro sguardo al
cielo per cercare la gloria celeste, l’opera di tutti i santi per
camminare sulle loro orme.
Dunque,
capite: gli angeli del cielo, gli arcangeli, i troni, le dominazioni,
i cherubini, i serafini, il sole, la luna, le stelle, i
patriarchi, i profeti, gli apostoli, il diavolo, Satana, gli spiriti
del male, il principe dell’aria, insomma, uomini e donne,
fin dalla creazione appartengono a un’unica sostanza. Al di fuori
di questa c’è soltanto la perfetta e beata Trinità del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Per il malvagio
comportamento di alcune creature, Dio fu costretto a imporre loro un
nome a seconda delle loro opere. Ma a quelle che maggiormente hanno
progredito, darà gloria in abbondanza.
Quarta
lettera
1.
Antonio saluta nel Signore tutti i suoi cari fratelli di Arsinoe e
delle vicinanze e tutti quelli che stanno con loro. Saluto nel
Signore voi tutti, miei cari, che vi siete preparati a andare
verso Dio, voi piccoli e grandi (At 8,10), uomini e donne, figli
d’Israele per la vostra natura spirituale. Figli, veramente è
grande la beatitudine che avete ricevuto perché grande è la
grazia che è stata concessa a questa vostra generazione. Poiché
siete santi visitati da Dio, è bene che nella lotta non vi lasciate
prendere dal peso della fatica fino al momento in cui offriate
voi stessi come vittime in tutta purezza a Dio. Senza purezza,
infatti, nessuno è degno dell’eredità.
È
importante, miei cari, che voi vi interroghiate sulla natura
spirituale nella quale non vi è più né maschio né femmina, ma
soltanto quella natura immortale che ha un inizio, ma mai una fine.
Bisogna conoscere perché essa è precipitata a tal punto di bassezza
e di vergogna da colpire tutti noi. Conta molto sapere questo perché
la nostra natura è immortale e quindi non destinata a
dissolversi col corpo.
2.
Dio vide la gravità della ferita dell’uomo e nella sua
misericordia visitò le sue creature. Dopo un certo tempo, per la sua
bontà, diede loro la legge, venne in loro aiuto, si servì di Mosè
(II Lettera, 2; III Lettera, 2)
perché questi consegnasse la legge. Mosè per loro gettò le
fondamenta della casa della verità e voleva sanare la grande ferita
ma non poté terminare la costruzione della casa. Poi si radunò
l’assemblea di tutti i santi e questi chiesero al Padre per la sua
bontà di inviare il nostro Salvatore per la salvezza di tutti. Egli
è il nostro grande, fedele sacerdote, il vero medico in grado di
curare la nostra profonda ferita. Per volontà del Padre, egli fu
senza gloria: «Pur essendo di natura divina, spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo (Fil
2,6‑7) e consegnò se stesso per i
nostri peccati. I nostri peccati lo hanno umiliato, ma «per le sue
piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,5).
3.
Per questo, miei cari figli nel Signore, voglio che sappiate che
egli per la nostra stoltezza ha assunto la forma della stoltezza, per
la nostra debolezza la forma della debolezza, per la nostra povertà
la forma della povertà, per la nostra morte la forma mortale; per
noi ha sopportato tutte queste cose. Perciò, miei cari nel Signore,
non dobbiamo concedere sonno ai nostri occhi, né riposo alle nostre
palpebre (Sal 131,4),
ma preghiamo e invochiamo con forza la bontà del Padre finché non
ci soccorra e possiamo così dare consolazione a Gesù nel
giorno della sua venuta, dare efficacia al ministero dei santi
che per noi si adoperano supplendo (Gv
4,36) alla nostra negligenza sulla terra ed
esortarli a venirci in aiuto nel tempo delle nostre afflizioni.
Così godranno «insieme chi semina e chi miete» (1Cor
10,15).
4.
Figli, voglio che sappiate quale grande afflizione ho per voi.
Vedo infatti la grande vergogna che si abbatte su tutti noi e
considero la grande fatica dei santi e i loro gemiti davanti a
Dio perché essi vedono tutta la fatica del Creatore e tutti i piani
malvagi del demonio e dei suoi servi che meditano sempre il male per
la nostra perdizione. I demoni riceveranno la loro eredità
all’inferno e per questo vogliono la nostra perdizione perché
così aumenta il numero dei dannati.
Diletti
nel Signore, a voi «parlo come a persone intelligenti» perché
conosciate tutto il disegno della salvezza che il nostro
Creatore ha disposto per noi e che ci è stato rivelato mediante
la predicazione pubblica e nascosta. Si dice che noi siamo esseri
razionali, ma in realtà abbiamo uno spirito irrazionale. Voi
non sapete quali siano le numerose macchinazioni e arti del diavolo;
egli ci invidia da quando ha saputo che noi abbiamo cercato di
riconoscere la nostra vergogna e abbiamo anche cercato il modo
di sfuggire a quelle opere che ci rendono suoi complici. E noi
non solo non vogliamo obbedire ai malvagi consigli che i demoni
seminano nei nostri cuori, ma molti di noi si beffano delle loro
macchinazioni. I demoni poi sanno che il Creatore ci ha concesso
il suo perdono, che Egli rappresenta la loro morte in questo mondo e
che per loro eredità ha preparato la Geenna a causa della loro
malvagità.
