Cari lettori, in questo anno dedicato a san Giuseppe, Padre della Chiesa, desideriamo condividere con voi alcuni pensieri del nostro fondatore p. Paul Maria Sigl su questo grande santo. Perché, infatti, ogni cosa si può imparare da san Giuseppe!
Tutto quello che Giuseppe ha fatto per suo Figlio duemila anni fa, lo vuole fare oggi anche per te, anche per me, e per il Corpo Mistico di Cristo attraverso i millenni! Quando la sera, dalla finestra della sua cella, Padre Pio dava la benedizione ai suoi figli spirituali, diceva: "Io porto ... sulle mie spalle il peso del mondo".
Ma ciò che era vero per P. Pio, riguardo ai suoi milioni di figli spirituali, è ancora più vero per san Giuseppe, il padre di quella Chiesa che un giorno abbraccerà tutti i popoli. Nel Vangelo non ci viene tramandata una sola parola di san Giuseppe. È il "grande silenzioso", e forse proprio per questo è in secondo piano nella Chiesa. Infatti, a prima vista, non è così facile riconoscere la vera grandezza e bellezza della vocazione di san Giuseppe, perché egli si distingue soprattutto per virtù che non saltano all'occhio e contano poco: modestia, obbedienza, lavoro poco appariscente, servizio nascosto, e tutto questo nel silenzio e nella preghiera.
Giuseppe è più un uomo d'azione che un uomo di parole. Le sue azioni parlano un linguaggio più chiaro di quanto possano fare le parole! Dio fece di quest'uomo tranquillo un capolavoro di paternità, perché Giuseppe ebbe la chiamata unica ad essere padre di Gesù, il Figlio di Dio, cioè, potremmo dire, a rappresentare qui sulla terra il Padre Divino. Per questo scopo, però, Dio dovette dargli un cuore immensamente grande che, come nessun altro, portava in sé l'amore paterno di Dio. Che chiamata incomparabilmente alta! In Cielo re, apostoli e papi lo guardano con meraviglia!
Silenzio, preghiera e fiducia nel dolore
Fin dal suo fidanzamento con Maria, Giuseppe dovette imparare dolorosamente che in questo mondo non c'è amore senza sofferenza. Il Vangelo ci dice: "Prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo". C'è qualcosa di più doloroso per un uomo vicino alle nozze di scoprire che la sua promessa ama un altro e aspetta un figlio da lui? In quei momenti nessuno fu in grado di aiutare Giuseppe, nessuno poteva dargli chiarezza. Maria custodiva in silenzio il segreto divino, aspettando ogni aiuto solo da Dio. E lo stesso fece Giuseppe. In una situazione in cui chiunque altro avrebbe affrontato la sposa, Giuseppe si aspettò tutto da Dio. Da uomo fiducioso, andò oltre i suoi limiti e contò solo sull'onnipotenza di Dio. In questa situazione, umanamente senza speranza, soffrì in silenzio, pregando con fiducia, senza rimproverare nessuno! Quanto possiamo imparare da lui per i momenti difficili della vita matrimoniale, nei problemi con il partner!
Nel suo immenso dolore Giuseppe rimase sempre un uomo che amava e, in questo amore, decise di licenziare in segreto Maria per salvarla dalla condanna. Fu allora che gli venne data la soluzione divina che aveva sperato! "Gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: 'Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati'." (Mt 1,20-21) "Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù". (Mt 1,24-25) Che "lieto annuncio"! Che svolta felice! Nel vero senso della parola, una "carriera da sogno" per Giuseppe: diventare lo sposo dell'Immacolata e il padre verginale del Figlio Divino, che per tutta l'eternità, anche in Cielo, lo chiamerà "papà"!
Pronto a salvare!
Giuseppe dovette imparare anche a lasciarsi guidare da Dio. Appena ricevuta chiarezza io, quest'uomo obbediente divenne immediatamente attivo. Fu particolarmente vero quando si trattò di salvare Gesù da un pericolo mortale: "Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto". (Mt 2,14) Anche solo per questo atto coraggioso, per aver salvato la Sacra Famiglia, Giuseppe meriterebbe di essere invocato come patrono della Chiesa! Non è quindi solo il patrono dei morenti, ma, per incarico di Dio, è anche uno che salva.
