«Una
chiesa è l’unica cosa degna di rappresentare il sentire di un
popolo, poiché la religione è la cosa più elevata nell’uomo»,
pensava Antoni Gaudí, l’architetto della basilica della Sagrada
Familia di Barcellona (Spagna). In occasione della dedicazione di
questo monumento, il 7 novembre 2010, papa Benedetto XVI faceva
notare: «In un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la
sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più niente da
dirgli, la consacrazione di questa chiesa della “Sagrada Familia”
è un avvenimento di grande significato. Gaudí, con la sua opera, ci
mostra che Dio è la vera misura dell’uomo, che il segreto della
vera originalità consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine
che è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio,
è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di
fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con Colui che
è la verità e la bellezza stessa.»
Antoni
Gaudí è nato il 25 giugno 1852 a Reus (Provincia di Tarragona,
Spagna), quinto figlio di Francesco Gaudí Serra e di Antonietta
Cornet Bertran. Avrà il dolore di perdere prematuramente tutti i
suoi fratelli e le sue sorelle. Il succedersi di questi lutti spiega
probabilmente l’impronta di gravità propria del temperamento di
Gaudí. Dal lato paterno, Antoni discende da un’antica famiglia di
artigiani calderai. Vedere nella bottega paterna la lavorazione del
rame dà al giovane Antoni l’abitudine di “pensare in tre
dimensioni”. Fin dalla sua infanzia, Antoni soffre di reumatismi
che non lo abbandoneranno mai. Questo male lo costringe a rimanere
per lunghi periodi nella solitudine di una piccola proprietà di
famiglia, a Riudoms, vicino a Reus. Qui, i suoi occhi captano la luce
mediterranea e le più pure immagini delle rocce, delle piante e
degli animali; egli ammirerà sempre la natura come una maestra
meravigliosa. A scuola, Antoni non è un allievo particolarmente
brillante, ma riceve una solida formazione spirituale presso i
religiosi di san Giuseppe Calasanzio.
L’unico
obiettivo
Durante
l’anno scolastico 1868-69, il giovane si sta- bilisce a
Barcellona per seguire i corsi della Scuola Tecnica Superiore di
Architettura. Si paga gli studi lavorando per conto di ingegneri e
architetti rinomati. Frequenta, inoltre, le lezioni di Filosofia, di
Estetica e di Storia presso l’Università, e s’interessa al mondo
della cultura. A suo parere, l’arte deve cercare la propria
ispirazione nelle leggi e nei modelli osservati nella natura, l’opera
del Creatore, in cui risplendono la Verità e la Bellezza. Questa
ricerca della bellezza diventa l’unico obiettivo della sua vita.
Nel 1878, consegue la laurea in architettura.
Mentre
lavora alla costruzione di una cooperativa, incontra una maestra che
insegna ai figli degli operai. Trascorrono molto tempo
intrattenendosi insieme. Dopo aver a lungo esitato, Antoni si decide
a parlarle di fidanzamento, ma la ragazza gli confessa con rammarico
che è già fidanzata. Il giovane decide allora di darsi anima e
corpo al Signore, rimanendo celibe nel mondo. Curerà suo padre
durante la sua lunga vecchiaia e anche una nipote orfana e malata.
Antoni
progetta, per conto di un fabbricante di guanti di lusso, una vetrina
originale destinata all’Espo-sizione internazionale di Parigi
(1878). Quando il conte di Güell, uomo di vasta cultura e uno dei
più facoltosi di Barcellona, viene a sapere che questo capolavoro è
stato ideato nella sua città, s’informa sull’identità del suo
autore. Nasce allora tra i due uomini un’amicizia indefettibile.
Senza indugio, il conte incarica l’artista della progettazione di
una serie di mobili, poi di numerose costruzioni, tra cui quella
dello straordinario parco Güell. Antoni diventa così l’amico
intimo di mons. Torras i Bagès, vescovo di Vic, di cui è ora in
corso la causa di beatificazione, dei vescovi di Maiorca e di
Astorga, nonché di molti preti. Grazie all’amicizia di questi
ecclesiastici, comprende in profondità lo spirito della liturgia e
della dottrina sociale della Chiesa. Fin dalla sua giovinezza, Gaudí
si è mostrato sensibile ai problemi sociali della sua epoca, in
particolare alle condizioni di vita degli operai. Ben presto, si
rende conto che le profonde contraddizioni sociali del suo tempo non
possono trovare una soluzione nelle utopie materialiste, ma solo
nell’applicazione della dottrina sociale cristiana.