5.
Figli, desidero che sappiate che io prego incessantemente,
giorno e notte, Dio per voi affinché egli apra gli occhi del
vostro cuore perché vediate i molti mali occulti che i demoni
giorno dopo giorno seminano in noi in questo nostro tempo.
Voglio che Dio vi conceda la sapienza del cuore e lo spirito di
discernimento, perché possiate offrire i vostri cuori quali
vittime pure al Padre con molta purezza, senza macchia. In verità,
figli, i demoni a ogni occasione danno prova della loro invidia nei
nostri riguardi con i loro cattivi disegni, con le loro occulte
persecuzioni, con azioni maliziose, con attività seduttrici, con
pensieri blasfemi, e inoltre ogni giorno seminano l’infedeltà nei
nostri cuori, sollecitano la nostra ammirazione e il nostro stupore
per le loro opere.
Seminano
poi, giorno dopo giorno, la sofferenza in noi, ci avviliscono
per fiaccare il nostro vigore, ci insegnano ad essere iracondi l’un
l’altro, a maledirci a vicenda, a giustificare le nostre
azioni, a condannare quelle degli altri e, anche quando siamo soli,
ci sollecitano a giudicare il nostro prossimo. Seminano nei nostri
cuori il disprezzo per mezzo della superbia. Per causa loro noi
diventiamo duri di cuore, a vicenda ci disprezziamo, nutriamo
amarezza gli uni per gli altri, ci scambiamo parole dure, siamo
sempre afflitti, accusiamo sempre gli altri e mai noi stessi.
Pensiamo che le nostre sofferenze siano causate dal nostro
prossimo, e lo giudichiamo dalle apparenze, mentre il ladro ha
fissato la sua dimora in casa nostra. Per le contese e le
divisioni che ci sono tra di noi cerchiamo la giustificazione
nelle parole per apparire giusti davanti a noi stessi.
I
demoni ci spingono a compiere opere superiori alle nostre
possibilità e poi ci impediscono quelle che potremmo fare e chef ci
sarebbero di vantaggio. Perciò ci fanno ridere quando dovremmo
piangere e ci fanno piangere quando dovremmo ridere; cercano in
tutti i modi di allontanarci dalla via della purezza e si
servono di molti altri inganni per ridurci in loro schiavitù. Ma non
è questo il momento per manifestarvi tutto ciò che riguarda i
demoni.
Quando
i nostri cuori sono pieni di tutti questi pensieri che
costituiscono il nostro alimento, allora Dio, dopo aver sopportato a
lungo la nostra malvagità, ha pietà di noi e viene a visitarci
per convertirci e farci abbandonare questo nostro grave corpo. Allora
il male che abbiamo commesso si manifesterà nel nostro corpo perché
esso
sia tormentato con disprezzo e poi noi di nuovo rivestiremo questo
corpo per la bontà di Dio e così la nostra condizione sarà
peggiore della prima (Lc 11,26).
Non cessate, dunque, di invocare la bontà del Padre perché il suo
aiuto ci accompagni e vi insegni quali cose siano migliori per voi.
6.
Figli miei, in verità vi dico che questo corpo nel quale
abitiamo è per noi perdizione, è casa dove domina la guerra.
Io vi dico che gli spiriti maligni come riempiono l’aria così
albergheranno nell’anima di chi si sarà compiaciuto della
propria volontà, si sarà sottomesso ai suoi pensieri,
accoglierà ciò che viene seminato nel suo cuore e ne godrà, e qui
riporrà la speranza del suo cuore come se si trattasse di un grande
mistero e se ne servirà per giustificare le sue azioni. La sua
anima gli consiglierà il male e mediante il corpo custodirà i mali
segreti che tiene celati in se stesso. Su un uomo simile, grande è
il potere dei demoni, perché egli non ha voluto disonorarli
davanti a tutti.
Non
conoscete le loro molteplici macchinazioni? Se le conosceremo,
potremo evitare i demoni. Anche se vai in cerca, non troverai il
loro peccato, né la loro iniquità è materialmente tangibile
perché essi non hanno un corpo visibile. Siamo invece noi che
offriamo loro i nostri corpi; la nostra anima accoglie la loro
malvagità e l’anima, accogliendo i demoni, li introduce nei
nostri corpi. Perciò, figli, non concediamo loro spazio,
altrimenti provocheranno l’ira di Dio contro di noi e i demoni
prenderanno dimora nelle nostre case e ci scherniranno. Infatti
essi sanno che la nostra perdizione viene dal prossimo e dal prossimo
ci viene la vita. Chi mai ha visto Dio? Chi gioirà con lui e lo
terrà accanto a sé perché non fugga via da lui, ma lo assista
nella sua dolorosa condizione? Chi mai ha visto il diavolo farci
guerra, impedirci di compiere il bene, aggredirci, assumere un
corpo materiale perché lo temiamo e fuggiamo da lui? I demoni
agiscono segretamente, siamo noi che li manifestiamo attraverso
le loro opere.
7.
