venerdì 1 maggio 2020

Devono vedere Gesù, non me! - Uno sguardo pieno di amore




Devono vedere Gesù, non me!

Nel 2004 "La Passione di Cristo", del regista americano Mel Gibson, è diventato uno dei film di maggior successo di tutti i tempi. I frutti spirituali che ha prodotto, le molte conversioni in tutto il mondo, trovano la loro origine soprattutto nella preghiera costante e nella vita profondamente sacramentale, durante le riprese, dell'interprete di Gesù, Jim Caviezel.

Nel 2001 Jim Caviezel, attore cattolico statunitense con radici irlandesi e svizzero slovacche, era considerato uno dei talenti più promettenti di Hollywood. L'attore di 32 anni si trovava in Irlanda per le riprese di un film, quando la moglie Kerri gli telefonò da Medjugorje, dove era andata per la prima volta. Kerri gli annunciava che il veggente Ivan Dragicevic sarebbe presto venuto in Irlanda. Jim ha poi raccontato: "Io la interruppi: “Guarda, ho un lavoro veramente duro da fare qui. Non posso perdere tempo con veggenti”.... Per me era chiaro che non avrei avuto proprio tempo dal momento che dovevo lavorare ininterrottamente. Poi però all'improvviso ebbi un giorno libero e andai a questo incontro di preghiera, perché mia moglie lo voleva assolutamente... Durante l'apparizione ero inginocchiato accanto ad Ivan e in cuor mio dissi: “Okay, Maria, eccomi sono qui ... se ci sei, fammelo sapere, ma è abbastanza difficile da credere... Tuttavia sono pronto. Fai di me quello che vuoi”. Improvvisamente sentii nella mia anima come se qualcuno mi stesse sorridendo e toccasse il mio cuore in un modo bellissimo, un pezzo di Cielo. Quando mi alzai, le lacrime mi scendevano sul volto. Ivan disse: “Jim, si trova sempre tempo per ciò che si ama. Il motivo per cui la gente non trova tempo per Dio, è perché non lo ama”. Questo mi colpì. Poi disse: “Dio ti invita a pregare con il cuore”. In quel momento nel mio intimo vennero aperte delle porte. Fu per me come l'inizio di una missione. Nella dolce luce dell'amore che sentivo in me, cominciai a riconoscere dove ero realmente, quanto fossi debole e quanto severamente giudicassi le persone...

