“Dove
c'è gioia, fervore voglia di portare Cristo agli altri, scriveva
papa Francesco, sorgono vocazioni genuine. Tra queste non vanno
dimenticate le vocazioni laicali alla missione. Ormai è cresciuta la
coscienza dell'identità e della missione dei fedeli laici nella
Chiesa, come pure la consapevolezza che essi sono chiamati ad
assumere un ruolo sempre più rilevante nella diffusione del Vangelo”
(Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2014). Nel ventesimo
secolo, la vita di Marcello Candia illustra queste parole, dopo aver
vissuto nell'agiatezza di una famiglia dell'alta borghesia milanese,
si è impegnato come laico nella missione e ha costruito, grazie alla
vendita dei suoi beni, un Ospedale per i poveri in Brasile.
Marcello
Candia è nato nel 1916 a Portici, nella regione della Campania,
terzo di cinque figli. Camillo, Suo padre, è un industriale: ha
fondato a Milano, poi a Napoli, Pisa e Aquileia, una serie di
fabbriche di acido carbonico. Egli non pratica la sua religione, ma
ha mantenuto della sua educazione cattolica un senso elevato della
rettitudine, del rispetto per le persone e della giustizia
professionale e sociale. È un dirigente tutto dedito alla sua
famiglia e alla sua impresa, uomo del dovere e della responsabilità.
Si oppone al fascismo fin dal suo inizio, e affida i figli a scuole
private in modo che non siano raggiunti dall'ideologia totalitaria
dominante.
Passione
per i poveri
Marcello
apprende da sua madre, Luigia Bice Mussato, i primi rudimenti della
fede. Donna colta e dotata di grandi qualità umane, ella si dona
completamente ai suoi nonché ai poveri attraverso opere caritative,
in particolare l'associazione San Vincenzo de Paoli. Marcello
accompagna volentieri sua madre: con lei, visita i poveri, non senza
essere passato prima in una chiesa per incontrarvi Gesù Eucaristia.
Nel suo cuore si sviluppa una vera passione per i diseredati e i
sofferenti; sarà l'orientamento fondamentale della sua vita. Fin
dall'età di dodici anni, aiuta i Padri Cappuccini della via Piave a
Roma a distribuire la minestra ai poveri. Ma il 7 febbraio 1933, la
signora Candia muore, all'età di quarantadue anni. Marcello, che ha
diciassette anni, ne prova un dolore così profondo che si ammala. Da
quel giorno, soffrirà di frequenti mal di testa e insonnia.
La
profonda pietà di Marcello impressiona i suoi parenti, che lo
accusano di condurre una "doppia vita": in effetti, da un
lato si mostra giovane ricco, elegante e corteggiato,
studente brillante e di buona compagnia, ma dall'altro, tutti
constatano
che è immerso in un dialogo incessante con Dio. Nel 1939, Marcello
consegue la laurea in chimica. All'inizio della seconda guerra
mondiale, occupa per qualche tempo un posto di chimico in una
fabbrica di esplosivi, poi viene smobilitato. Prosegue allora i suoi
studi, mentre lavora assistendo il padre nella sua professione. Nel
1943, consegue le lauree in biologia e in farmacia. In quei tempi di
guerra, partecipa alla resistenza
contro l'occupazione tedesca, rischiando
più volte la libertà e anche la vita, e s'impegna, a fianco dei
Padri Cappuccini, nell'aiuto agli ebrei minacciati di deportazione.
Alla fine della guerra, assiste i deportati e prigionieri che tornano
in patria. Con tre amici, organizza,
in stazione, un'accoglienza sia medica che umanitaria, e fa
installare, in gran parte a proprie spese, nel parco del palazzo
Sormani,
messo a disposizione, rifugi temporanei prefabbricati. Un giorno, un
cappellano-capitano autoritario fa annunciare: « Inizia la Messa;
quelli che non ci vengono non avranno da mangiare». Marcello afferra
il microfono e rettifica: «No, tutti avranno da mangiare ! »
Per
poter dedicare tutto il suo tempo ad alleviare le sofferenze degli
altri, Marcello rinuncia a sposarsi. Con Elda Scarsella Marzocchi,
fonda il "Villaggio della madre e del fanciullo", per
l'assistenza alle ragazze madri in difficoltà. In un primo momento,
nasconde questa iniziativa a suo padre, sapendo che non vi sarebbe
favorevole; ma in seguito, quest'ultimo si renderà conto di tutto il
bene compiuto dal figlio e lo approverà. Il signor Candia è
esigente, ma rispetta la scelta del figlio: considera la sua vita di
pietà e il suo attaccamento alla Messa quotidiana come esagerati, ma
non vi frappone ostacoli. Tuttavia, il direttore di coscienza di
Marcello si mostra sfavorevole alla collaborazione con Elda
Marzocchi, perché l'ambiente di una casa di ragazze madri non è
adatto a un giovane che ha scelto il celibato per il Regno di Dio.