Tutti quei demoni hanno un’identica sostanza. Quando si
separarono da Dio, si formò di loro una grande varietà per la
diversità del loro comportamento. Per questa ragione hanno nomi
diversi a seconda della loro attività. Alcuni sono stati chiamati
arcangeli, altri troni, dominazioni, principati, potestà,
cherubini. Hanno avuto questi nomi perché hanno obbedito alla
volontà del loro Creatore. Per quanto riguarda gli altri, per il
loro malvagio comportamento, sono stati chiamati, e
non poteva essere diversamente,
calunniatore, Satana; altri furono chiamati demoni, spiriti
malvagi e impuri,
spiriti seduttori, principi di questo mondo. Di loro vi sono molte
altre specie.
Alcuni
uomini, nonostante il peso del corpo nel quale abitiamo, hanno fatto
loro resistenza. Di questi alcuni hanno ricevuto il nome di
patriarchi, altri di profeti, re, sacerdoti, giudici, apostoli e
molti altri sono stati eletti per le loro rette azioni. Tutti questi
nomi furono dati a uomini come a donne, a seconda delle loro
azioni, perché tutti hanno una stessa origine. Perciò chi pecca
contro il suo prossimo, pecca contro se stesso; chi fa del male al
prossimo, fa del male a se stesso; e così chi fa del bene al
prossimo, fa del bene a se stesso. In verità, chi può fare del male
a Dio? Chi è in grado di nuocergli o di offrirgli riposo? Chi
potrebbe servirlo oppure benedirlo come se gli fosse necessaria
la sua benedizione? Chi può tributargli l’onore che gli è dovuto?
Chi può glorificarlo secondo la sua grandezza?
Per
questo, finché siamo rivestiti del peso di questo corpo, destiamo
Dio in noi stessi esortandoci reciprocamente e consegnandoci
alla morte per la salvezza delle nostre anime e per amore l’uno
dell’altro; in tal modo manifesteremo quella misericordia che
è stata usata per noi. Chi conosce se stesso, conosce tutti;
perciò è scritto: «Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza»
(Sap 1,14).
Queste parole della Scrittura ci istruiscono sulla natura spirituale
racchiusa in questo corpo corruttibile. E questa natura
spirituale, che non fa parte del corpo fin dall’inizio, un giorno
gli verrà tolta. Chi sa di amare se stesso, ama tutti.
8.
Miei cari figli, vi prego di non considerare fatica, né di avere a
noia l’amore reciproco. Prendete questo corpo di cui siete
rivestiti e fatene un altare; su quest’altare collocate tutti i
vostri pensieri e davanti a Dio abbandonate ogni malvagio
proposito: «Alzate le mani verso il tempio» (Sal
133,2) di Dio, vale a dire innalzate il
vostro spirito e implorate da Dio il suo grande fuoco invisibile
perché scenda dal cielo su di voi e distrugga l’altare e
quanto sopra vi è posto; e tutti i profeti di Baal, i vostri nemici
e le loro opere inique, abbiano timore e fuggano davanti a voi come
davanti al profeta Elia (1Re 18,38‑40).
Allora vedrete sul mare come delle orme di uomo che vi porteranno una
pioggia spirituale, la consolazione dello Spirito Paraclito.
Miei
cari figli nel Signore, stirpe d’Israele, non occorre proclamare la
beatitudine o menzionare i nomi del vostro essere corporeo
perché questo è destinato alla morte. Voi ben sapete l’amore
che nutro per voi: non è un amore carnale, ma spirituale, opera di
Dio. Perciò sono sicuro che la vostra grande beatitudine consiste
nel fatto che avete cercato sia di conoscere la vostra miseria
che di rinsaldare la vostra natura invisibile che non è
destinata a morire col corpo. Perciò credo che vi sia stata
concessa la beatitudine in questa vita. Vi sia ben chiaro questo: non
crediate che l’intraprendere l’opera di Dio e il progredire
in essa sia opera vostra, ma dipende da una certa potenza che sempre
vi soccorre.
Cercate
sempre di offrire voi stessi come vittime a Dio (Rm
12,1) e
accogliete con amore la potenza che vi aiuta. Consolerete così Gesù
nel suo ritorno, tutta l’assemblea dei santi e anche me, povero
uomo che sono rivestito di questo corpo fatto di fango e di tenebra.
Vi dico queste cose per confortarvi e vi prego perché noi tutti
siamo stati creati da un’unica natura invisibile che ha un
principio, ma non una fine. Quelli che conoscono se stessi, sanno che
la natura che ci unisce è immortale.
9.
Voglio che sappiate che il nostro Signore Gesù Cristo è il vero
intelletto del Padre. Da lui sono state create tutte le nostre nature
spirituali a immagine della sua immagine, perché egli è il capo di
tutto il creato e del corpo che è la chiesa (Col
1,18). Perciò noi tutti siamo membra, gli
uni degli altri «corpo di Cristo» (1Cor
12,27), e «la testa non può dire ai
piedi: non ho bisogno di voi» (1Cor 12,11)
e «se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme»
(1Cor 12,26). E
così se un membro si rende estraneo al corpo e non comunica con la
testa, ma si compiace delle passioni del corpo, riceve una ferita
incurabile e ha dimostrato quale è il suo principio e quale la sua
fine.
