Gv 15 , 12 - 17
Siamo durante l'ultima cena. Gesù,
sapendo che è giunta la sua ora, l'ora drammatica della massima
manifestazione del suo amore per il Padre e per gli uomini, sta
facendo ai suoi discepoli e al Padre suo un lungo discorso; discorso
che è preghiera nei confronti del Padre mentre per i discepoli sono
le ultime raccomandazioni, di qui l'atmosfera particolarmente solenne
della riunione.
È durante quest'ultima cena che Gesù
lascia ai suoi, un comandamento nuovo (Gv 13, 34), il suo
comandamento. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni
gli altri come io vi ho amati (Gv 15, 12). Questa è la legge del
Regno di Dio, questa è la legge che dobbiamo imparare a praticare se
vogliamo diventarne membri. Ma che cosa vuol dire amare e che cosa
vuol dire amare come Gesù ci ha amati? Proviamo con una definizione
scolastica dell'amore: amare è volere il bene di qualcuno. Questo
qualcuno può essere: noi stessi, gli altri, Dio. Noi e gli altri
abbiamo bisogno di tre tipi di beni: i beni esteriori, come la casa,
il lavoro, i campi; il bene del corpo che è essenzialmente una buona
salute; il bene dell'anima che è essenzialmente una buona salute
dell'anima. Dio non ha bisogno di nessun bene esterno, Lui stesso è
tutto il suo bene.
I beni esteriori sono ordinati al bene
del corpo, il bene del corpo è ordinato al bene dell'anima e il bene
dell'anima è nella conoscenza e nell'amore di Dio; si ha così che
in definitiva, se le cose funzionassero come dovrebbero funzionare,
tutto dovrebbe essere ordinato all'amore di Dio. Ma la rottura
dell'amicizia fra l'uomo e Dio ha introdotto nell'umanità un
disordine tale che non c'è più niente che funziona come dovrebbe
funzionare. Allora Dio, che non abbandona i suoi figli, ricorda agli
uomini i suoi comandamenti, che sono come dei punti di riferimento
dati all'uomo per aiutarlo a mettere ordine nella sua vita.
I due comandamenti fondamentali
Già Mosè, molto tempo prima di Gesù,
aveva manifestato al popolo di Israele i due comandamenti
fondamentali. Così infatti aveva insegnato Mosè: Ascolta
Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu
amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con
tutte le forze (Dt 6,4-5). E ancora: Amerai il tuo prossimo
come te stesso (Lv 19, 18). Gesù dirà poi che tutti i
comandamenti della legge Mosaica e la predicazione dei profeti,
dipendono da questi due comandamenti (Mt 22,40).
Ma ahimè, conoscere i comandamenti e
metterli in pratica sono due cose che non sempre coincidono, e ben lo
sanno coloro che cercano di fare quanto possono per comprenderli e
praticarli. Infatti, spesso vediamo ciò che è giusto e buono, ma
siamo incapaci di essere coerenti quando è il momento di passare
dalla teoria alla pratica. Proviamo a fare qualche esempio. Come
abbiamo detto, amare è volere il bene di qualcuno; come mai, allora,
capita che siamo presi dall'invidia e ci rattristiamo se vediamo
qualcuno gioire e godere per qualche bene che noi non abbiamo? Se
volessimo il bene per quella persona questo non dovrebbe succedere.
Oppure, tutti sappiamo che se si eccede con certi cibi o bevande
prima o poi la nostra salute ne risentirà, eppure, quando si
presenta l'occasione veniamo presi dalla gola e non sappiamo
mantenerci entro i limiti di una giusta misura.
Altro esempio. Sappiamo che dobbiamo
essere buoni e caritatevoli con tutti, ma quando ci troviamo di
fronte a certe persone o a certi modi, i nervi saltano, la carità va
a farsi benedire, il nervosismo e la scontrosità prevalgono. Ancora.
Nessuno è contento di venire giudicato o criticato con malevolenza
per quanto fa, eppure non risparmiamo critiche, giudizi e sentenze
impietose sul comportamento altrui e, in caso di comportamenti
errati, la tendenza è di sottolineare l'errore; il comandamento: non
fare a nessuno, ciò che non piace a te (Tb 4,15) rimane allora pura
teoria, figuriamoci la sua versione positiva che dice: tutto
quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro
(Mt 7,12).
Il pensiero di San Paolo
Così, le cose vanno in modo tale che
la legge, o i comandamenti, sembrano fatti apposta per evidenziare la
nostra incapacità di metterli in pratica. È quanto San Paolo
esplicitamente insegna nella lettera ai Romani: per mezzo della
legge (ossia dei comandamenti) si ha ... la conoscenza del peccato
(Rm 3, 20) e poco oltre ribadisce: la legge sopraggiunse a dare
piena coscienza della caduta (Rm 5, 20) e ad un certo punto della
sua lettera si lamenta amaramente scoprendo in sé l'incapacità di
mettere in pratica il bene che vorrebbe fare: Io non riesco a
capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io
faccio, ma quello che detesto ... c'è in me il desiderio del bene,
ma non la capacità di attuarlo; infatti non compio il bene che
voglio, ma il male che non voglio ... sono uno sventurato! Chi mi
libererà da questo corpo votato alla morte? (Rm 7, 15 ... 24).