Quindi, per obbedienza, Marcello mette fine a questo impegno e si
lancia nell'aiuto alle missioni, dapprima con l'invio di farmaci in
paesi poveri e la fondazione di una rivista intitolata "La
Missione". Con monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro
papa Paolo VI, allora arcivescovo di Milano, e il professor Lazzati,
dell'Università di Milano, fonda un collegio per gli studenti che
provengono da oltremare. In effetti, i vescovi dei paesi di missione
iniziano a inviare preti in Italia per un complemento di formazione
sacerdotale: questi studenti sono destinati a diventare insegnanti
nei seminari dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina. Spesso, il
primo contatto avviene direttamente tra il vescovo del paese e
Marcello, per fornire l'alloggio, ottenere una borsa di studio, ecc.
Il giovane partecipa anche alla fondazione di numerose opere e
associazioni a favore delle missioni.
«
Vieni ! » e « va ! »
Nel
1950, all'età di trentaquattro anni, Marcello eredita l'azienda del
padre. A poco a poco matura in lui l'aspirazione a lasciare tutto per
diventare missionario laico a tempo pieno. Ma per realizzarla, egli
dovrà aspettare l'anno 1961: la sua presenza nelle fabbriche,
infatti, è utile, se non addirittura necessaria, a causa della
difficile situazione degli operai durante il periodo del dopoguerra.
Inoltre, il suo direttore spirituale si mostra contrario a questo
progetto.
«
La missione... è qualcosa di imprescindibile per chi si pone in
ascolto della voce dello Spirito che sussurra "vieni" e
"vai", scriveva papa Francesco. Chi segue Cristo non può
che diventare missionario, e sa che Gesù cammina con lui, parla con
lui, respira con lui, lavora con lui... Chi sono i destinatari
privilegiati dell'annuncio evangelico?. La risposta è chiara e la
troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi,
coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non
hanno da ricambiarti (cfr. Lc 14,13-14). L'evangelizzazione rivolta
preferenzialmente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a
portare: esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i
poveri. Non lasciamoli mai soli » (Messaggio per la Giornata
Missionaria Mondiale 2015).
Nel
1955, l'esplosione accidentale di un serbatoio di sessantamila litri
di anidride carbonica allo stato liquido uccide due persone e
distrugge una fabbrica che è stata appena rinnovata. Marcello vede
il suo progetto di lasciare tutto ostacolato da questo incidente.
Aiuta di tasca propria le due famiglie delle vittime e si fa carico
della ricostruzione nonché delle consegne, in modo che nessun
operaio o cliente sia danneggiato dal disastro. Tuttavia, s'interessa
particolarmente ai poveri del Brasile. Ha infatti incontrato padre
Alberto Beretta, cappuccino, fratello di Santa Gianna Beretta Molla,
che si preparava a partire per il Brasile. Nel 1957, Marcello fa la
sua prima visita a Macapà, a nord del delta del Rio delle Amazzoni.
Questa cittadina conta allora diciottomila abitanti, di cui una parte
vive nella miseria, senza alcuna assistenza materiale o spirituale.
Con il vescovo della diocesi, mons. Aristide Pirovano, delle Missioni
Estere di Milano, egli studia i problemi locali. Per la parrocchia di
San Benedetto, fa costruire una bella chiesa. Poi si sente ispirato a
costruire un grande ospedale, sproporzionato rispetto alle dimensioni
della città di allora. Il futuro gli darà ragione perché la
popolazione supera attualmente i quattrocentomila abitanti (2010). La
struttura, prevista per centocinquanta posti letto, comprenderà
anche un lebbrosario.