Perciò
il Padre della creazione ebbe pietà per questa nostra ferita che non
poteva essere sanata da nessuna creatura, ma soltanto dalla bontà
dello stesso Padre. Ci mandò allora il suo Figlio unigenito che ha
assunto «la condizione di servo» (Fil
2,7) per la nostra schiavitù e ha
consegnato se stesso per i nostri peccati. Le nostre iniquità lo
hanno umiliato, ma «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is
53,5). Ci ha radunati da tutte le nazioni
per far risorgere dalla terra i nostri cuori e per insegnarci che noi
tutti abbiamo un’unica natura e siamo membra gli uni degli altri.
Perciò dobbiamo amarci a vicenda perché chi ama il suo
prossimo, ama Dio e chi ama Dio, ama la propria anima.
10.
Vi sia ben chiaro, miei cari figli nel Signore, santa stirpe
d’Israele, che voi vi preparate ad andare verso il Signore e ad
offrire voi stessi come vittime a Dio in tutta purezza, quella
purezza che nessuno può ereditare senza già possederla.
Non sapete forse, miei cari, che i nemici della virtù meditano il
male contro la verità? Perciò siate vigili, non concedete sonno ai
vostri occhi, né riposo alle vostre palpebre (Sal
131,4), invocate il vostro Creatore giorno
e notte perché dall’alto vi soccorra e preservi in Cristo i vostri
cuori e i vostri pensieri.
Noi,
o figli, abitiamo nella gasa del ladro e siamo legati dai ceppi della
morte. In noi c’è negligenza, bassezza, estraneità al bene e
tutto questo non solo ci danneggia, ma è causa di sofferenza
per tutti gli angeli e i santi di Cristo perché per noi sono
afflitti. Questa nostra deplorevole condizione, figli cari,
rattrista tutti i santi; invece la nostra salvezza e la nostra
glorificazione li rende gioiosi. Sappiate ancora che la bontà
del Padre, fin dal suo inizio a tutt’oggi, non cessa di farci del
bene, perché sfuggiamo alla morte che abbiamo meritato. Siccome
siamo stati creati liberi, i demoni continuamente ci cercano.
Ecco perché sta scritto: «L’angelo del Signore si accampa attorno
a quelli che lo temono e li salva» (Sal 33,8).
11.
Ora voglio, figli, che sappiate che da quando Dio si è mosso in
nostro soccorso fino ad oggi, tutti quelli che si sono allontanati
dal bene e hanno compiuto le opere malvagie dei demoni sono
considerati figli degli stessi demoni. Lo sanno coloro che
appartengono al loro numero e per questo hanno tentato di far sì che
ciascuno di noi segua la propria volontà. Sanno che il diavolo è
precipitato dal cielo a causa della superbia e per questa ragione
aggrediscono soprattutto coloro che hanno raggiunto un notevole grado
di santità perché essi si servono del nostro orgoglio e della
nostra vanagloria. Sanno che in questo modo ci hanno allontanati
da Dio, sanno che chi ama il prossimo ama Dio, e così i nemici della
virtù piantano la loro fonte di divisione nei nostri cuori
perché fra di noi ci sia un’inimicizia tale da non
consentirci di parlare, neppure a distanza, col nostro prossimo.
Voglio,
o figli, che sappiate che ci sono stati molti altri che nella loro
vita hanno sostenuto grandi fatiche, ma, perché privi di
discernimento, sono periti. In verità, figli, non credo che ci
si debba stupire se per negligenza e per mancanza di discernimento,
voi cadrete al livello del diavolo per aver pensato di essere
vicini a Dio e in attesa della luce finirete avvolti dalle
tenebre. Perciò Gesù ha voluto che voi vi cingiate di un
panno e laviate i piedi ai più piccoli di voi (Gv 13,4‑5).
Egli stesso ci ha dato l’esempio per insegnarci a non dimenticare
la nostra origine. La superbia infatti ha segnato l’inizio della
nostra caduta; la superbia è apparsa per prima. Disponetevi,
dunque, alla più grande umiltà con tutto il vostro cuore, con tutta
la vostra mente, con tutta la vostra anima, con tutto il vostro
corpo: solo così erediterete il regno di Dio.
12.
In verità, figli miei nel Signore, io prego giorno e notte il mio
Creatore dal quale ho ricevuto lo Spirito di aprire gli occhi
del vostro cuore perché conosciate l’amore che nutro per voi
e di aprire le orecchie del vostro cuore perché possiate
intendere la vostra miseria. Chi comprende il suo disonore, cerca
subito la grazia alla quale è chiamato, chi comprende la sua
condizione mortale, comprende pure la vita eterna. Figli miei,
vi «parlo come a persone intelligenti» (1Cor 10,15). In verità
temo che lungo la strada siate colpiti dalla fame proprio in un luogo
in cui dovreste essere ben forniti. Avrei voluto vedervi di persona,
faccia a faccia, ma aspetto il tempo in cui ci potremo vedere
l’un l’altro, quando non ci saranno più «né lutto, né
lamento, né affanno» (Ap 21,4), quando «felicità perenne
splenderà sul capo» (Is 35,10) di tutti. Avrei voluto dirvi
ancora altre cose, ma «Da’ consigli al saggio e diventerà ancora
più saggio» (Pro 9,9). Vi saluto tutti, figli dilettissimi,
uno per uno.
