Devono
vedere Gesù,
non me!
Nel
2004 "La Passione di Cristo", del regista americano Mel
Gibson, è diventato uno dei film di maggior successo di tutti i
tempi. I frutti spirituali che ha prodotto, le molte conversioni in
tutto il mondo, trovano la loro origine soprattutto nella preghiera
costante e nella vita profondamente sacramentale, durante le riprese,
dell'interprete di Gesù, Jim Caviezel.
Nel
2001 Jim Caviezel, attore cattolico statunitense con radici irlandesi
e svizzero slovacche, era considerato uno dei talenti più
promettenti di Hollywood. L'attore di 32 anni si trovava in Irlanda
per le riprese di un film, quando la moglie Kerri gli telefonò da
Medjugorje, dove era andata per la prima volta. Kerri gli annunciava
che il veggente Ivan Dragicevic sarebbe presto venuto in Irlanda. Jim
ha poi raccontato: "Io la interruppi: “Guarda, ho un lavoro
veramente duro da fare qui. Non posso perdere tempo con veggenti”....
Per me era chiaro che non avrei avuto proprio tempo dal momento che
dovevo lavorare ininterrottamente. Poi però all'improvviso ebbi un
giorno libero e andai a questo incontro di preghiera, perché mia
moglie lo voleva assolutamente... Durante l'apparizione ero
inginocchiato accanto ad Ivan e in cuor mio dissi: “Okay, Maria,
eccomi sono qui ... se ci sei, fammelo sapere, ma è abbastanza
difficile da credere... Tuttavia sono pronto. Fai di me quello che
vuoi”. Improvvisamente sentii nella mia anima come se qualcuno
mi stesse sorridendo e toccasse il mio cuore in un modo bellissimo,
un pezzo di Cielo. Quando mi alzai, le lacrime mi scendevano sul
volto. Ivan disse: “Jim, si trova sempre tempo per ciò che si
ama. Il motivo per cui la gente non
trova tempo per Dio, è perché non lo ama”. Questo mi colpì.
Poi disse: “Dio ti invita a pregare con il cuore”. In quel
momento nel mio intimo vennero aperte delle porte. Fu per me come
l'inizio di una missione. Nella dolce luce dell'amore che sentivo in
me, cominciai a riconoscere dove ero realmente, quanto fossi debole e
quanto severamente giudicassi le persone...
Concluse
le riprese, dissi a mia moglie: “Voglio andare subito a
Medjugorje”. Sentii la mano della Madonna sulla mia carriera e
sulla mia vita, sentivo che mi aspettava qualcosa di grande. Quattro
giorni a Medjugorje furono il punto di svolta della mia vita. Da quel
momento in poi volli solo una cosa: pregare! Perché quando pregavo
sentivo la comunione con Dio e questa esperienza è continuata anche
a casa nella mia famiglia.
Poi
un giorno mi cercò Mel
Gibson e iniziò subito a parlare di un film su Gesù. Gli chiesi:
`Tu vuoi che io
interpreti Gesù, non è vero? '
, ed egli rispose: 'Sì'.
In seguito venni a
sapere che Mel, nel suo cuore, sentiva già da 15 anni la chiamata di
Dio a realizzare questo film sulla Passione di Cristo. Ma due giorni
dopo il nostro colloquio, egli mi telefonò di nuovo e questa volta
era per sconsigliarmi tutto: 'Se
interpreti questo ruolo, forse non lavorerai più a Hollywood ed io
non voglio essere responsabile della fine della tua carriera! ' .
Mi sentii angosciato e tacqui. Poi improvvisamente fui pervaso da una
grande pace e dissi delle parole che non erano mie: 'Mel,
noi tutti siamo chiamati a portare la nostra croce. Se non prendi su
di te la tua croce e non porti il suo peso, essa ti schiaccerà! '.
E le riprese iniziarono. Avevo spesso dei dubbi, soprattutto se fossi
degno di interpretare Gesù. Ma Ivan Dragicevic mi incoraggiò: 'Sai,
Jim, Dio non sceglie sempre necessariamente i migliori'.
Senza
Medjugorje, dove il mio cuore si era aperto alla preghiera e ai
sacramenti, non avrei mai accettato il ruolo! Sapevo che dovevo
essere vicinissimo a Gesù se volevo interpretarlo. Così per
prepararmi utilizzai tutti i mezzi che Medjugorje mi aveva insegnato.
