Nel
libro autobiografico "Dio o niente", il Cardinale Robert
Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti, racconta in modo commovente come Gesù
abbia potuto formarlo come cristiano e chiamare a diventare
sacerdote, vescovo, e perfino cardinale, lui cresciuto in uno dei più
piccoli villaggi della Guinea, Ourous. Per mediargli queste grazie,
il Signore si è servito di uomini innamorati di Dio:
"Indiscutibilmente la mia infanzia è stata molto felice.
Sono cresciuto nella pace e nell'ingenuità innocente di un piccolo
villaggio al centro del quale si trovava la missione degli
spiritani". I primi tre missionari, Joseph Orcel, Antoine
Reeb e Firmin Montels, erano arrivati nel 1912 nello sperduto
villaggio africano, dove gli abitanti credevano in un dio creatore
chiamato Ounou e celebravano dei riti funebri e d'iniziazione pagani,
senza aver mai sentito parlare di Gesù. Il capo villaggio di allora
li accolse a braccia aperte e diede generosamente dei terreni a loro
disposizione. Sei mesi più tardi, padre Montels, sfinito
fisicamente, se ne andò in Cielo, divenendo così la "pietra"
di fondazione della missione. "Questi uomini di Dio dovettero
compiere grandi sacrifici e accettare molte rinunce,
senza mai lamentarsi, con una generosità inesauribile". I
frutti della loro donazione sono del tutto visibili. Oggi il
villaggio di 1000 abitanti è cristiano e la parrocchia ha dato alla
Guinea il maggior numero di vocazioni.
Grazie
ai missionari, il padre di Robert fu battezzato il 13 aprile 1947,
due anni dopo la nascita di suo figlio e lo stesso giorno sposò
Claire Nemelo. Poco dopo il padre, anche Robert, di due anni,
ricevette il battesimo dai missionari, più tardi la cresima e poi
perfino l'ordinazione sacerdotale.
"
Durante la mia infanzia vivevamo in case rotonde costruite di
mattoni con una sola stanza coperta da un tetto di paglia e argilla.
Era un'esistenza semplice, senza contrasti, umile e piena di fiducia.
La vita comunitaria e l'attenzione di ciascuno ai bisogni degli altri
rivestivano una grande importanza. Non ho mai visto i miei genitori
entrare in conflitto con nessuno".
“ll
mio ingresso nella famiglia di Cristo deve tutto alla devozione
eccezionale dei padri spiritani. Conserverò per tutta la vita
un'immensa ammirazione per questi uomini che avevano lasciato la
Francia, le loro famiglie e i loro legami per portare l'amore di Dio
ai confini del mondo... Ogni sera, i padri riunivano i bambini vicino
a una grande croce, piantata nel cortile della missione, come per
simboleggiare il cuore e il centro del villaggio; noi potevamo
vederla da lontano; dava l'orientamento a tutta la nostra vita! È
stato intorno a quella croce che è maturata tutta la nostra
educazione umana e spirituale. Ci parlavano della Bibbia o della
storia della Chiesa. Noi bambini facevamo molte domande e gli
spiritani ricordavano le loro missioni in altri paesi. Al cadere
della notte, cantavamo le preghiere della sera, allora ci benedivano
e noi ritornavamo alle nostre case. Lei potrebbe pensare che io
descriva un mondo idilliaco, eppure era la realtà".
Robert
entrava in chiesa non solo per fare il chierichetto, ma anche durante
le ore di preghiera dei missionari. "Quante volte sono stato
afferrato nel profondo dal silenzio che regnava nella chiesa durante
la preghiera dei padri! Mi chiedevo che cosa facessero in ginocchio o
seduti nella penombra, perché non dicevano nulla. Però avevano
l'aria di ascoltare e di conversare con qualcuno. Sono stato
realmente affascinato dall'atmosfera di pace".
Quello
che, con il loro esempio, i missionari avevano dato al piccolo
Robert, tanti anni più tardi lui lo poté ridonare, quando dopo il
terribile terremoto del 2011 andò in Giappone a nome di Papa
Benedetto XVI. Scosso, di fronte alla popolazione sofferente, che più
che aiuto materiale aveva bisogno della speranza per andare avanti,
il Cardinal Sarah pregò a lungo pubblicamente in silenzio perché
consapevole che in quella situazione solo Dio poteva aiutare. Due
mesi più tardi ricevette una lettera da una giovane buddista, dove
era scritto: "In seguito al terribile tsunami in cui abbiamo
perduto molti membri della nostra famiglia e quasi tutti i nostri
beni, volevo suicidarmi. Ma vedendola pregare per i sopravvissuti e
per i morti, dopo ho ritrovato la pace e la serenità... Grazie a lei
ho compreso e ora so che malgrado questo disastro, qualcuno ci ama,
vive al mio fianco e partecipa alle nostre sofferenze. Questo
qualcuno è Dio".