Quinta
lettera
1.
Figli, «conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da
ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi
diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).
Così, con la sua schiavitù ci ha liberato, con la sua debolezza ci
ha confortato, con la sua stoltezza ci ha fatto sapienti. E poi
con la sua morte ci darà la risurrezione e ad alta voce potremo
dire: «Se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo
conosciamo più così. Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono
nate di nuove» (2Cor 5,16‑17). In verità, miei cari nel
Signore, se dovessi dettagliatamente parlarvi della parola della
libertà con la quale siamo stati liberati, dovrei dirvi molte
altre cose, ma non è ancora il tempo di parlarne.
Per
ora, miei cari figli nel Signore, stirpe santa di Israele, vi
saluto tutti secondo la vostra natura spirituale. E bene che voi, che
vi siete avvicinati al vostro Creatore, cerchiate la salvezza
della vostra anima nella legge dell’alleanza. Per i numerosi
peccati, per la cattiveria del nostro animo, per la
concupiscenza delle passioni, la promessa si è inaridita e le nostre
anime sono cadute. Perciò, per la morte nella quale siamo
precipitati, non possiamo comprendere la nostra gloriosa natura
spirituale. Ecco perché nelle Sacre Scritture è scritto: «Come
tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo»
(1Cor 15,22). Cristo, infatti, è la vita di ogni intelligenza
spirituale fra le creature fatte a immagine dell’immagine, che è
Cristo stesso, perché egli è il vero intelletto del Padre, è la
sua immagine immutabile. Le creature, fatte a sua immagine, hanno una
natura mutevole; per questo ci ha colpito quella sventura nella quale
tutti incontriamo la morte e perdiamo la nostra natura
spirituale.
Perciò,
per tutte le cose che sono estranee alla natura, abbiamo acquistato
una casa tenebrosa dominata dalla guerra. Sappiate che noi non
avevamo alcuna conoscenza della virtù. Dio, nostro Padre, vide
la nostra debolezza e, poiché non potevamo abbracciare la verità,
per la sua bontà, venne a visitare le sue creature mediante il
ministero dei santi.
2.
Prego tutti voi, miei cari nel Signore, di capire quel che
scrivo perché nutro per voi un amore spirituale, opera di Dio,
e non un amore carnale. Preparatevi ad andare dal vostro
Creatore, «laceratevi il cuore e non le vesti» (Gi
2,13), sappiate cosa possiamo offrire
al Signore per la grazia che ha fatto a noi che qui miseramente
abitiamo. Nella sua grande bontà e nel suo infinito amore il Signore
si ricorda di noi e non ci ha ripagato, come meritavamo, per le
nostre colpe. Egli è stato con noi così buono che ci ha donato
il sole in questa valle di tenebre e così pure la luna e le stelle
perché confortassero noi, destinati alla morte, per la nostra
vanità.
Ci
sono pure molte altre potenze che egli ha posto al nostro servizio,
ma sono nascoste e noi non siamo in grado di vederle con i nostri
occhi dei sensi. Cosa daremo noi in cambio al Signore nel giorno del
giudizio? Quale dono non ci ha fatto? I patriarchi non hanno
forse sofferto per noi? I sacerdoti non ci hanno dato i loro
insegnamenti? I giudici e i re non combattevano per noi? I
profeti non sono morti per noi? Gli apostoli non sono stati
perseguitati per noi? Il Figlio diletto non è morto per noi tutti?
Dobbiamo ora prepararci ad andare dal nostro Creatore con
purezza. Egli vide che nessun santo o piuttosto nessuna creatura
poteva sanare la grande ferita inferta alle sue membra.
Perciò
il Padre, conoscendo la debolezza dello spirito delle sue creature,
ha donato loro la sua misericordia e il suo amore e «non ha
risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (Rm
8,32), per i nostri peccati. Le nostre
iniquità lo hanno umiliato, ma «per le sue piaghe noi siamo stati
guariti» (Is 53,5).
Con la potenza della sua parola egli ci ha radunato da tutte le
nazioni, ha fatto risorgere il nostro spirito dalla terra e ci ha
insegnato che siamo membra gli uni degli altri.
3.
È opportuno perciò che noi tutti, che siamo andati verso il
Creatore, adoperiamo la nostra intelligenza e i nostri sensi per
discernere il bene dal male e per riconoscere il piano di salvezza
di Gesù grazie alla sua venuta. Egli, infatti, si è fatto
«come noi, escluso il peccato» (Eb 4,15).
Per la nostra grande malvagità, per il turbamento causato dal male,
per la nostra grave incostanza, la venuta di Gesù è stata
tentazione per alcuni, profitto per altri, per alcuni sapienza e
potenza (1Cor 1,23‑24),
per altri risurrezione e vita. Vi sia ben chiaro che la sua
venuta è stata giudizio per tutto il mondo. Infatti si legge: «Ecco,
verranno giorni – dice il Signore – in cui tutti mi conosceranno,
dal più piccolo al più grande. Non dovranno più istruirsi gli uni
gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore» (Ger
31,31.34) nome del Signore è arrivato fino
ai confini della terra «perché sia chiusa ogni bocca e tutto il
mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio» (Rm
3,19).