Mel
Gibson ed io partecipavamo ogni giorno alla Santa Messa. Recitando
continuamente il rosario mi fu chiaro che non potevo utilizzare
brutte parole o essere sgarbato nei rapporti con le persone del team
tutti attori fantastici. Partecipavo quotidianamente all'adorazione
eucaristica e mi confessavo regolarmente, talvolta anche ogni
giorno... Per tutto il tempo delle riprese mi mantenni in un profondo
raccoglimento e in un'intima contemplazione, per rimanere 'nel mio
ruolo'. Questo era importante perché sapevo che solo la preghiera,
il digiuno e la presenza di Gesù Eucaristia in me avrebbero reso
possibile agli spettatori di vedere Gesù in me ed io volevo questo
più di ogni altra cosa. Solo in questo modo le persone avrebbero
potuto sentire che dovevano prendere una decisione e convertirsi.
Quando
girammo la scena dell'Ultima Cena, senti 'arte il desiderio di avere
veramente Gesù presente e chiesi ad un sacerdote di esporre il
Santissimo. Dapprima egli ebbe dei dubbi, però io lo pregai
insistentemente perché ero convinto che se avessi fissato Gesù gli
spettatori avrebbero riconosciuto Lui in me. Così il sacerdote
rimase con la Santa Eucaristia in mano accanto al cameraman. Quando
gli spettatori vedono la luce nei miei occhi non sanno che quello è
il riflesso dell'Ostia nelle mie pupille e pertanto, in realtà,
vedono Gesù!
Così
è stato anche per la scena della crocifissione: il sacerdote era lì
e teneva il Santissimo nelle sue mani, mentre io pregavo
ininterrottamente. La sfida più grande del film non è stata per me,
come pensavo all'inizio, imparare a memoria i testi in latino,
aramaico ed ebraico, ma piuttosto le fatiche fisiche che ho dovuto
affrontare ... Il film è veramente nato nel dolore, però in tutte
le battaglie esteriori ed interiori ho spesso provato una grande pace
nel cuore come nella scena in cui la Madonna mi incontra sulla Via
Crucis.
La
ripetemmo per quattro volte e continuavo a sentire che ero io, Jim,
ad essere troppo in primo piano. Poi qualcuno urtò la croce e la mia
spalla sinistra si slogò. Per l'improvviso, tremendo dolore persi
l'equilibrio, mi rovesciai sotto il peso della croce e caddi con la
faccia sulla terra impolverata. Mi uscì del sangue dal naso e dalla
bocca. In quel momento dicevo alla Madre le parole: 'Vedi, io
faccio nuove tutte le cose'. La spalla mi faceva
indescrivibilmente male quando risollevai la croce e facendolo
sentii quanto era preziosa! Avevo smesso di recitare ed era Gesù che
diventava visibile, come risposta alle mie preghiere: 'Voglio che
le persone vedano te, Gesù, non me! '.
La
spalla lussata saltava fuori ogni volta che la croce sbatteva contro
qualcosa. Durante la scena della flagellazione una sferza mi colpì
per due volte così avevo sulla schiena una ferita lunga 14
centimetri. Un giorno, mentre giravamo la scena del Discorso della
montagna, fui colpito da un fulmine. A tutto questo si deve
aggiungere la mancanza di sonno: per mesi dovetti alzarmi ogni giorno
alle tre di mattina perché il trucco durava otto ore. Alla fine del
film, mentre ero appeso alla croce, dei miei precedenti 95 chili ne
pesavo solo 76 e dovevo continuamente vomitare; per il clima freddo
di quel periodo, appena sopra lo zero, ero sempre gelato, ebbi una
polmonite ed entrambi i polmoni si riempirono così tanto di liquido
che respiravo a fatica. Il mio corpo era livido, ma non per il
trucco... Sì, il Signore mi stava facendo sentire una piccola parte
dei dolori attraverso i quali Egli era passato. E Lui mi sorreggeva e
sosteneva, fino a chiedermi: 'Quanto sei disposto ad andare
avanti? Quanto dei miei dolori vuoi mostrare al mondo?'. Ed io
rispondevo: 'Tutto'. ... Stavo così male che ormai sentivo a
malapena dolore quando la mia spalla si slogava e poi ritornava a
posto. Qualcosa al cuore non andava bene, tuttavia dissi: 'Continuo
... questa è una questione tra me e Dio'. E pensai: 'Sì,
sono pronto... Dio. Adesso puoi venire a prendermi'. Terminate le
riprese, dovetti essere operato al cuore.
La
Passione di Cristo' è un film d'amore, certamente uno dei più
grandi nel suo genere. Credo che proprio nel tempo di oggi Dio ci
inviti a questo amore e noi dovremmo rispondere alla sua chiamata con
tutto il nostro cuore e la nostra vita. Il film è un'opera di Maria
per suo Figlio e poiché è una sua opera viene attaccato dal nemico.