Coloro che vogliono seguire Gesù
saranno condotti prima o poi a questa presa di coscienza. Pensate a
Pietro e agli apostoli: darò la mia vita per te dice Pietro a
Gesù, poi, nel corso di quella stessa notte Lo rinnega per tre
volte, ma anche gli altri non si comporteranno molto meglio, e questo
succede dopo che Lo avevano seguito per tre anni. È bene allora
sapere che chi segue Gesù non troverà affatto facile vivere secondo
la legge dell'amore e forse dopo anni ed anni di impegno leale,
scopre di non riuscire a progredire, anzi si farà sempre più netto
il contrasto fra la bontà di Gesù, le esigenze del suo amore e la
piccolezza e meschinità del proprio cuore. Accade con Gesù quello
che accadeva con la legge: come la legge dava piena coscienza della
caduta, così Gesù, l'Amore incarnato, Colui che pratica
perfettamente la legge dell'amore, mette in evidenza la distanza fra
l'ideale altissimo a cui vuole condurci, che è quello di amare come
Lui ama, e la nostra incapacità totale a raggiungere questo ideale.
Se uno ti percuote sulla guancia
destra tu porgigli anche l'altra (Mt 5,39), noi invece siamo
prontissimi a vendicarci delle minime offese; A chi ti vuol
chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il
mantello (Mt 5,40), e noi siamo così attaccati ai nostri averi
che spesso litighiamo per un pezzo di terra, un'eredità, un
avanzamento sociale, e a volte cerchiamo addirittura di impossessarci
di quanto non ci appartiene.
Amate i vostri nemici e pregate per
i vostri persecutori (Mt 5,44), noi invece, come Pietro, ci
dimentichiamo spesso e volentieri di questo comandamento, e come lui
vorremmo lanciarci a spada tratta a staccare orecchie e teste a
quanti ci fanno del male o fanno del male nella società o nella
Chiesa. Ma Gesù ammonisce Pietro: Rimetti la spada nel fodero,
perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada
(Mt 26,52). Eppure Pietro voleva compiere una buona azione, voleva
impedire la cattura di Gesù, ma evidentemente non si stava
comportando secondo lo stile che Gesù aveva insegnato.
Colui che vorrà diventare grande
tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo
fra voi, si farà vostro schiavo; ... Come il Figlio dell'Uomo, che
non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita
in riscatto per molti (Mt 20, 26-28), noi invece, siamo in genere
più pronti a farci servire che a servire. Allora, che cosa si
nasconde dietro questo stato di cose?
La lezione di Santa Teresa di Gesù
Bambino
Dietro questo stato di cose si nasconde
uno degli aspetti geniali del cristianesimo e per scoprirlo
ascoltiamo la lezione di una giovane carmelitana, una che ha compreso
a fondo i segreti del cuore di Dio, Santa Teresa di Gesù Bambino.
Quando il Signore aveva comandato al
suo popolo di amare il prossimo come se stesso, non era venuto ancora
sulla terra; così, sapendo bene a qual punto si ami la propria
persona, non poteva chiedere alle sue creature un amore più grande
per il prossimo. Ma quando Gesù dà ai suoi discepoli un
comandamento nuovo, il comandamento proprio suo, non parla di amare
il prossimo come se stessi, bensì di amarlo come Lui, Gesù, l'ha
amato, come l'amerà fino alla consumazione dei secoli. Signore, so
che voi non comandate alcunché d'impossibile, conoscete meglio di me
la mia debolezza, la mia imperfezione, voi sapete bene che mai potrei
amare le mie sorelle come le amate voi, se voi stesso, o mio Gesù,
non le amaste ancora in me. È perché voi volevate concedermi questa
grazia, che avete fatto un comandamento nuovo. Oh come l'amo, il
vostro comandamento, poiché mi dà la sicurezza che la volontà
vostra è di amare in me tutti coloro che voi mi comandate di amare.
Sì, lo sento, quando sono caritatevole è Gesù solo che agisce in
me, più sono unita con Lui, più amo anche tutte le mie sorelle
(MC, 290).