Gli
uomini, infatti, «pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria»
(Rm 1,21),
come al loro Creatore a causa della loro stoltezza che non ha
concesso loro di capire la sua sapienza. Ognuno di noi ha venduto se
stesso alla propria volontà facendo il male e diventandone schiavo.
Perciò Gesù si è privato della sua gloria, si è fatto servo per
renderci liberi mediante la sua schiavitù. Noi siamo diventati
stolti e per la nostra stoltezza abbiamo fatto ogni specie di male;
Cristo si è rivestito di stoltezza per farci sapienti mediante la
sua stoltezza. Siamo diventati poveri e per la nostra povertà
ogni forza ci è venuta meno; perciò egli si fece povero per farci
ricchi di ogni sapienza e di ogni intelligenza mediante la sua
povertà.
Ma
non basta. Egli si è rivestito anche della nostra debolezza per
consolarci con la sua debolezza. E al Padre si fece «obbediente
fino alla morte e alla morte di croce» (Fil
2,8) per darci, con la sua morte, la
risurrezione e per distruggere colui che aveva il potere della morte,
cioè il diavolo. Se veramente libereremo noi stessi con la sua
venuta, saremo riconosciuti discepoli di Gesù ed entreremo in
possesso dell’eredità di Dio.
4.
Ma, miei cari nel Signore, il mio spirito è molto scosso e turbato.
Abbiamo l’abito e il nome dei santi, ce ne vantiamo di fronte
ai non credenti, ma temo che la parola di Paolo si riferisca
proprio a noi: «Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i
fatti» (Tt 1,16).
Per l’amore che nutro per voi, prego Dio
per voi perché meditiate sulla vostra vita e sulla vostra invisibile
eredità. In verità, figli, anche se impegneremo tutte le
nostre forze per cercare Dio, non faremo nulla di eccezionale;
infatti cerchiamo la nostra mercede che ci appartiene per natura.
Ogni uomo che cerca Dio o lo serve, cerca secondo la sua natura. Il
peccato invece di cui siamo responsabili è al di fuori della nostra
natura.
In
verità, cari figli nel Signore, a vi che vi siete preparati per
offrirvi quali vittime a Dio in purezza, noi non abbiamo tenuto
nascosta alcuna cosa giovevole ma «testimoniamo quel che
abbiamo veduto» (Gv 3,11).
Il perché i nemici del bene meditano sempre il male contro la
verità. Sappiate che «colui che era nato secondo la carne
perseguitava quello nato secondo lo spirito» (Gal
4,29) e «tutti quelli che vogliono vivere
piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati» (2Tm
3,12). Anche Gesù sapeva delle sofferenze
e delle tentazioni che avrebbero colpito gli apostoli sulla terra e
sapeva pure che con la loro pazienza avrebbero annientato tutte le
potenze del nemico, cioè l’idolatria. Perciò li confortava
dicendo loro: «Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate
fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv
16,33). E li istruiva dicendo: «Le
sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla
gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (Rm
8,18) e «Se hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi» (Gv
15,20). Se dovessi riferire
dettagliatamente ogni parola, dovrei dilungarmi molto, ma sta
scritto: «Da’ consigli al saggio e diventerà ancora più saggio»
(Pro 9,9).
I
santi e i giusti, rivestiti di Spirito Santo, pregano sempre per noi
perché ci umiliamo davanti a Dio e riacquistiamo la nostra
primitiva gloria e indossiamo quell’abito di cui ci siamo spogliati
e che è conforme alla nostra natura spirituale. Spesso da parte
di Dio Padre arriva una voce a coloro che sono stati rivestiti di
Spirito: «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro
Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme» (Is 40,1‑2).
Dio
infatti visita le sue creature e mostra loro la sua bontà. In
verità, miei cari, se dovessi ancora dettagliatamente parlarvi di
questa parola di libertà, grazie alla quale siamo stati
liberati, dovrei aggiungere molte altre cose ma sta scritto:
«Da’ consigli al saggio e diventerà ancora più saggio» (Pro
9,9).
Il
Dio della pace vi conceda la grazia e lo spirito di sapienza
perché intendiate le cose che scrive: sono comandamenti del Signore.
Il Dio di ogni grazia vi custodisca santi nel Signore fino alla vetta
dell’ascensione spirituale. Io prego sempre Dio per la vostra
salvezza, miei cari nel Signore, e «la grazia del Signore Gesù
Cristo sia con tutti voi» (2Cor 13,13). Amen.
Sesta
lettera
1.
L’essere razionale che si è preparato ad essere libero per
l’avvento di Gesù, conosce se stesso secondo la propria
natura spirituale. Chi conosce se stesso, conosce il disegno di
salvezza del Creatore e quanto egli compie per le sue creature.
Miei cari nel Signore, nostre membra e coeredi dei santi, nel
nome di Gesù Cristo prego Dio perché vi conceda il dono dello
spirito di sapienza per discernere e conoscere tutto l’amore
che nutro per voi. Non è un amore della carne, ma dello Spirito,
opera di Dio. Non è necessario che io vi scriva i vostri nomi
secondo la carne perché essi sono corruttibili; quando un uomo ha
conosciuto il suo vero nome, conoscerà allora anche il nome di
verità. Per questo anche Giacobbe (Gn 32,23-31), quando lottò una
notte intera con un angelo, conservò il nome di Giacobbe, ma quando
spuntò la luce, ebbe il nome di Israele. Il senso di questo
nome è spirito che vede Dio.