Vendi
quello che possiedi!
Marcello
inizia i lavori nel 1961, con il denaro ricavato dalla vendita delle
fabbriche ereditate da suo padre. Desidera che l'ospedale sia
dedicato ai santi Camillo e Luigi per onorare la memoria dei suoi
genitori. A quel tempo, mons. Pirovano viene richiamato a Milano per
assumere la direzione del suo Istituto missionario. Nel 1965,
l'indomani di un'udienza privata a loro concessa dal beato Paolo VI,
il prelato consegna egli stesso a Marcello la croce di missionario.
Nel giugno di quello stesso anno, Marcello Candia si trasferisce a
Macapà. Dopo aver esercitato per diversi anni le funzioni di
direttore di fabbriche, in un'epoca di grande prosperità economica,
si avvicina alla cinquantina. Il suo cambiamento di vita è radicale:
da una vita agiata, passa a una vita povera in mezzo ai poveri. In un
autentico cammino di fede, abbandona tutto per Dio e risponde ai suoi
oppositori che « non bisogna dare ai poveri solo aiuti economici.
Dobbiamo condividere la loro vita nella massima misura possibile.
Sarebbe troppo facile per me rimanere qui nella vita tranquilla e
confortevole, e poi dire: il superfluo, lo mando laggiù. Sono
chiamato a vivere con loro ».
Tuttavia,
Marcello incontra incomprensioni e contraddizioni negli stessi
ambienti missionari, il che lo addolora molto. « Perché costruire
un così grande ospedale in quel luogo, si chiedono alcuni, mentre
con la stessa spesa si sarebbero potuti istituire una decina di
centri di assistenza sanitaria? Questo imprenditore milanese
persevererà e rimarrà davvero, si mormora, oppure, dopo aver
avviato un cantiere colossale, se ne andrà via lasciando l'opera
incompiuta? » In assenza di mons. Pirovano, Marcello si trova
spiritualmente isolato. L'amministrazione, contagiata dalla
diffidenza, gli nega i permessi necessari. Diversi anni dopo, quando
la sua perseveranza gli avrà ottenuto un minimo di benevolenza, un
amministratore dirà di lui: «Sono anni che studio questo Candia e
non riesco a capirlo. Deve essere un po' pazzo, anche se sembra sano
di mente. » La follia della Croce sarà sempre un mistero per coloro
che non hanno fede. Ma lui non si lascia scoraggiare: «Il buon Dio
vuole che io faccia un po' di penitenza ! », confida.
Imparare
la povertà, in effetti, gli costa grandi sforzi: deve accettare le
privazioni di comodità, il cibo dei poveri, la promiscuità con
persone non istruite in locali miserabili. Uno dei suoi amici
italiani riferisce: « Candia era dinamico, sicuro di sé, abituato a
comandare e a parlare da dirigente... ma ogni volta che ritornava
dall'Amazzonia , lo trovavo cambiato. Si rendeva conto che aveva
bisogno dell'aiuto degli altri per realizzare i suoi grandi progetti,
cosa a cui non era abituato. » In effetti, Marcello è naturalmente
testardo, impaziente, perfezionista, esigente all'eccesso, convinto
di avere sempre ragione. Ma il suo spirito missionario e la sua
dedizione lo aiutano a correggere a poco a poco questi difetti.
Non
essere più necessario
Nel
1967, subisce un infarto: la sua salute comincia a declinare.