Teresa sa bene che mai potrebbe amare
le sue sorelle come Gesù le ama, perché amare come Gesù ama è
amare in maniera soprannaturale, è amare come Dio stesso ama, cosa
impossibile per degli esseri deboli ed imperfetti come siamo noi, ed
allora l'unica possibilità che il comandamento di Gesù non si
dimostri impossibile è che Lui stesso venga ad amare nel cuore della
sua creatura, così, più Lui riesce a prendere possesso del nostro
cuore più noi siamo capaci di amare, più sono unita con Lui, più
amo anche tutte le mie sorelle. Giunti a questo punto la domanda
che sorge spontanea è: quali sono le condizioni che rendono
possibile l'unione fra Dio e il cuore dell'uomo?
Il fine della vita cristiana
Intanto bisogna sapere che il fine
della vita cristiana è proprio l'unione fra Dio e l'uomo. Dice
infatti Gesù: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre
mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui
(Gv 14,23).
La stessa sera in cui dava il suo
comandamento, Gesù istituiva anche l'Eucaristia, il sacramento che
opera l'unione con Gesù ed è già nella fede unione con Gesù. Poi,
bisogna sapere che l'unione con Gesù è un lungo e misterioso
processo di purificazione del nostro cuore. Questo lungo e misterioso
processo dipende dalla nostra collaborazione alla grazia, dalla
nostra docilità alle iniziative amorose di Dio; il consenso a questo
processo viene manifestato o sottoscritto con l'osservanza della
parola di Gesù, la pratica fondamentale di questa parola è il
comandamento dell'amore reciproco, questo vi comando: amatevi gli
uni gli altri.
Questa volta, al versetto 17, non
aggiunge più come io vi ho amati, ed è come se dicesse:
l'ideale a cui voglio condurvi è di amare con la perfezione con
cui io stesso amo, per il momento non ne siete capaci, ma lo sarete
un giorno se avrete la pazienza e la perseveranza di seguirmi in
questo lungo cammino che conduce alla vita, quello che dovete fare
fin dall'inizio è di amarvi gli uni gli altri così come siete
capaci.
I maestri spirituali dividono questo
cammino in tre tappe. La prima è ovviamente la tappa dei
principianti, la seconda quella di chi ha fatto progressi, la terza
quella dei perfetti. Chi volesse sapere nel dettaglio cosa succede in
queste tre tappe troverà nelle opere di S. Teresa d'Avila, San
Giovanni della Croce, Santa Teresa di Gesù Bambino, una dottrina
sicura e abbondante.
Si va avanti o si torna indietro?
Una cosa molto importante succede a
quelli di mezzo, quelli che hanno fatto progressi; questi sono quelli
che dopo anni ed anni al seguito di Gesù invece di andare avanti
hanno l'impressione di tornare indietro, invece di diventare buoni,
hanno l'impressione di diventare cattivi, invece di diventare
sapienti hanno l'impressione di diventare ignoranti, invece di amare
Dio sembra loro di allontanarsi da Lui; evidentemente non è una
situazione molto piacevole. Constatare l'inefficacia e l'inutilità
di ogni nostro sforzo ci getta a terra. È a questo punto che si fa
strada in maniera evidente la tentazione dello scoraggiamento, il
rischio di fermarsi veramente e quindi di tornare indietro. Allora,
contro lo scoraggiamento, bisogna continuare a sperare accettando di
portare pazientemente la croce della nostra miseria, della nostra
impotenza e incapacità a far meglio, la croce delle nostre
imperfezioni, l'umiliazione di non riuscire a vincere certi difetti,
l'umiliazione di non riuscire ad amare Dio ed il prossimo come
vorremmo, l'incapacità di pregare come vorremmo, l'incapacità di
perdonare. Tuttavia, nonostante gli insuccessi, non dobbiamo
assolutamente rinunciare a ricominciare da capo ogni volta, come i
bambini che imparano a camminare: sempre traballano, sempre cadono,
sempre si rialzano, sempre ci riprovano.
In realtà, questa strada che sembra
tornare indietro ci conduce avanti; ci conduce avanti nella
conoscenza di noi stessi, ossia della nostra fragilità e della
nostra piccolezza, ci fa progredire nell'umiltà, nella prudenza nei
giudizi, nella comprensione per le debolezze ed i difetti altrui;
inoltre, la nostra speranza va a radicarsi sempre più sul soccorso
della grazia di Dio e sempre meno sulla nostra generosità, o sulla
nostra determinazione, o sulle nostre forze, o sulla nostra visione
delle cose; si impara così a diventare umili, docili e abbandonati
alle iniziative della Provvidenza. Tutte cose che preparano il
momento in cui Colui che ci ha scelti per farci diventare suoi amici,
e desidera la nostra santificazione molto più di quanto la
desideriamo noi, si unirà in maniera nuova e più profonda alla
nostra anima, così come dice il Signore: Se uno mi ama... noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14,23) e
ancora Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e
mi manifesterò a lui (Gv 14,21).