Gaudí
non ha pubblicato nessun libro. Ha tuttavia lasciato molti appunti
consacrati ai lavori di architettura e arredamento. Si può dire,
però, che sia stato uno dei migliori scrittori della storia, non
sulla carta, ma sulla pietra. Non tiene neppure conferenze, ma
commenterà molte volte il suo tempio della Sagrada Familia ai
visitatori; e comunicherà ai suoi collaboratori e discepoli
riflessioni impregnate di saggezza umana e cristiana. Appassionato di
estetica, esplora l’enigma della bellezza e comprende che è a
causa del Bello (cioè Dio stesso) che le cose belle sono belle.
Questo è il pensiero di Gaudí: «la bellezza è lo splendore della
verità; senza verità, non c’è arte. Lo splendore attrae tutti,
per questo l’arte è universale.»
Nell’omelia
del 7 novembre 2010, papa Bene-detto XVI osservava: «In realtà,
la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla
quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra
speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui,
l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa
dall’egoismo.»
Il
risveglio dei cuori
L’Ottocento
è, per la Spagna, un secolo di profondi sconvolgimenti
sociali. Imperversa una febbre anticlericale e la Chiesa è
perseguitata. Josep Bocabella, un libraio molto devoto a san
Giuseppe, riceve l’ispirazione di innalzare un Tempio consacrato
alla Sacra Famiglia di Nazareth. In espiazione dei peccati degli
uomini del suo secolo, egli desidera dare una forte testimonianza di
amore per Dio e per il suo Figlio incarnato, Gesù. Lancia una
sottoscrizione; molti cristiani aderiscono al suo progetto «perché
si risvegli la tiepidezza dei cuori addormentati, si risollevi la
Fede, si riscaldi la Carità e così il Signore abbia pietà del
paese». I lavori iniziano senza indugio, ma ben presto sorge un
grave dissenso tra Bocabella e il suo architetto; quest’ultimo
abbandona il progetto. Una notte, la zia di Bocabella fa un sogno: ha
visto l’architetto che farà sorgere dalla terra la Sagrada
Familia; è un giovane con gli occhi azzurri... Senza dare importanza
a questo sogno, Josep si reca presso uno studio di architetti.
Aprendo la porta, si trova faccia a faccia con un giovane i cui occhi
azzurri lo fanno trasalire. In Catalogna, infatti, gli occhi azzurri
sono rari. Questo giovane architetto si chiama Gaudì. I progetti di
Bocabella vanno piuttosto nel senso di un classicismo rigoroso, ma si
adegua senza esitazione alle vedute più elevate di Gaudí.
Convinto
che, senza sacrificio, sia impossibile far avanzare un cantiere,
Antoni Gaudí abbandona la vita facile di cui ha goduto come giovane
architetto di grande prestigio; intensifica la sua preghiera e si
dedica a un’ascesi molto esigente. «Questo Tempio è un tempio
espiatorio, spiega. Questo significa che si nutre di sacrifici.»
Durante la Quaresima dell’anno 1894, digiuna in modo così severo
che le sue privazioni lo conducono sulle soglie della morte. Deve
essere il suo amico, mons. Torras i Bagès, a intervenire per
convincerlo a prendere un po’ di cibo. «La vita è amore e l’amore
è sacrificio, sottolineerà Antoni. Se si osserva che una casa
mostra della vitalità, è perché vi è qualcuno che si sacrifica.
Questo qualcuno è talvolta un servitore, una serva...» Il grande
amore di Dio e del prossimo che anima Antoni ha le sue radici
nell’amore della Croce. Egli stesso corona i suoi lavori, religiosi
o profani, con una croce a quattro bracci, che porta spesso la sigla
della Sacra Famiglia: “JMJ” (Gesù, Maria, Giuseppe).
Tutti
hanno un posto
Gaudí
progetta il tempio della Sagrada Familia come una sintesi della
dottrina cattolica. Vi saranno rappresentati la Creazione del mondo,
il lavoro dell’uomo sulla terra, il passaggio dal regno delle
tenebre al Regno della Luce, i misteri della vita di Cristo, i sette
sacramenti, i sette doni dello Spirito Santo, le Beatitudini, la
morte, il Purgatorio, il Giudizio universale, l’Inferno, e il
Paradiso... Questa “cattedrale” di circa cento metri di lunghezza
sarà costruita su una pianta a croce latina, comprendente cinque
navate e tre facciate. Le navate saranno separate le une dalle altre
da colonne inclinate che formano un arco parabolico. Tutti i supporti
convergeranno verso il centro per dare stabilità all’edificio.