Penso
che non ignoriate che nemici del bene meditano sempre il male contro
la verità. Per questo motivo Dio non ha visitato le sue creature una
sola volta, ma fin da principio alcuni per mezzo della legge
dell’alleanza si sono preparati a venire dal loro Creatore. Da essa
sono stati istruiti sul modo di adorarlo. La legge dell’alleanza
si è inaridita per la sua grande debolezza, per la pesantezza del
corpo, per le cattive preoccupazioni e le attività dell’anima
si sono fiaccate. Non era possibile il ritorno al primitivo
stato della creazione. E poiché la natura è immortale e
non si distrugge insieme col corpo, non può essere liberata per i
meriti della giustizia; per questa ragione Dio, nella sua bontà, sì
è mosso a compassione di lei, e mediante la legge scritta, le ha
insegnato come adorare Dio. Dio è uno e la natura spirituale poggia
sull’unità. Vi sia ben chiaro questo, miei cari: dove non c’è
concordia, la guerra è in agguato.
2.
Il Creatore vide la gravità della ferita umana e che era
necessaria l’opera del medico. Gesù stesso, Creatore degli uomini,
è il medico che li ha guariti, ma ha mandato davanti a sé dei
precursori. Mosè che ci ha dato la legge, non avremo timore di
affermarlo, è stato uno dei suoi profeti. Lo Spirito che era con
Mosè aiutò pure l’assemblea dei santi: tutti hanno pregato
Dio perché inviasse il suo Figlio unigenito. Pure Giovanni è
uno dei suoi profeti; per questo è scritto: «la Legge e i
profeti fino a Giovanni» (Lc 16,16)
e «il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne
impadroniscono» (Mt 11,12).
Coloro che erano rivestiti di Spirito videro che nessuna fra le
creature poteva sanare la profonda ferita, ma soltanto la bontà del
Padre, cioè il suo Figlio unigenito che il Padre ha mandato
come Salvatore di tutta l’umanità. Egli è il grande medico che
può sanare la grande ferita. Perciò pregarono Dio e la sua bontà.
3.
Il Padre delle creature per la salvezza di noi tutti «non ha
risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (Rm
8,32). Le nostre iniquità lo hanno
umiliato, ma «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is
53,5). Con la potenza della sua parola
ci ha radunati da tutte le nazioni, da un confine all’altro
del mondo, ha fatto risorgere dalla terra, i nostri cuori e ci ha
insegnato che siamo membra gli uni degli altri. Vi prego, miei cari
nel Signore, di capire che queste cose che vi ho scritto sono
comandamenti di Dio. Dobbiamo capire la condizione che Gesù ha
assunto per noi: si è fatto simile a noi in tutto, «escluso il
peccato» (Eb 4,15).
Dobbiamo
pure accettare di essere liberati con la sua venuta. Egli infatti è
venuto per farci sapienti con la sua stoltezza, per farci ricchi con
la sua povertà, per consolarci con la sua debolezza, per dare a
noi tutti la risurrezione e annientare colui che aveva il potere
sulla morte. Allora cesseremo di invocare Gesù secondo la carne
perché la sua venuta ci sorregge nel retto servizio fino a
distruggere le nostre iniquità. Allora Gesù ci dirà: «Vi ho
chiamati amici» (Gv 15,15)
e non più servi. Quando gli apostoli giunsero ad accogliere lo
spirito di figli, allora lo Spirito Santo insegnò loro ad adorare il
Padre in modo conveniente.
A
me, povero e maledetto di Cristo, l’età cui sono giunto mi ha
portato gioia, gemito e pianto.
Infatti
molti della nostra generazione hanno indossato la veste di Dio, ma
hanno negato la sua potenza. Quelli che si sono preparati ad essere
liberati per l’avvento di Gesù, mi arrecano gioia. Ma quelli che
trafficano sul nome di Gesù e fanno la volontà del proprio cuore e
del proprio corpo, mi arrecano afflizione. Io piango su coloro che
hanno considerato la lunghezza del tempo, si sono scoraggiati, si
sono privati della veste di Dio e sono diventati simili a bestie.
Sappiate che per uomini simili la venuta di Gesù è grande condanna.
Ma voi, miei cari nel Signore, sappiate conoscere voi stessi e
discernere i tempi e preparatevi ad offrirvi come vittime gradite a
Dio.
4.
Io scrivo a voi «come a persone intelligenti» (1Cor
10,15) perché voi siete capaci di capire
voi stessi. Voi sapete che chi conosce se stesso, conosce Dio è il
suo disegno di salvezza per le sue creature. Vi sia ben chiaro che
l’amore che nutro per voi non è carnale, ma spirituale, opera di
Dio che «è tremendo nell’assemblea dei santi, grande e
terribile tra quanti lo circondano» (Sal
88,8). Finché abbiamo degli intercessori
presso Dio, preparatevi ad offrire ai vostri cuori quel fuoco
che Gesù è venuto a portare sulla terra (Lc
12,49). Esercitate i vostri cuori e i
vostri sensi a discernere il bene dal male, la destra dalla
sinistra, la saldezza dalla debolezza. Gesù sapeva che la materia di
questo mondo è in potere del diavolo. Perciò chiamò i suoi
discepoli e disse loro: «Non accumulatevi tesori sulla terra.