Sacerdote-Vescovo-Cardinale
Fu
uno dei missionari, p. Braquemond, a chiedere a Robert di 11 anni se
non volesse diventare sacerdote. Pieno di gioia e spontaneamente il
ragazzo disse di sì. Quando però raccontò ai genitori i suoi
piani, venne deriso perché all'epoca nessuno degli abitanti del
villaggio riusciva ad immaginare che un nero potesse diventare
sacerdote. Solo quando lo stesso missionario ne parlò con loro, i
due acconsentirono a mandare il loro unico figlio in Costa d'Avorio
per la formazione nel locale seminario. Fu un passo da gigante, non
solo per i genitori, ma soprattutto per Robert, che non aveva mai
lasciato il suo piccolo villaggio. Durante gli anni della formazione
rimase personalmente segnato dall'esempio, dalle qualità umane e
dall'intensa vita interiore di diversi sacerdoti.
"Un
seminarista è prima di tutto l'opera dei sacerdoti che l'hanno
accompagnato. Ho avuto la possibilità di poter contare su padri
spirituali di grande qualità, ... che insistevano molto
sull'importanza della vita interiore". Grazie a questa
formazione, nel corso della sua vita, Robert poté superare immense
sfide e difficoltà, diventando lui stesso un esempio e un mediatore
di grazia per tanti. Dopo l'ordinazione sacerdotale, studiò a Roma,
dove l'esperienza della Chiesa universale lo arricchì molto. Tornato
in patria, gli fu affidata una parrocchia. Qui si accorse presto che
ogni suo passo era sorvegliato dai comunisti. A causa della sua
coraggiosa testimonianza cristiana, il suo vescovo, mons. Tchidimbo,
si trovava già in prigione. Per liberarlo e farlo finalmente uscire
dal paese, ci voleva un successore. Papa Paolo VI scelse Robert che
non aveva neanche 33 anni. Si trattava di un'eredità molto
difficile. "Dopo centinaia di ore di preghiera, sono giunto
alla conclusione che il peggio che poteva accadermi era di morire.
... Cosa posso sperare di meglio di una morte per Dio e la difesa
della verità, per la dignità della persona umana e la libertà di
coscienza! Dovevo parlare, anche se questo significava mettere in
gioco la mia esistenza".
Il
dittatore Sékou Touré faceva controllare ogni parola del nuovo
vescovo. Una cosa in particolare non riusciva a perdonargli, che
mons. Sarah annunciasse pubblicamente: "Il potere lo usano
solo coloro che non hanno la saggezza di condividerlo!". Per
questo Sékou Touré pianificò l'arresto e l'uccisione del vescovo
di soli 39 anni. Ma è Dio il Signore del tempo: sorprendentemente il
dittatore morì prima, il 26 marzo 1984!
La
resistenza contro il potere comunista però doveva andare avanti. Si
aggiunsero nuove battaglie interiori che prostrarono il giovane
vescovo, "rivelandomi in maniera sempre più evidente la mia
oggettiva incapacità a guidare la Chiesa di Conakry".
Ogni
due mesi iniziò a ritirarsi per tre giorni nel silenzio, in un
digiuno assoluto, senz'acqua né cibo. "L'Eucaristia era il
mio solo alimento e la mia sola compagnia. Questa vita di solitudine
e di preghiera mi permetteva di ritemprarmi e di riprendere il
combattimento".
Uscì
rinforzato da questa prova e divenne un testimone ancora più
infiammato della verità del vangelo.
Tanto
più difficile fu allora il congedo, quando Papa Giovanni Paolo II
chiamò l'arcivescovo a Roma. Anche qui Robert Sarah, ricevuta
giustamente la dignità di Cardinale, con la sua fedeltà alla
verità, seguendo sempre gli insegnamenti spirituali dei sacerdoti
che aveva conosciuto, è un faro e un pastore per innumerevoli
persone: "Ancora oggi, quando sono oggetto dei privilegi
dovuti alla mia funzione, mi sforzo di restare in unione con Dio
attraverso una profonda preghiera mentale. Se noi riferiamo tutto a
Dio, l'umiltà ci viene donata in sovrappiù. Nella mia vita, Dio ha
fatto tutto; da parte mia, non ho voluto far altro che pregare".
Fonte:
Cardinale Robert Sarah, Dio o niente, Edizioni Cantagalli 2015
Tratto
dalla rivista “Trionfo del Cuore” - Luglio/Agosto 2019
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