Tuttavia, dopo essersi ristabilito, continua coraggiosamente il suo
lavoro. Nel 1969, viene inaugurato l'ospedale di Macapà: comprende
all'inizio un reparto pediatrico, poi, qualche mese dopo, un centro
di ricerca sulle malattie tropicali con particolare attenzione per la
lebbra, un centro sociale e un centro di accoglienza. Marcello ha
progettato, finanziato quasi da solo e realizzato tutto contro mari e
monti. L'intuizione iniziale, tuttavia, è dovuta al cardinale
Montini: « Se lei fonda un ospedale in Brasile, lo faccia realmente
brasiliano, gli aveva consigliato il prelato. Eviti ogni forma di
paternalismo, non imponga le sue idee agli altri, nemmeno con le
migliori intenzioni. Faccia l'ospedale non solo per i brasiliani, ma
anche con i brasiliani e si proponga come obiettivo finale di non
essere più necessario. Quando arriverà il momento in cui si sentirà
inutile, perché l'istituzione potrà funzionare senza di lei, allora
avrà realizzato una vera opera di solidarietà umana. » Questi
consigli costano a Marcello una notevole quantità di pazienza,
perché in quel paese, la maggior parte del personale stabile che
egli impiega nell'ospedale è piuttosto portato all'apatia e
all'irresponsabilità. Il cardinale gli aveva anche raccomandato di
fare un ospedale-scuola: nei paesi di missione, curare i malati è
importante, ma è ancor più importante insegnare seriamente come
guarirli. Aveva aggiunto: « Bisogna che sia una struttura che non
manda mai via nessuno. » Marcello mette in pratica molto esattamente
questa raccomandazione: stabilisce che il personale ospedaliero non
chiederà mai a un paziente, al momento del ricovero, se è in grado
di pagare le spese.
Nel
mondo avrete tribolazioni, ci ha avvertiti Gesù (Gv 16,33). Nel
1973, il generoso amico dei poveri viene convocato dal governo
federale per rispondere all'accusa d'importazione illegale di farmaci
in Brasile. Deve anche vegliare senza sosta perché l'ospedale
rimanga al servizio dei più poveri. Per fortuna, la sua esperienza
di imprenditore lo aiuta molto a gestire le risorse con
discernimento; infatti, essere generosi non è sufficiente, occorre
anche agire con competenza e prudenza.
«
Il fedele laico deve agire secondo le esigenze dettate dalla
prudenza: è questa la virtù che dispone a discernere in ogni
circostanza il vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per
compierlo... La prudenza rende capaci di prendere decisioni coerenti,
con realismo e senso di responsabilità nei confronti delle
conseguenze delle proprie azioni. La visione assai diffusa che
identifica la prudenza con l'astuzia, il calcolo utilitaristico, la
diffidenza, oppure con la pavidità e l'indecisione, è assai lontana
dalla retta concezione di questa virtù, propria della ragione
pratica, che aiuta a decidere Con assennatezza e coraggio le azioni
da compiere, divenendo misura delle altre virtù... Essa è, in
definitiva, una virtù che esige l'esercizio maturo del pensiero e
della responsabilità, nell'obiettiva conoscenza della situazione e
nella retta volontà che guida alla decisione. (Compendio della
Dottrina sociale della Chiesa, 547-548).
Una
logica diversa
In
quanto industriale, Marcello ha l'abitudine di tenere e far tenere
una contabilità rigorosa. Tuttavia, nelle opere di Dio, si deve
talvolta andare oltre: «A poco a poco, dirà, mi sono reso conto che
quando si aveva a che fare con Dio, occorreva applicare una logica
diversa. I conti sono presto fatti, perché i malati che possono
pagare per le loro cure sono circa uno su dieci, e quelli che sono
assicurati a una mutua, il quaranta per cento. Gli altri non possono
portare nulla in più di se stessi, per essere curati. È così che
ho imparato che un ospedale per i poveri, per funzionare bene, doveva
essere sempre in deficit. Avrete difficoltà a capire che cosa sia
stato per me entrare in questa logica... E quando i miei fondi si
sono esauriti, sono cominciati ad arrivare contributi da parte dei
miei amici, degli operai delle fabbriche che erano state mie, ecc.»
Egli constata anche un'altra meraviglia: la trasformazione di certe
persone di Macapà, che si dimostrano in grado di aiutarlo e
ritrovano così dignità e fede.
Marcello
Candia ci dà un bell'esempio di uso assennato delle ricchezze. Nella
Sua Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, papa
Francesco scrive: «Non cadete nella terribile trappola di pensare
che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto
diventa privo di valore e di dignità. È solo un'illusione. Non
portiamo il denaro con noi nell’aldilà. Il denaro non ci dà la
vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano
sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi,
viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire» (11 aprile
2015, n° 19). Infatti, « ogni uomo fin dal momento della sua morte
riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un
giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo»
(Catechismo della Chiesa Cattolica, no 1022). Inoltre, Gesù ci ha
dichiarato che nell'ultimo giorno sarebbe venuto a giudicare tutti
gli uomini: Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e
tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria.
Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli... Allora il re dirà
a quelli che Saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del
Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla
creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da
mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero
e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete
visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”... Poi dirà
anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me,
maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi
angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho
avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e
non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in
carcere e non mi avete visitato"... E se ne
andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita
eterna (Mt 25,32-46).
Un
modesto strumento
Malgrado
le numerose opposizioni che incontra, Marcello viene lodato e
applaudito già nel corso della sua vita. Nel 1975, un giornale
brasiliano a grande tiratura gli dedica un lungo articolo intitolato:
“Il miglior uomo del Brasile". Di fronte a tali complimenti,
egli risponde: « Per quanto mi riguarda, non sono nulla; sono solo
un modesto strumento della Provvidenza... Non sono io ad aver dato
qualche cosa, ma loro, i poveri, che mi danno... chi ha molto
ricevuto dalla vita deve dare molto. » Nello stesso anno, in
considerazione di ciò che gli aveva detto il cardinale Montini,
Marcello decide di affidare l'opera ai Religiosi ospedalieri
camilliani. Egli affermerà: «Non è cristiano ricercare se stessi
in un'opera. È in Dio che bisogna realizzarsi...Ringrazio il Signore
di aver potuto cominciare l'opera con i mezzi che mi ha dati. Ma
dopo, bisognava rendersi inutile. Bisognava anche che coloro che sono
venuti dopo di me potessero apportare il contributo della loro
iniziativa...
Mi
sono quindi ritirato, e ora mi accontento di cercare denaro perché
possano proseguire il lavoro. »
La
causa dei lebbrosi ha sempre toccato profondamente il suo cuore. A
partire dal 1967, ha organizzato per loro il lebbrosario di Marituba,
perso nella foresta vergine quattrocento chilometri a sud di Macapà.
Fino ad allora, questi malati erano confinati in un perimetro vietato
ai non-lebbrosi. La colonia comprendeva un migliaio di malati che
sopravvivevano in condizioni più che miserabili, in cui erano
sconosciute la solidarietà e l'igiene. Quando visita il luogo per la
prima volta, con un permesso speciale, Marcello capisce che bisogna
prima accendere la speranza nel cuore di questi reietti, installando
presso di loro una comunità di consacrati, con un prete. Marcello
insedia quindi un centro urbano con case individuali, acqua corrente,
fognature, ambulatorio, centro sociale gestito dai malati stessi,
ecc. Altri lebbrosari e centri di preghiera (di cui due Carmeli, dove
ama recarsi per il suo tempo di preghiera quotidiano...) vengono
fondati in altre località. Nel 1980, papa Giovanni Paolo II si
recherà in visita presso queste opere; fortemente impressionato,
erigerà la fondazione "Dottor Marcello Candia". È una
grande gioia per tutti i collaboratori di Marcello; ma quest'ultimo
si rammarica che sia stato dato il suo nome alla fondazione.
Nel
1983, ritorna molto malato a Milano. Dal 1967, ha subito quattro
attacchi di cuore; un cancro della pelle con metastasi al fegato lo
conduce alla morte il 31 agosto. Il 9 luglio 2014, il sovrano
pontefice Francesco ha riconosciuto l'eroicità delle sue virtù,
permettendo così di conferirgli il titolo di “venerabile". Il
suo processo di beatificazione è in corso.
Gesù
di Nazareth, secondo la testimonianza di San Pietro, passò
beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del
diavolo; perché Dio era con lui (At 10,38). Che il venerabile
Marcello Candia ci ottenga la grazia di seguire Cristo dedicandoci a
sollevare coloro che soffrono, tenendo nello stesso tempo a mente
che, come affermava la beata Madre Teresa, «la prima povertà dei
popoli è di non conoscere Cristo » ! (cfr. Benedetto XVI, Messaggio
per la Quaresima 2006).
Dom
Antoine Marie osb
ABBAYE
SAINT-JOSEPH DE CLAIRVAL – 21.150 FLAVIGNY-SUR-OZERAIN – FRANCE
Telefax: 0033 3 80 96 25 29 – E-mail : abbazia@clairval.com –
Site: http://www.clairval.com/
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