Non affannatevi per il domani perché il domani avrà già le sue
inquietudini» (Mt 6,19.34).
In verità, miei cari, il timoniere di una nave si vanta quando
i venti sono calmi, ma la perizia del timoniere si vede quando
soffiano venti violenti e contrari. Cercate ora di capire il tempo
nel quale siamo giunti. Se dovessi parlarvi dettagliatamente
della libertà, dovrei aggiungere molte altre cose ma «Da’
consigli al saggio e diventerà ancora più saggio» (Pro
9,9). Vi saluto, cari figli nel Signore,
«piccoli e grandi» (At 8,10).
Amen.
Settima
lettera
1.
Antonio vi saluta nel Signore, cari fratelli. Gioite! Non mi
stancherò di ricordarmi di voi, membri di questa chiesa cattolica.
Voglio che sappiate che l’amore che nutro per voi non è carnale,
ma spirituale, opera di Dio. L’amore carnale, infatti, è
debole, instabile, sconvolto da venti estranei. Tutti quelli che
temono Dio e osservano i suoi comandamenti, sono servi di Dio; non
c’è ancora perfezione in questo servizio ma giustizia che conduce
allo spirito di figli. Per questo anche i profeti, gli apostoli e
tutta l’assemblea dei santi, quelli che sono stati eletti da
Dio e ai quali è affidata la predicazione apostolica, furono
incatenati da Gesù Cristo per la bontà del Padre. Dice
infatti l’apostolo Paolo: «Io Paolo, il prigioniero di
Cristo» (Ef 3,1).
La
legge scritta vi sorregga in questo buon servizio fino a che siamo in
grado di vincere tutte le passioni del corpo e di raggiungere la
perfezione nella virtù secondo l’insegnamento apostolico.
A chi è vicino a ricevere la grazia Gesù dirà: «Vi ho chiamati
amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto
conoscere a voi» (Gv 15,15).
Quelli
che si sono avvicinati alla grazia e sono stati istruiti dallo
Spirito Santo, hanno conosciuto la loro natura spirituale.
Perciò Paolo dice loro: «Voi non avete ricevuto uno spirito da
schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito
da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre”»
(Rm 8,15). Così
riconoscono il dono che hanno ricevuto da Dio. Noi infatti «siamo
figli, eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm
8,17).
2.
Fratelli cari, voi siete partecipi dell’eredità dei santi e tutte
le virtù vi appartengono, sono vostre. Non vi lasciate contaminare
dalla vita secondo la carne, ma siate sempre presenti davanti a
Dio: «La sapienza non entra in un’anima che opera il male né
abita in un corpo schiavo del peccato. Il santo spirito, che
ammaestra, rifugge dalla finzione» (Sap
1,4‑5). In verità, miei cari, scrivo
a voi «come a persone intelligenti» (1Cor
10,15). Voi siete capaci di conoscere
voi stessi e chi conosce se stesso conosce Dio, e chi ha
conosciuto Dio deve adorarlo in modo conveniente. Miei cari nel
Signore, conoscete voi stessi. Chi infatti ha conosciuto se
stesso, conosce anche il tempo in cui vive; e chi ha imparato a
conoscere il tempo, resta ben saldo e non si lascia deviare da
insegnamenti diversi.
Circa
Ario che in Alessandria levò la sua voce per sostenere dottrine
estranee all’Unigenito ponendo un tempo a colui che è fuori
del tempo e un limite, come a una creatura, a colui che non ha limiti
e un movimento a chi è fuori del movimento, io dico queste
parole: «Se un uomo pecca contro un altro uomo, Dio potrà
intervenire in suo favore, ma se l’uomo pecca contro il Signore,
chi potrà intercedere per lui?» (1Sam
2,25). Quest’uomo si è accinto ad una
grande impresa, ma la sua ferita è incurabile. Se costui avesse
conosciuto se stesso, la sua lingua non avrebbe detto cose che
ignorava. Ma per quel che è accaduto, è evidente che egli non ha
conosciuto se stesso.
Ottava
lettera
(A
Teodoro)
Antonio
saluta nel Signore il diletto figlio Teodoro!
Sapevo
che Dio non avrebbe fatto alcuna cosa se non per rivelare ai profeti
suoi servi la sua salvifica dottrina. Credevo perciò di non
doverti manifestare quanto il Signore da tempo mi aveva
rivelato. Ma, dopo che ho visto i tuoi confratelli che erano con
Teofilo e con Copre, ho ritenuto di comunicarti la rivelazione:
molti di coloro che adorano il Cristo secondo verità peccano anche
dopo essere stati battezzati, e questo accade un po’ da per tutto.
Ma se implorano la misericordia divina e con animo contrito si
pentono, il Signore cancella tutti i loro peccati. Nel giorno in cui
questa mia lettera ti sarà consegnata, leggila dunque ai tuoi
confratelli perché essi ne possano trarre giovamento. Salutali
da parte mia, così come i miei salutano te. Ti auguro ogni bene nel
Signore.
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