Concluse le riprese, dissi a mia moglie: “Voglio andare subito a Medjugorje”. Sentii la mano della Madonna sulla mia carriera e sulla mia vita, sentivo che mi aspettava qualcosa di grande. Quattro giorni a Medjugorje furono il punto di svolta della mia vita. Da quel momento in poi volli solo una cosa: pregare! Perché quando pregavo sentivo la comunione con Dio e questa esperienza è continuata anche a casa nella mia famiglia.
Poi un giorno mi cercò Mel Gibson e iniziò subito a parlare di un film su Gesù. Gli chiesi: `Tu vuoi che io interpreti Gesù, non è vero? ' , ed egli rispose: 'Sì'. In seguito venni a sapere che Mel, nel suo cuore, sentiva già da 15 anni la chiamata di Dio a realizzare questo film sulla Passione di Cristo. Ma due giorni dopo il nostro colloquio, egli mi telefonò di nuovo e questa volta era per sconsigliarmi tutto: 'Se interpreti questo ruolo, forse non lavorerai più a Hollywood ed io non voglio essere responsabile della fine della tua carriera! ' . Mi sentii angosciato e tacqui. Poi improvvisamente fui pervaso da una grande pace e dissi delle parole che non erano mie: 'Mel, noi tutti siamo chiamati a portare la nostra croce. Se non prendi su di te la tua croce e non porti il suo peso, essa ti schiaccerà! '. E le riprese iniziarono. Avevo spesso dei dubbi, soprattutto se fossi degno di interpretare Gesù. Ma Ivan Dragicevic mi incoraggiò: 'Sai, Jim, Dio non sceglie sempre necessariamente i migliori'.
Senza Medjugorje, dove il mio cuore si era aperto alla preghiera e ai sacramenti, non avrei mai accettato il ruolo! Sapevo che dovevo essere vicinissimo a Gesù se volevo interpretarlo. Così per prepararmi utilizzai tutti i mezzi che Medjugorje mi aveva insegnato.
Mel Gibson ed io partecipavamo ogni giorno alla Santa Messa. Recitando continuamente il rosario mi fu chiaro che non potevo utilizzare brutte parole o essere sgarbato nei rapporti con le persone del team tutti attori fantastici. Partecipavo quotidianamente all'adorazione eucaristica e mi confessavo regolarmente, talvolta anche ogni giorno... Per tutto il tempo delle riprese mi mantenni in un profondo raccoglimento e in un'intima contemplazione, per rimanere 'nel mio ruolo'. Questo era importante perché sapevo che solo la preghiera, il digiuno e la presenza di Gesù Eucaristia in me avrebbero reso possibile agli spettatori di vedere Gesù in me ed io volevo questo più di ogni altra cosa. Solo in questo modo le persone avrebbero potuto sentire che dovevano prendere una decisione e convertirsi.
Quando girammo la scena dell'Ultima Cena, senti 'arte il desiderio di avere veramente Gesù presente e chiesi ad un sacerdote di esporre il Santissimo. Dapprima egli ebbe dei dubbi, però io lo pregai insistentemente perché ero convinto che se avessi fissato Gesù gli spettatori avrebbero riconosciuto Lui in me. Così il sacerdote rimase con la Santa Eucaristia in mano accanto al cameraman. Quando gli spettatori vedono la luce nei miei occhi non sanno che quello è il riflesso dell'Ostia nelle mie pupille e pertanto, in realtà, vedono Gesù!
Così è stato anche per la scena della crocifissione: il sacerdote era lì e teneva il Santissimo nelle sue mani, mentre io pregavo ininterrottamente. La sfida più grande del film non è stata per me, come pensavo all'inizio, imparare a memoria i testi in latino, aramaico ed ebraico, ma piuttosto le fatiche fisiche che ho dovuto affrontare ... Il film è veramente nato nel dolore, però in tutte le battaglie esteriori ed interiori ho spesso provato una grande pace nel cuore come nella scena in cui la Madonna mi incontra sulla Via Crucis.
La ripetemmo per quattro volte e continuavo a sentire che ero io, Jim, ad essere troppo in primo piano. Poi qualcuno urtò la croce e la mia spalla sinistra si slogò. Per l'improvviso, tremendo dolore persi l'equilibrio, mi rovesciai sotto il peso della croce e caddi con la faccia sulla terra impolverata. Mi uscì del sangue dal naso e dalla bocca. In quel momento dicevo alla Madre le parole: 'Vedi, io faccio nuove tutte le cose'. La spalla mi faceva indescrivibilmente male quando risollevai la croce e facendolo sentii quanto era preziosa! Avevo smesso di recitare ed era Gesù che diventava visibile, come risposta alle mie preghiere: 'Voglio che le persone vedano te, Gesù, non me! '.
La spalla lussata saltava fuori ogni volta che la croce sbatteva contro qualcosa. Durante la scena della flagellazione una sferza mi colpì per due volte così avevo sulla schiena una ferita lunga 14 centimetri. Un giorno, mentre giravamo la scena del Discorso della montagna, fui colpito da un fulmine. A tutto questo si deve aggiungere la mancanza di sonno: per mesi dovetti alzarmi ogni giorno alle tre di mattina perché il trucco durava otto ore. Alla fine del film, mentre ero appeso alla croce, dei miei precedenti 95 chili ne pesavo solo 76 e dovevo continuamente vomitare; per il clima freddo di quel periodo, appena sopra lo zero, ero sempre gelato, ebbi una polmonite ed entrambi i polmoni si riempirono così tanto di liquido che respiravo a fatica. Il mio corpo era livido, ma non per il trucco... Sì, il Signore mi stava facendo sentire una piccola parte dei dolori attraverso i quali Egli era passato. E Lui mi sorreggeva e sosteneva, fino a chiedermi: 'Quanto sei disposto ad andare avanti? Quanto dei miei dolori vuoi mostrare al mondo?'. Ed io rispondevo: 'Tutto'. ... Stavo così male che ormai sentivo a malapena dolore quando la mia spalla si slogava e poi ritornava a posto. Qualcosa al cuore non andava bene, tuttavia dissi: 'Continuo ... questa è una questione tra me e Dio'. E pensai: 'Sì, sono pronto... Dio. Adesso puoi venire a prendermi'. Terminate le riprese, dovetti essere operato al cuore.
La Passione di Cristo' è un film d'amore, certamente uno dei più grandi nel suo genere. Credo che proprio nel tempo di oggi Dio ci inviti a questo amore e noi dovremmo rispondere alla sua chiamata con tutto il nostro cuore e la nostra vita. Il film è un'opera di Maria per suo Figlio e poiché è una sua opera viene attaccato dal nemico. Totus tuus, Maria. A Lei sono totalmente consacrato, questa è l'essenza della mia fede. Il mio rapporto con Gesù ce l'ho grazie a Lei".