Totus tuus, Maria. A Lei sono totalmente consacrato, questa è
l'essenza della mia fede. Il mio rapporto con Gesù ce l'ho grazie a
Lei".
Uno
sguardo pieno di amore
La
conversione dell'attore italiano Pietro Sarubbi, Barabba nel film "La
Passione di Cristo", dimostra in modo impressionante che
talvolta basta lo sguardo silenzioso di una persona unita a Dio per
cambiare completamente un'esistenza.
Dopo
una vita irrequieta, piena di sogni e delusioni, Pietro Sarubbi,
classe 1961, era riuscito a diventare un attore cinematografico e di
teatro apprezzato in tutta Italia; non gli mancavano nemmeno delle
esperienze internazionali. Però l'attore quarantenne, cattolico a
malapena praticante, aveva alle spalle una crisi professionale
quando, nell'estate del 2002, amareggiato e inquieto, ricevette
un'offerta da sogno. Sarubbi racconta:
"Tutto
ha avuto inizio in un giorno felice al mare, quando mi è arrivata
una telefonata di Mel Gibson che mi convocava a Roma per il film: 'La
Passione di Cristo'. Per il mio aspetto alto, robusto e sincero mi
aspettavo il ruolo di un personaggio come Pietro, che compare in
tutto il film. In fondo volevo guadagnare tanti soldi, essere famoso
e andare sui giornali. Mel Gibson però mi propose la parte di
Barabba e dal catechismo della Prima Comunione ricordavo che la
storia di Barabba, questo ladro e assassino, era veramente breve.
Accetto a malincuore. Poi leggendo il copione scopro che Barabba
addirittura non parla, non dice assolutamente niente! Deluso ho
assillato Mel: “Fammi
dire qualcosa, magari a Pilato o a Caifa!” Ma
niente! Mel Gibson mi ha rasserenato come un padre paziente, pronto a
comprendere: “Il
tuo Barabba sarà
per te e per il film
più importante di
un personaggio con tante battute in un altro qualsiasi film, fidati e
vedrai!”.
Sul
set si respirava una
grande profondità e c'erano anche alcuni sacerdoti a disposizione
degli attori, per eventuali colloqui su ciò che concerneva il loro
ruolo. Per girare la mia scena dovevo truccarmi fin dalle quattro e
mezza del mattino e durante le innumerevoli prove hanno iniziato a
sanguinarmi i polsi a causa delle pesanti catene che mi erano state
apposte. Un particolare che mi ha impressionato davvero sono state la
capacità d'immedesimazione e la serietà di Jim Caviezel,
l'interprete di Cristo: era lacero e sofferente, pregava molto. Non
si risparmiava, tra una scena e l'altra non faceva pause, non usciva
ed entrava dal personaggio come facevo io parlando con la gente,
lamentandomi dei miei polsi feriti o bevendo un tè caldo. Jim
Caviezel, il protagonista, avrebbe potuto pretendere ogni comfort e
invece, stoicamente, stava lì fermo, immerso nel suo ruolo, scalzo e
dolente, esposto all'umido freddo romano di gennaio. In modo
spontaneo mi è stato d'esempio per entrare interiormente nel mio
personaggio.
Di
colpo ho superato il mio ostinato risentimento, volevo anch'io
mettere in gioco il bene assopito in fondo al cuore per meglio
interpretare questo mio Barabba".
La
scena in cui Pilato fa condurre davanti agli ebrei Gesù e Barabba e
il popolo sobillato chiede la liberazione di Barabba è stata girata
per parecchi giorni. Giunge infine il momento in cui Pietro Sarubbi,
alias Barabba, di fronte alla cinepresa in azione, incontra lo
sguardo dell'interprete di Gesù, Jim Caviezel il cui occhio destro,
con il trucco, era chiuso totalmente per i forti colpi ricevuti, così
come si vede sulla Sindone di Torino. Sarubbi testimonia: "Gibson
mi ha chiesto di non guardare Gesù fino a quando, alla fine della
mia scena, libero dalle mie catene, avrei iniziato a scendere gli
scalini del pretorio. Solo allora, io Barabba, avrei dovuto guardare
questo 'povero sconosciuto scorticato' che doveva andare a morire al
posto mio... Sceso uno scalino, sento come una leggera scossa mista a
una sensazione di calore sulla spalla destra, mi sono voltato
d'istinto e rimango sorpreso e spiazzato dallo sguardo dell'attore
che interpreta Gesù. Mi aspettavo rabbia o recriminazione, ma nulla
di tutto questo. Nell'enorme profondità di quello sguardo vedevo
piuttosto mitezza, quasi una dolce accettazione e misericordia, un
velo d'amore e di preoccupazione per me e la mia condizione di
degrado e tutto insieme in un modo in cui non sono mai stato guardato
in vita mia! É stata un'emozione forte, indescrivibile, che
d'improvviso mi ha cambiato il cuore. Quel che spesso è stancante al
cinema, fare e rifare tante volte la stessa scena, è stata
un'opportunità per approfondire e accogliere profondamente questo
sguardo, sempre forte. Lo sguardo di un attore. Ma dentro quello
sguardo c'era Dio! Sì, in questo sguardo ho incontrato lo sguardo di
Cristo. La mia domanda però è stata: come è possibile? Come è
possibile che ci sia Cristo dentro gli occhi di un attore mentre
giriamo un film?
