Quando
il popolo vide che Gesù si ritirava, osservò — come dice san
Marco (6,33) — quale direzione prendeva, perché in barca si
allontanava verso il luogo deserto di Betsaida. La sua parola e il
suo divino aspetto erano così affascinanti e i miracoli che compiva
così grandi, che il popolo non seppe distaccarsene e —secondo san
Marco — corse e lo prevenne nel luogo dove supponeva che Egli
dovesse sbarcare. Viveva giorni di entusiasmo e di schietta fede,
perché la propaganda ostile degli scribi e dei farisei non lo aveva
ancora avvelenato. Sembra quasi di vederla questa folla devota,
entusiasmata dai discorsi di Gesù, correre in grande gioia e fare a
gara nel passo, superando le balze della strada montagnosa per
trovarsi nuovamente da Gesù. Era dimentica di tutto, l'attirava il
Signore ed essa correva, percorrendo un lungo cammino, senza pensare
che si allontanava di più dai centri da cui era venuta. Gli stessi
infermi si sforzavano di fare il cammino, sperando di ottenere la
guarigione.
Quando
Gesù vide quell'immensa moltitudine, nella quale solo gli uomini
erano circa cinquemila, ne fu commosso; l'accolse con infinita
amorevolezza, parlò del Regno di Dio e risanò tutti quelli che
avevano bisogno di cure. Si può rilevare dal contesto che mentre
Gesù parlava alle folle e guariva gli infermi, gli Apostoli
dovettero rifocillarsi. Essi, infatti si erano appartati per questo
dal popolo e, andando in un luogo deserto per rimanervi poi in
orazione, avevano dovuto portare con loro qualche provvista
abbondante. Il non aver altro che cinque pani e due pesci quando Gesù
disse che provvedessero al popolo; supporre che si fossero già
cibati. Forse proprio mentre mangiavano notarono che il giorno
declinava e che era necessario rimandare la folla perché avesse
cercato nei villaggi circostanti vitto e alloggio. È psicologico,
infatti, che uno noti per gli altri quello di cm si preoccupa per sé
e compatisca negli altri quello che egli soffre. Essi, stanchi dal
viaggio e bisognosi di cibo, nel sedersi su qualche poggio a
rifocillarsi ponderarono meglio che cosa significava essere stanchi e
digiuni e, accostatisi a Gesù, lo esortarono a licenziare la folla
perché si fosse provveduta, perché il giorno declinava e si stava
in luogo deserto. Gesù rispose alle loro insistenze dicendo che
dessero essi stessa da mangiare a quella gente. Ma non avevano che
cinque pani e due pesci e quel comando sembrò loro uno scherzo. Il
Redentore, invece, non parlava per modo di dire: esigeva veramente
che avessero provveduto al popolo facendo un atto di fede in Lui. Non
avevano già fatto miracoli in suo Nome? Non avevano sperimentato,
nella missione compiuta, quanto fosse stata feconda la loro fiducia?
Egli avrebbe voluto che il miracolo l'avessero fatto loro in suo
nome, perché avrebbe voluto accrescere il loro ascendente sul popolo
ai fini dell'apostolato. Ma non erano da tanto, e Gesù,
compatendoli, volle che almeno avessero avuto fiducia in Lui. e
ingiunse loro di far sedere la gente sul fieno a gruppi di cinquanta.
Fu
così che essi poterono contare approssimativamente quanti uomini
erano presenti, perché, raggruppandoli in cento comitive da
cinquanta persone, notarono che la maggioranza erano uomini, pur
essendovi parecchie donne e bambini. Gesù volle far constatare loro
la grandiosità del miracolo, per sanare la sfiducia che avevano
avuta in Lui, sia volendo far licenziare il popolo sia non avendo
fede di poterlo alimentare in suo nome. Quando furono tutti seduti,
il Redentore si fece portare i cinque pani e i due pesci, alzò gli
occhi al cielo per mostrare a tutti che pregava e li benedisse. Poi
cominciò a spezzare sia i pani che i pesci, ponendo le porzioni nei
panieri che gli Apostoli avevano portato con loro o che avevano
domandato in prestito da qualcuno che li aveva. Questa circostanza è
evidente dal contesto, sia perché la distribuzione fatta pezzo per
pezzo sarebbe stata lunghissima sia perché nel testo è detto
esplicitamente che furono raccolti gli avanzi in dodici panieri. Gesù
spezzava il pane e il pane cresceva di nuovo, di modo che da ogni
pane ricavò più di mille porzioni e da ogni pesce più di duemila e
cinquecento porzioni. Il pane veniva fresco e saporosissimo, poiché
Gesù, quando mutò l'acqua in vino a Cana di Galilea, somministrò
un vino di ottima qualità. Era secondo la sua infinita generosità
dare un cibo ottimo, come lo diede Dio nella manna del deserto agli
Ebrei che emigrarono dall'Egitto. Forse Gesù stesso, prendendo il
pezzo abbondante di pane, vi pose in mezzo la porzione di pesce.