Gaudí ha progettato questa tecnica innovativa affinché le diciotto
torri previste, di un’altezza di circa centodieci metri, possano
resistere sia a venti tempestosi che ai movimenti tellurici. L’opera
di Gaudí sarà aperta a tutti: «Il portale deve essere abbastanza
grande, spiega, non per l’uomo singolo, ma per tutta l’umanità,
perché tutti hanno un posto in seno al loro Creatore.»
«Gaudí,
osserva Benedetto XVI, volle unire l’ispirazione che gli veniva dai
tre grandi libri dei quali si nutriva come uomo, come credente e come
architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e
il libro della Liturgia. Così unì la realtà del mondo e la storia
della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella
Liturgia. Introdusse dentro l’edificio sacro pietre, alberi e vita
umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lode divina,
ma, allo stesso tempo, portò fuori i “retabli” (le pale
d’altare), per porre davanti agli uomini il mistero di Dio rivelato
nella nascita, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. In
questo modo, collaborò in maniera geniale all’edificazione di una
coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a Dio, illuminata e
santificata da Cristo.»
Nell’enorme
cantiere di costruzione della Sagrada Familia, Gaudí instaura una
meravigliosa fraternità. La previdenza sociale non esiste ancora, e
gli operai lavorano fino alla fine della loro vita. Nella sua
preveggenza, l’architetto instaura un sistema di mutuo soccorso che
consiste nel prelevare una piccola parte del salario di ciascuno per
pagare quello dell’operaio che si ammala. Gli operai lo amano così
tanto che, parlando di lui, lo chiamano “Padre”; Gaudí non lo
saprà mai. La sua bontà è proverbiale. Un giorno, uno scultore si
presenta al cantiere dopo una notte bianca. L’architetto gli dice:
«Quando il corpo ne ha bisogno, la prima cosa da fare è riposarlo.
– Sì, risponde lo scultore, lo farò arrivando a casa. – No,
bisogna farlo ora». E lo scultore deve ubbidire. La bontà di
questo padre si allea, tuttavia, a un senso molto acuto della
giustizia. Uno dei suoi clienti non vuole pagargli gli arretrati del
suo onorario. Gaudí ricorre senza esitazioni ai tribunali e, vinto
il processo, dona il denaro a una comunità di religiose. In
collaborazione con il parroco della parrocchia, progetta e finanzia
con i propri risparmi la costruzione di una scuola per i figli dei
muratori e quelli delle famiglie più umili del quartiere. «I
poveri, diceva, devono sempre trovare accoglienza nella Chiesa, che è
la carità cristiana.»
Ma
Gaudí ha talvolta degli accessi di cattivo carattere che si
traducono in parole taglienti. «Con il temperamento che ho,
dichiara, non ho altra soluzione se non dire le cose così come le
vedo. Certo, le persone ne soffrono...» Aggiungerà: «La mia forza
di volontà mi ha fatto superare tutti gli ostacoli, ma non è
riuscita in un’unica cosa: la riforma del mio temperamento.»
Questo non gli impedisce di essere gioioso e di amare gli scherzi.
Accanto
a lui
Un
giorno, durante una visita in ospedale, Gaudí, accompagnato da
uno scultore, viene introdotto da una suora presso un povero
moribondo che non ha famiglia. I due uomini rimangono accanto al
malato, bisbigliandogli nell’orecchio preghiere fino a che renda
molto tranquillamente il suo ultimo respiro. «La devozione di questo
moribondo, dirà l’architetto, mi ha suggerito il pensiero che la
Sacra Famiglia era accanto a lui. Ho l’idea che noi potremmo
rappresentare la scena nel chiostro del Tempio.» Sul posto, disegna
lo schizzo: il Bambino Gesù in braccio a sua Madre si china
sorridendo ad accarezzare il morente, e san Giuseppe ai piedi del
letto contempla la scena.
Gaudí
fa ricorso alle capacità di ciascuno: «Il lavoro è il frutto della
collaborazione, e questa può essere costruita solo sull’amore.