Uno sguardo pieno di amore

La conversione dell'attore italiano Pietro Sarubbi, Barabba nel film "La Passione di Cristo", dimostra in modo impressionante che talvolta basta lo sguardo silenzioso di una persona unita a Dio per cambiare completamente un'esistenza.

Dopo una vita irrequieta, piena di sogni e delusioni, Pietro Sarubbi, classe 1961, era riuscito a diventare un attore cinematografico e di teatro apprezzato in tutta Italia; non gli mancavano nemmeno delle esperienze internazionali. Però l'attore quarantenne, cattolico a malapena praticante, aveva alle spalle una crisi professionale quando, nell'estate del 2002, amareggiato e inquieto, ricevette un'offerta da sogno. Sarubbi racconta:
"Tutto ha avuto inizio in un giorno felice al mare, quando mi è arrivata una telefonata di Mel Gibson che mi convocava a Roma per il film: 'La Passione di Cristo'. Per il mio aspetto alto, robusto e sincero mi aspettavo il ruolo di un personaggio come Pietro, che compare in tutto il film. In fondo volevo guadagnare tanti soldi, essere famoso e andare sui giornali. Mel Gibson però mi propose la parte di Barabba e dal catechismo della Prima Comunione ricordavo che la storia di Barabba, questo ladro e assassino, era veramente breve. Accetto a malincuore. Poi leggendo il copione scopro che Barabba addirittura non parla, non dice assolutamente niente! Deluso ho assillato Mel: “Fammi dire qualcosa, magari a Pilato o a Caifa!” Ma niente! Mel Gibson mi ha rasserenato come un padre paziente, pronto a comprendere: Il tuo Barabba sarà per te e per il film più importante di un personaggio con tante battute in un altro qualsiasi film, fidati e vedrai!”.
Sul set si respirava una grande profondità e c'erano anche alcuni sacerdoti a disposizione degli attori, per eventuali colloqui su ciò che concerneva il loro ruolo. Per girare la mia scena dovevo truccarmi fin dalle quattro e mezza del mattino e durante le innumerevoli prove hanno iniziato a sanguinarmi i polsi a causa delle pesanti catene che mi erano state apposte. Un particolare che mi ha impressionato davvero sono state la capacità d'immedesimazione e la serietà di Jim Caviezel, l'interprete di Cristo: era lacero e sofferente, pregava molto. Non si risparmiava, tra una scena e l'altra non faceva pause, non usciva ed entrava dal personaggio come facevo io parlando con la gente, lamentandomi dei miei polsi feriti o bevendo un tè caldo. Jim Caviezel, il protagonista, avrebbe potuto pretendere ogni comfort e invece, stoicamente, stava lì fermo, immerso nel suo ruolo, scalzo e dolente, esposto all'umido freddo romano di gennaio. In modo spontaneo mi è stato d'esempio per entrare interiormente nel mio personaggio.
Di colpo ho superato il mio ostinato risentimento, volevo anch'io mettere in gioco il bene assopito in fondo al cuore per meglio interpretare questo mio Barabba".
La scena in cui Pilato fa condurre davanti agli ebrei Gesù e Barabba e il popolo sobillato chiede la liberazione di Barabba è stata girata per parecchi giorni. Giunge infine il momento in cui Pietro Sarubbi, alias Barabba, di fronte alla cinepresa in azione, incontra lo sguardo dell'interprete di Gesù, Jim Caviezel il cui occhio destro, con il trucco, era chiuso totalmente per i forti colpi ricevuti, così come si vede sulla Sindone di Torino. Sarubbi testimonia: "Gibson mi ha chiesto di non guardare Gesù fino a quando, alla fine della mia scena, libero dalle mie catene, avrei iniziato a scendere gli scalini del pretorio. Solo allora, io Barabba, avrei dovuto guardare questo 'povero sconosciuto scorticato' che doveva andare a morire al posto mio... Sceso uno scalino, sento come una leggera scossa mista a una sensazione di calore sulla spalla destra, mi sono voltato d'istinto e rimango sorpreso e spiazzato dallo sguardo dell'attore che interpreta Gesù. Mi aspettavo rabbia o recriminazione, ma nulla di tutto questo. Nell'enorme profondità di quello sguardo vedevo piuttosto mitezza, quasi una dolce accettazione e misericordia, un velo d'amore e di preoccupazione per me e la mia condizione di degrado e tutto insieme in un modo in cui non sono mai stato guardato in vita mia! É stata un'emozione forte, indescrivibile, che d'improvviso mi ha cambiato il cuore. Quel che spesso è stancante al cinema, fare e rifare tante volte la stessa scena, è stata un'opportunità per approfondire e accogliere profondamente questo sguardo, sempre forte. Lo sguardo di un attore. Ma dentro quello sguardo c'era Dio! Sì, in questo sguardo ho incontrato lo sguardo di Cristo. La mia domanda però è stata: come è possibile? Come è possibile che ci sia Cristo dentro gli occhi di un attore mentre giriamo un film?
Per dei mesi ho provato una fortissima inquietudine senza riuscire a parlarne con qualcuno, senza trovare nessuno con cui farlo. Sebbene avessi tantissimi amici e conoscenti, mi rendevo conto che ero solo. Neppure alla mia compagna o ai miei genitori me la sentivo di chiedere di questi occhi che di notte mi tenevano sveglio, che mi seguivano. La fortuna è stata che questo piccolo personaggio di Barabba, non so perché, ha interessato tantissimi giornalisti, venivano e facevano interviste lunghissime. Così un sacerdote, don Gabriele, ha letto un'intervista su un grande quotidiano, mi ha chiamato e mi ha detto: 'Mi interessa moltissimo la questione dello sguardo'. Io, disarmato, ho pensato: caspita, uno del settore che magari mi può aiutare a capire che cosa mi è successo! '. Incontro dopo incontro, io che sapevo poco della fede e non sapevo neanche pregare, ho iniziato a capire. E poi un giorno mi hanno regalato l'enciclica di Papa Benedetto XVI 'Deus caritas est'. In un viaggio lunghissimo in metropolitana ho iniziato a sfogliarla per passare il tempo. La prima frase che mi è capitata sotto gli occhi, aprendo a caso, è stata: 'Il Signore non è rimasto assente: sempre di nuovo ci viene incontro attraverso uomini nei quali Egli traspare'. Era la risposta a lungo agognata alla mia domanda: il Signore aveva davvero usato quegli occhi, quello sguardo come strumento per guardarmi! E questa è stata per me una cosa tanto grande che ancora oggi mi fa scoppiare il cuore di commozione, di imbarazzo...
E piano, piano la mia vita è cambiata completamente. Tante volte ho guardato 'La Passione di Cristo', che è diventato il mio catechismo. Soprattutto l'immagine dell'ultima Cena mi accompagnava e mi faceva pensare... Io a un certo punto di questo cammino mi sono trovato a vivere come una necessità, come un desiderio, l'emergenza dell'Eucarestia. Mi addolorava molto il fatto di dover rinunciare a questo perché vivevo con una donna con la quale non ero sposato. Questa attrazione fortissima mi ha portato poi a rivedere questa fede 'a modo mio', tutti i miei pensieri, tutti i miei punti di vista e così io e la mia compagna ci siamo sposati in chiesa. Da allora i miei figli hanno un papà un po' più tranquillo, un po' più dolce, un pochino più lieto. Facendo il mio lavoro di attore, ho deciso di cercare il modo di servire il Signore e la fede e questo mi dà una grandissima gioia".