Nelle sue mani onnipotenti il pane e il pesce erano quasi come
sementi vive che istantaneamente crescevano. Ciascuna particella,
obbedendo alla sua Volontà creatrice, diventava feconda di un'altra,
quasi, diremmo, come in natura si generano le cellule nuove per
gemmazione, e molto più velocemente di quello che non cresca in una
notte il gigantesco fungo equatoriale.
Data
l'enorme quantità del pane avanzato, si può supporre che Gesù
abbia fatto le porzioni uguali per tutti, e naturalmente le donne, i
bambini e chi aveva minore appetito ne mangiarono meno e ne
lasciarono una parte. Forse di un pane faceva due parti, perché,
dividendolo a metà, poteva essere spezzato più facilmente: una metà
la dava agli Apostoli con la metà di un pesce, e l'altra metà,
cresciuta nelle sue mani, la spezzava nuovamente in due; l'ultima
metà di ciascun pane e pesce la dava com'era. Se fosse così, ne
verrebbe che dieci porzioni di pane e quattro di pesce furono cavate
da ciò che avevano gli Apostoli, e furono naturali, e che le altre
furono miracolose. Dio, pur essendo generosissimo, non fa opere
superflue, e Gesù utilizzò certamente i pani e i pesci che aveva.
Il miracolo fu grandioso, ma fatto con tanta prontezza e naturalezza
che la gente e gli Apostoli stessi, in quello stesso momento, non lo
ponderarono. Il cibo miracoloso, poi, aveva con sé la grande
benedizione di Gesù e non poté non produrre anche nelle anime
qualche frutto spirituale, almeno in quelle meglio disposte. Certo,
in quel momento regnava in quel luogo una grande pace, e satana
doveva essere tanto lontano dall'insidiare quelle anime. Nel deserto
aveva preteso che Gesù oziosamente avesse mutato le pietre in pane;
in questo altro deserto avrebbe voluto mutare quel pane in pietre,
perché la sua invidia ringhia quando Dio ci benefica: ma
l'onnipotenza di Gesù Cristo lo confondeva e dovette preferire
inabissarsi nell'inferno. Gesù Cristo non volle operare il miracolo
senza la cooperazione degli Apostoli e, anziché far discendere il
pane dal cielo, moltiplicò quello che c'era. Diremmo quasi che ci
diede la proporzione della nostra cooperazione alla sua grazia: uno
per mille, ovvero uno per duemila e cinquecento. Pretendere che Egli
operi in noi senza il minimo della nostra cooperazione è unillusione
(64).
Egli
moltiplicò il pane e i pesci per il cibo corporale, ma si può dire
che prima aveva moltiplicato anche il pane spirituale, facendosi
ascoltare da tutta quella massa di gente. La sua voce si doveva
naturalmente disperdere in quel deserto, tanto più che il brusio
della moltitudine, provocato dai bambini e da altri, doveva
soffocarla; invece è evidente che l'ascoltarono tutti, altrimenti
non gli sarebbero andati dietro con tanta premura. Il popolo andò
per ascoltare la divina Parola, trascurando le sue necessità, e Gesù
vi provvide Egli stesso, mostrando così con i fatti che chi cerca il
Regno di Dio e la sua giustizia ha per sovrappiù, dalla Provvidenza,
le cose temporali.
Il
vivo Pan del Cielo
Gesù
Cristo, moltiplicando il pane e i pesci, simboleggiò una
moltiplicazione più bella, quella del Pane eucaristico, quella del
suo Corpo e del suo Sangue come sostegno nostro nel deserto della
vita. Nell'Ultima Cena, Egli operò come nel deserto: alzò gli occhi
al cielo, spezzò il pane, lo diede ai suoi Apostoli, moltiplicò in
essi la sua Presenza sacramentale, conferì loro il potere di dare
quel Pane di vita alle moltitudini sterminate delle cinque parti del
mondo in tutti i secoli. Ogni giorno noi assistiamo a questo miracolo
nella Santa Messa: Gesù ci parla dall'altare nel deserto della vita
attraverso le grandi voci della Liturgia; dopo averci parlato, ci fa
sedere alla sua mensa e ci nutre di sé. Non dovrebbe mai avanzare,
questo Cibo di vita, e le pissidi dovrebbero sempre vuotarsi. Certo,
se il popolo avesse capito appieno il miracolo che aveva avuto,
avrebbe lasciato dodici panieri di avanzi? Ognuno avrebbe portato con
sé, come preziosissima cosa, il pane miracoloso, per cibarsene
ancora. Rimangono piene le pissidi quando sono vuoti i cuori e quando
non si comprende l'immenso beneficio del Dono eucaristico. O caro
Gesù, non permettere che ti siamo ingrati; donaci una grande fame
del Pane di vita!
(64)
Bella considerazione, che rientra nel modo di fare del Signore [nde].
Sac.Dolindo
Ruotolo – Tratto dal libro “ I QUATTRO VANGELI” - da pag.1225 a
pag.1229 - Commento al Vangelo di San Luca
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