L’architetto deve utilizzare tutto quello che i suoi collaboratori
sanno e possono fare. Occorre valorizzare la qualità specifica di
ciascuno. Bisogna integrare, sommare tutti gli sforzi e sostenerli
quando vengono a scoraggiarsi. È così che si lavora con gioia e con
quella convinzione che sgorga dalla piena fiducia suscitata
dall’organizzatore. Bisogna sapere che non ci sono persone inutili.
Tutti sono utili secondo le loro proprie capacità. Basta scoprire
quelle di ognuno.» Nei suoi edifici, Gaudí si diletta anche a
inserire rottami, residui di fucine, cose che sembrerebbero inutili.
Coltiva, d’altra parte, l’amore del lavoro ben fatto e ricerca la
perfezione: «Di solito le persone, quando fanno qualche cosa, e il
lavoro è già soddisfacente, rinunciano a progredire e si
accontentano del risultato conseguito; è un errore: quando un’opera
è sulla via della perfezione, la si deve ritoccare finché sia
perfetta.» Egli spiega, in base alla sua esperienza personale, che è
raro ottenere al primo colpo un risultato felice. Per questo, quando
gli si vogliono imporre delle scadenze, risponde: «Il mio cliente
non ha fretta»; in realtà, considera suo unico cliente il Signore
stesso. Tuttavia, se si accorge di un errore nell’esecuzione del
lavoro dei suoi collaboratori, lo corregge con grande delicatezza,
dicendo, ad esempio: «Non ci siamo ben capiti, ci riproveremo.»
Un
gesto che costa
Dopo
la morte prematura della sua giovane nipote, nel 1912, e poi
quella di suo padre, Gaudí osserva: «Non ho più nulla. Ora posso
dedicarmi completamente al Tempio della Sagrada Familia.» Egli abita
da solo nella sua casa del Parc Güell, poi, nell’ottobre 1925, si
trasferisce a risiedere nel cantiere della Sagrada Familia. Il suo
abbigliamento è povero; il suo vitto frugale consiste principalmente
di frutta secca e di latte di capra con limone. Versa tutto il suo
onorario all’opera della basilica. Quando si fa sentire la crisi
economica, va a mendicare per poter pagare gli operai; ma fare questo
gli costa molto. Un giorno, una povera donna gli dà una peseta,
infima somma, che egli va tutto contento a depositare nella cassetta
delle elemosine del Tempio. Un altro giorno, aspetta sotto un balcone
per ripararsi dalla pioggia; un passante lo prende per un vero
mendicante e gli fa l’elemosina di due peseta che seguono la stessa
strada. La povertà di Gaudí causa qualche equivoco nei suoi
riguardi. In occasione della visita della Sagrada Familia da parte
dell’Infanta Isabella, Gaudí si presenta sul posto e le guardie
reali, vedendo quest’uomo vestito così poveramente, lo scacciano.
I suoi collaboratori esclamano: «Ma, come sono stupide le guardie! –
No, replica Gaudí, sono alla loro postazione.» A volte viene preso
per il sagrestano, e dà umilmente gli orari delle celebrazioni. L’ex
presidente della Repubblica federale spagnola, Francesc Pi i Margall,
viene, un giorno, a visitare la Sagrada Familia. Scende fin nella
cripta che è già utilizzata per il culto, e Gaudí gli offre
gentilmente dell’acqua benedetta. Il signor Pi, un anticlericale,
fa finta di non aver visto, ma Gaudí insiste: «Signor Francesc, per
favore...» Ed ecco che Pi i Margall si sorprende egli stesso a fare,
davanti a tutti, un bel segno di croce.
Un
altro giorno, arriva il Rettore dell’Università di Salamanca,
Miguel de Unamuno, grande scrittore diventato agnostico angosciato.
Arrivato davanti alla facciata della Natività che prolifera di
simboli cristiani, lancia questa frase all’architetto: «Lei, un
uomo così intelligente, crede ancora a queste cose!» Gaudí non
reagisce. Poco dopo, si sente suonare l’Angelus: Gaudí interrompe
la conversazione, si toglie il cappello e, senza rispetto umano, si
mette a pregare con devozione; dopo di che, dice: «Laus Deo! Auguro
a tutti voi una buona notte!»
Un
visitatore dell’edificio, ammirando quella stessa facciata ornata
da una gran profusione di elementi naturali, esclama: «Ma è un
canto alla Natura! Sì, risponde Gaudí, ma dica piuttosto alla
Creazione!» Gaudí è molto criticato per gli ornati vegetali e
animali della sua opera. Si giustifica mostrando che tutte queste
piante e tutti questi animali sono rappresentati pieni di vita e di
movimento: la natura creata forma così la corte del suo Creatore.