La madre di santa Teresina di Lisieux poté fare questa esperienza. Infatti, poco dopo il battesimo della bambina, né lei né la balia riuscirono ad allattarla. La piccola Teresa stava per morire. La madre preoccupata scrisse a suo fratello: "Ho paura che abbia una malattia intestinale. Noto gli stessi segni preoccupanti degli altri miei figli che sono morti. Devo perdere anche questa bambina adesso? ". I medici erano d'accordo: solo l'allattamento naturale poteva ancora salvare questa vita. La piccola, tuttavia, non voleva mangiare nulla e la fine sembrava essere arrivata. La madre racconta: "Sono salita subito in camera mia, mi sono inginocchiata ai piedi di san Giuseppe e ho chiesto a lui la grazia della guarigione della piccola, rassegnandomi alla volontà di Dio, se l'avesse voluta a sé. Io non piango spesso, ma ho pianto pregando. Non sapevo se dovevo scendere... infine ho deciso. E cosa vedo? La bambina poppava di vero cuore e continuò fino all'una del pomeriggio. Poi vomitò e affondò come morta nelle braccia dell'infermiera. Cinque di noi le stavano intorno. Un operaio piangeva; ho sentito il mio sangue rapprendersi. La piccola non aveva un respiro visibile... ma giaceva così serenamente che ringraziai Dio per averla lasciata dormire così dolcemente. Un quarto d'ora dopo, il mio piccolo tesoro aprì improvvisamente gli occhi e cominciò a sorridere. Da quel momento la mia bambina è guarita completamente".
A Nazareth la vita della Sacra Famiglia era nascosta e poco appariscente, quasi insignificante. In quella casa non si dava importanza all'essere considerati dagli altri perché i tre sapevano che non sono le nostre grandi azioni a darci valore agli occhi di Dio. La nostra intenzione pura, l'amore con cui ci incontriamo e lavoriamo insieme nella vita quotidiana sono decisivi. In questo Dio si compiace! Questo è ciò che conta anche nella nostra vita cristiana! Per trent'anni Gesù ha condiviso la vita modesta dei suoi genitori diventando sempre più il loro maestro.
Una prima incredibile "lezione" ebbe luogo quando il dodicenne Gesù rimase nel Tempio di Gerusalemme senza aver detto nulla. Fu allora che la virtù preferita di Giuseppe, l'umile e silenziosa disponibilità a soffrire, brillò particolarmente. Come padre avrebbe dovuto almeno fare una domanda chiarificatrice in una situazione così dolorosa. Ma tacque con riverenza e lasciò la parola alla madre: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". "Perché mi avete cercato? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro". (Lc 2,48-49) "Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore". (Lc 2,51) Senza dubbio, mentre tornava a casa, anche Giuseppe meditò nella preghiera e nel silenzio del suo cuore la risposta di Gesù. Così facendo deve aver capito sempre più profondamente che la vita di Gesù era una vita interamente per il PADRE.
Quanto devono essere stati felici Maria e seppe di avere in Gesù il loro "Dio con loro"! Dalla notte di Betlemme, dove non possedevano nulla, nemmeno la stalla dove era nato, avevano Dio in persona in mezzo a loro, e con Lui avevano tutto! In questo senso, Giuseppe può anche essere preso come modello di adoratore. Egli ha adorato Dio per trent'anni nella sua casa, perché il vero Tempio non era a Gerusalemme, ma a Nazareth. E Giuseppe viveva in quel Tempio. Eppure non aveva davanti a sé uno splendente figlio di re, ma un ragazzo, un giovane che lo aiutava nella bottega, servendo in silenzio e in obbedienza. Per questo la carmelitana francese Margherita del Santissimo Sacramento ha detto: "Giuseppe ha dovuto credere che il Bambino Gesù era Dio, più di quanto dobbiamo credere noi quando teniamo la Santa Eucaristia nelle nostre mani".
L'officina di Giuseppe è stata davvero l'unica al mondo dove Dio stesso ha lavorato con cura e con amore. Guardando suo figlio, Giuseppe ha imparato a fare tutto per amore di Dio, per Dio e con la forza di Dio. Qui sta il valore più profondo del lavoro! E solo così il lavoro diventa preghiera. Questa è in realtà la ragione più profonda per cui san Giuseppe è il santo patrono dei lavoratori. Anche la nostra "meritocrazia", stressata e piena di competizione, dovrebbe imparare da questo! Le nuove tecnologie, le auto controllate dai computer, la perfezione, la pubblicità, il lavoro razionale, i grandi ordini... tutto questo è buono e anche necessario, ma alla fine non decisivo. Tutto dovrebbe essere fatto solo per amore di Dio. Quanto lo abbiamo dimenticato anche noi cristiani! Per questo il grande missionario, il padre gesuita Giovanni Battista Reuss, insegnava ai bambini a interrompere di tanto in tanto la lezione per rinnovare il loro orientamento verso Dio: "Tutto per amor tuo, Gesù! Tutto per Te!" .
Tratto dalla rivista “Trionfo del Cuore” – Marzo Aprile 2021 – Opera di Gesù Sommo Sacerdote” – Sito https://www.familiemariens.info/html/it/index.html
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