Padre John Bartunek, dei Legionari di Cristo, ha seguito le riprese cinematografiche ed è stato spesso un punto di riferimento per colloqui spontanei sulla fede. In modo particolare lo ha impressionato la conversione dell'attore italiano Luca Lionello, che ha interpretato il traditore Giuda Iscariota. P. Bartunek ha dato questa testimonianza al riguardo: "Lionello ha iniziato le riprese del film come 'furente ateo' e non aveva scrupoli a dichiararlo apertamente. Alla prima lavorazione del film, ero seduto nello studio audio prima che lui risincronizzasse alcuni punti. Allora mi ha chiesto se potevo confessarlo. Evidentemente era stato completamente trasformato da tutto ciò che aveva vissuto, ha fatto battezzare i suoi figli, benedire il suo matrimonio ed è ritornato nella Chiesa". Jim Caviezel ha raccontato di un altro interprete, che durante la lavorazione è ritornato a Cristo, un musulmano: "Era uno dei soldati che mi percuotevano e si è convertito".

Pietro Sarubbi oggi comprende "che Barabba è il simbolo della nostra società sofferente e rappresenta l'uomo di cui Gesù prende il posto, caricandosi dei peccati dell'intera umanità".

Tratto dalla rivista “Trionfo del Cuore” . Marzo-Aprile 2020

 


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