Per
dei mesi ho provato una fortissima inquietudine senza riuscire a
parlarne con qualcuno, senza trovare nessuno con cui farlo. Sebbene
avessi tantissimi amici e conoscenti, mi rendevo conto che ero solo.
Neppure alla mia compagna o ai miei genitori me la sentivo di
chiedere di questi occhi che di notte mi tenevano sveglio, che mi
seguivano. La fortuna è stata che questo piccolo personaggio di
Barabba, non so perché, ha interessato tantissimi giornalisti,
venivano e facevano interviste lunghissime. Così un sacerdote, don
Gabriele, ha letto un'intervista su un grande quotidiano, mi ha
chiamato e mi ha detto: 'Mi interessa moltissimo la questione dello
sguardo'. Io, disarmato, ho pensato: caspita, uno del settore che
magari mi può aiutare a capire che cosa mi è successo! '. Incontro
dopo incontro, io che sapevo poco della fede e non sapevo neanche
pregare, ho iniziato a capire. E poi un giorno mi hanno regalato
l'enciclica di Papa Benedetto XVI 'Deus caritas est'. In un viaggio
lunghissimo in metropolitana ho iniziato a sfogliarla per passare il
tempo. La prima frase che mi è capitata sotto gli occhi, aprendo a
caso, è stata: 'Il Signore non è rimasto assente: sempre di nuovo
ci viene incontro attraverso uomini nei quali Egli traspare'. Era la
risposta a lungo agognata alla mia domanda: il Signore aveva davvero
usato quegli occhi, quello sguardo come strumento per guardarmi! E
questa è stata per me una cosa tanto grande che ancora oggi mi fa
scoppiare il cuore di commozione, di imbarazzo...
E
piano, piano la mia vita è cambiata completamente. Tante volte ho
guardato 'La Passione di Cristo', che è diventato il mio catechismo.
Soprattutto l'immagine dell'ultima Cena mi accompagnava e mi faceva
pensare... Io a un certo punto di questo cammino mi sono trovato a
vivere come una necessità, come un desiderio, l'emergenza
dell'Eucarestia. Mi addolorava molto il fatto di dover rinunciare a
questo perché vivevo con una donna con la quale non ero sposato.
Questa attrazione fortissima mi ha portato poi a rivedere questa fede
'a modo mio', tutti i miei pensieri, tutti i miei punti di vista e
così io e la mia compagna ci siamo sposati in chiesa. Da allora i
miei figli hanno un papà un po' più tranquillo, un po' più dolce,
un pochino più lieto. Facendo il mio lavoro di attore, ho deciso di
cercare il modo di servire il Signore e la fede e questo mi dà una
grandissima gioia".
Padre John Bartunek,
dei Legionari di Cristo, ha seguito le riprese cinematografiche ed è
stato spesso un punto di riferimento per colloqui spontanei sulla
fede. In modo particolare lo ha impressionato la conversione
dell'attore italiano Luca Lionello, che ha interpretato il traditore
Giuda Iscariota. P. Bartunek ha dato questa testimonianza al
riguardo: "Lionello ha iniziato le riprese del film come
'furente ateo' e non aveva scrupoli a dichiararlo apertamente. Alla
prima lavorazione del film, ero seduto nello studio audio prima che
lui risincronizzasse alcuni punti. Allora mi ha chiesto se potevo
confessarlo. Evidentemente era stato completamente trasformato da
tutto ciò che aveva vissuto, ha fatto battezzare i suoi figli,
benedire il suo matrimonio ed è ritornato nella Chiesa". Jim
Caviezel ha raccontato di un altro interprete, che durante la
lavorazione è ritornato a Cristo, un musulmano: "Era uno dei
soldati che mi percuotevano e si è convertito".
Pietro Sarubbi oggi
comprende "che Barabba è il simbolo della nostra società
sofferente e rappresenta l'uomo di cui Gesù prende il posto,
caricandosi dei peccati dell'intera umanità".
Tratto dalla rivista
“Trionfo del Cuore” . Marzo-Aprile 2020
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