Ogni
giorno, Antoni partecipa alla Messa e s’immerge nella lettura del
Vangelo in cui attinge l’ispirazione per realizzare i personaggi
che adornano la Sagrada Familia. Quando cita il Vangelo, tutti sono
colpiti, anche i non credenti. Per lui, «l’uomo senza religione è
un uomo mutilato. Per far bene le cose ci vuole prima di tutto
l’amore, solo dopo la tecnica.» Appassionato di canto gregoriano,
segue una formazione presso il Palazzo della Musica di Barcellona.
Quando gli viene chiesto il motivo del suo interesse, risponde:
«Vengo qui per imparare l’architettura!» I cori della Sagrada
Familia sono previsti per accogliere circa tremila cantori, perché
l’architetto è convinto che il futuro appartiene alla Chiesa. Egli
sa che tutte le saggezze, tutti gli sforzi dell’uomo per
avvicinarsi a Dio trovano il loro punto di arrivo in Cristo. La sua
architettura è una splendida testimonianza di questa convinzione:
vengono utilizzare reminiscenze di altre tradizioni o culture, come
il basamento che porta la croce. Quando egli guida i visitatori nel
cantiere dell’edificio, le sue spiegazioni costituiscono
un’eccellente esposizione della dottrina cristiana. Molte persone
di diverse religioni, in particolare del buddismo e dello scintoismo,
si sono convertite al cattolicesimo venendo a contatto con Gaudí o
con la sua opera.
Secondo
il suo desiderio
Il
7 giugno 1926, verso le 18, all’uscita dal cantiere, Gaudí
viene investito da un tram. Scambiato per un mendicante, viene
trasportato all’ospedale della Santa Croce, gestito da religiose al
servizio dei poveri. Vi riceve l’Estrema Unzione. Quando viene
riconosciuta la sua identità, le équipe mediche più competenti
offrono le loro cure; ma è troppo tardi. Il 10 giugno, Gaudí muore,
da povero, come l’aveva desiderato, dopo aver pronunciato queste
ultime parole: «Dio mio, Dio mio!» Il suo funerale è un grande
lutto pubblico, dove tutti si ritrovano gli uni accanto agli altri,
dalle autorità civili ed ecclesiastiche alle persone più semplici.
Egli viene sepolto nella cripta della “sua” chiesa, nella
Cappella della Madonna del Carmelo. Il suo processo di beatificazione
è in corso, e per sua intercessione sono state ricevute molte
grazie.
Gaudí
non pensava di concludere egli stesso il suo lavoro: «Non vorrei
terminare io la costruzione del Tempio. Questo non sarebbe
opportuno... Innalzare il Tempio è una preghiera nel tempo. Bisogna
lasciare alle generazioni future la possibilità di lodare Dio
costruendolo, e questo utilizzando altri stili.» E ripeteva spesso:
« È san Giuseppe che terminerà questo Tempio.» In effetti, la
Sagrada Familia, che papa Benedetto XVI ha elevato al rango di
basilica, è un edificio ancora incompiuto.
In
occasione della sua dedicazione, il Papa rilevava un aspetto
fondamentale di questa opera: «Gaudí realizzò ciò che oggi è uno
dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza
umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale
e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come
Bellezza.» E aggiungeva: «Abbiamo dedicato questo spazio sacro a
Dio, che si è rivelato e donato a noi in Cristo per essere
definitivamente “Dio con gli uomini”... La Chiesa non ha
consistenza da se stessa; è chiamata ad essere segno e strumento di
Cristo, in pura docilità alla sua autorità e in totale servizio al
suo mandato. L’unico Cristo fonda l’unica Chiesa; Egli è la
roccia sulla quale si fonda la nostra fede. Basati su questa fede,
cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto di Dio, che è Amore
ed è l’Unico che può rispondere all’anelito di pienezza
dell’uomo. Questo è il grande compito: mostrare a tutti che Dio è
Dio di pace e non di violenza, di libertà e non di costrizione, di
concordia e non di discordia.»
Che
Dio ci doni di essere, ognuno al nostro posto, artigiani di bellezza
e di pace, testimoni della Verità che è Cristo, per poter essere
chiamati figli di Dio!
Dom
Antoine Marie osb
"Lettera mensile dell'abbazia Saint-Joseph, F. 21150 Flavigny- Francia
(Website : www.clairval.com)"
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