Allora incominceremo ad amare in modo
nuovo, incominceremo ad amare come Lui ama perché sarà Lui ad amare
in noi, allora ci sarà una confidenza tale fra Dio e l'anima che
tutto quello che chiederà al Padre nel nome di Gesù le sarà
concesso, e le cose che Gesù ode dal Padre suo le farà conoscere
all'anima e la nostra ignoranza verrà dissipata.
I santi ci dicono che l'unione fra
Dio e l'uomo è possibile
Dopo l'ascensione di Gesù e dopo
l'invio dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, queste cose
hanno incominciato ad accadere e continueranno ad accadere nella
Chiesa fino alla fine del mondo. Sentiamo così S. Paolo affermare:
Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20); a
proposito della preghiera nel nome di Gesù, vediamo Pietro dire ad
uno storpio che chiedeva la carità: Non possiedo né argento né
oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il
Nazareno, cammina! (At 3,5-6) e quello si è messo a camminare.
San Francesco chiedeva agli uccelli di
fare silenzio, e questi ubbidivano, quando lui doveva predicare.
Santa Rita da Cascia, ammalata, in pieno inverno, ad una donna del
suo paese che era venuta a visitarla in convento, chiede che le venga
portata una rosa del suo orto, la visitatrice stupita pensa che Rita
sia agli estremi e stia vaneggiando, ma la sua sorpresa fu grande
quando passando presso l'orto di Rita vede splendere una rosa su un
cespuglio raggrinzito per il gelo. Rita, quando ricevette il dono,
ringraziò Dio per essere stato così buono con lei.
Più vicino a noi, Santa Teresa di Gesù
bambino per il giorno della sua vestizione religiosa avrebbe
desiderato la neve: perché anche la natura si vestisse come lei
di bianco. Purtroppo, nonostante fosse gennaio, la temperatura
era troppo mite e più che neve prometteva pioggia, ma
sorprendentemente al rientrato in clausura dopo la funzione, vede il
cortile imbiancato di neve; commenterà poi l'episodio con queste
parole: che delicatezza di Gesù! Prevedendo i desideri della sua
piccola fidanzata, le regalava la neve... Della neve! Qual è dunque
l'uomo, potente quanto si voglia, che riesca a far cadere dal cielo
la neve per far piacere alla sua amata? (MA 204).
Ciò che importa in questi episodi, non
sono tanto i fatti esteriori, quanto il grado di unione con Dio che
questi fatti rivelano. Qualcuno potrebbe dire: ma questi erano dei
santi ed io non ho mai desiderato diventare santo. E diventare
felice non l'hai mai desiderato? Il desiderio della santità e il
desiderio della felicità sono la stessa cosa. L'aveva capito bene
Léon Bloy che affermava: c'è una sola tristezza al mondo, quella
di non essere santi. E Madre Teresa insiste: la santità non è
un lusso per qualcuno, ma una necessità per tutti.
Ancora una lezione di Sana Teresa di
Gesù Bambino
Se la parola santità ci spaventa un
po', lasciamoci spaventare dalla parola ma non dalla realtà che essa
esprime. Ancora Santa Teresa di Gesù Bambino ci aiuta ad aver
fiducia e a capire come stanno le cose proponendoci uno dei suoi
stratagemmi: Ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai
santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una
montagna la cui vetta si perde nei cieli, e il granello di sabbia
oscura calpestata sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi,
mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili,
perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità;
diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale
sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo
per andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola
via tutta nuova. Siamo in un secolo di invenzioni, non vale più la
pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li
sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per
innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la
dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi
l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto
queste parole pronunciate dalla Saggezza eterna: Se qualcuno è
piccolissimo, venga a me (Pr 9,4). Allora sono venuta, pensando di
aver trovato quello che cercavo, e per sapere, o mio Dio, quello che
voi fareste al piccolissimo che rispondesse al vostro appello, ho
continuato le mie ricerche, ed ecco ciò che ho trovato: Come una
madre carezza il suo bimbo, così vi consolerò, vi porterò sul mio
cuore, e vi terrò sulle mie ginocchia! (Is 66,13-12). Ah, mai
parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia,
l'ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le vostre braccia
Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna
che resti piccola, che lo divenga sempre più (MC 271).
Ecco ciò che accadrà a coloro che,
nonostante gli insuccessi, nonostante l'impressione di tornare
indietro, nonostante la tentazione di abbandonare l'impegno di
mettere in pratica il comandamento dell'amore avranno perseverato nel
loro tentativo. Gesù un giorno avrà pietà di loro, avrà pietà
degli sforzi che ai loro occhi sembrano vani e prendendoli fra le sue
braccia li ricompenserà, ossia darà loro il potere di amare Dio e
gli uomini come Lui stesso li ama perché avrà unito il suo cuore al
loro. Quando questo si realizzerà in tutti i salvati, la beatitudine
della vita eterna avrà raggiunto la sua perfezione.
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