Voi
avete bisogno di pazienza, affinché, facendo la volontà di Dio,
meritiate di conseguire la sua promessa, dice l’Apostolo. Il
Salvatore aveva detto: con la pazienza conquisterete la padronanza
delle vostre anime.
Dominare
la propria anima è la massima aspirazione dell’uomo, e il dominio
dell’anima è commisurato al livello della pazienza!
Ricordati
spesso che Nostro Signore ci ha salvato soffrendo con costanza; è
nello stesso modo che noi potremo operare la nostra salvezza,
sopportando la sofferenza, le afflizioni, le ingiurie, le
contraddizioni, i dispiaceri con la maggior dolcezza che ci sarà
possibile.
Non
limitare la tua pazienza a un genere determinato di ingiurie o di
afflizioni, ma estendile a tutte quelle che il Signore ti manderà o
permetterà che tu incontri. Alcuni vogliono sopportare soltanto le
tribolazioni che procurano onore, come per esempio: essere feriti in
guerra, essere prigionieri di guerra, essere maltrattati a causa
della religione, diventare poveri per una lite da cui sono usciti
vincitori. Io dico che costoro non amano la tribolazione, ma soltanto
l’onore che ne deriva. Il vero paziente, ossia chi vuole servire
Dio, sopporta con animo uguale le tribolazioni unite al disonore e
quelle che danno onore. Se ci disprezzano, ci attaccano e ci accusano
i cattivi, per un uomo di coraggio è una vera gioia; ma se quelli
che ci attaccano, ci accusano e ci maltrattano, sono gente per bene,
amici, i genitori, altri parenti, allora sì che va bene!
Ho
una stima maggiore per la dolcezza con la quale S. Carlo Borromeo
sopportò a lungo gli attacchi che gli sferrava pubblicamente dal
pulpito un predicatore di fama, appartenente ad un Ordine
rigorosissimo nell’ortodossia, che non per tutti gli altri attacchi
sopportati.
Le
punture delle api fanno più male di quelle delle mosche; allo stesso
modo il male che riceviamo dalla gente per bene e le opposizioni che
ci fanno, risultano molto più difficili da sopportare che qualunque
altra. Capita abbastanza spesso che due brave persone, entrambi con
la migliore intenzione di questo mondo, per divergenza di opinione,
si facciano guerra senza quartiere, accanendosi l’uno contro
l’altro.
Non
essere paziente soltanto nel momento culminante della tribolazione,
ma anche in tutti gli inconvenienti e i guai che si trascina dietro.
Molti accetterebbero anche di avere qualche guaio a condizione di non
soffrirne conseguenze. Non sono dispiaciuto di essere caduto in
povertà, dirà uno, però questo nuovo stato di cose mi impedisce di
essere utile agli amici, di educare i miei figli e di vivere in modo
decoroso, come avrei voluto.
Dirà
un altro: Io non mi preoccuperei se la gente non dicesse che è colpa
mia. C’è anche quello che non tiene in alcun conto le maldicenze
contro di lui e le sopporterebbe volentieri se i presenti non
prestassero fede al maldicente. Altri ancora accettano di provare
qualche conseguenza del male, ma, a loro parere, tutte sono troppe!
Non si impazientiscono, dicono, di essere malati, ma solo perché non
hanno il denaro per farsi curare; trovano anche la scusa che in tale
stato sono di peso agli altri. Io dico, Filotea, che occorre
sopportare con pazienza, non solo lo stato di malattia, ma anche la
malattia che Dio vuole, nel luogo dove vuole, circondati dalle
persone che vuole, e con gli inconvenienti che vuole; e così per
tutte le altre tribolazioni.
Quando
sarai colpita dal male, contrapponi tutti i rimedi che Dio ha messo a
tua disposizione; agire diversamente sarebbe tentare la divina
Maestà: ma, una volta fatto ciò, aspetta con una fiducia totale,
l’effetto che Dio vorrà loro concedere. Se Dio crede bene che i
rimedi vincano il male, tu lo ringrazierai con umiltà; ma se invece
crede bene di permettere che il male vinca i rimedi, benedicili con
pazienza.
Io
sono del parere di San Gregorio: quando ti accusano giustamente di
qualche colpa realmente commessa, umiliati molto, confessa che meriti
l’accusa che ti è stata mossa. Se poi sei accusata ingiustamente,
discolpati con calma, prova che non sei colpevole: hai l’obbligo di
rispettare la verità anche per il buon esempio al prossimo. Ma se
dopo la tua sincera e onesta spiegazione dei fatti a tua discolpa,
gli altri insistono nel caricare su di te le responsabilità dei
fatti, non angustiarti in alcun modo e non cercare altre strade per
far accettare la versione autentica dei fatti. Sai perché? Dopo che
hai reso il suo alla verità, rendilo ora all’umiltà.
Lamentati
meno che puoi per i torti che ricevi; è un fatto certo che chi
abitualmente si lamenta finisce per peccare. E’ colpa dell’amor
proprio che ingigantisce per professione i torti subiti: ma quello
che più ti raccomando e di non andare a lamentarti con persone
facili all’indignazione e a pensare male. Se proprio non puoi fare
a meno di lamentarti con qualcuno, sia per riparare l’offesa, sia
per calmare te stessa, rivolgiti a persone calme e piene di amore di
Dio. Se non farai così, il tuo cuore, invece di ricavarne serenità,
sarà spinto ad essere ancora più inquieto: invece di toglierti la
spina che ti punge appena, te la conficcherebbero più profondamente
nel piede. Ci sono poi alcuni che quando sono ammalati, afflitti o
offesi da qualcuno, stanno bene attenti a non lamentarsi e a
dimostrare troppa permalosità; a loro parere, ed è vero, ciò
darebbe prova di grande debolezza e di mancanza di generosità; ma
poi, nel fondo di loro stessi, desiderano intensamente che qualcuno
li compatisca e si danno da fare con mille arti a tale scopo.
Vogliono che tutti sappiano che loro sono afflitti, ma anche pazienti
e coraggiosi! Ti pare che quella sia pazienza? Chiamala come vuoi, ma
quella è soltanto una finta pazienza. In fondo è soltanto un’abile
e studiata ambizione, è vanità: ne ricavano gloria, ma non davanti
a Dio!
Il
vero paziente non si lamenta del male e non desidera essere
compatito; ne parla con naturalezza, sincerità e semplicità, senza
lamenti, senza rimpianti, senza esagerazioni; se lo compatiscono,
sopporta con pazienza i compatimenti, a meno che addirittura siano
per mali che non ha; in tal caso, con molta umiltà, farà notare che
quel male non l’ha e poi si manterrà con animo sereno nella pace
tra la verità e la pazienza, ammettendo sì il male, ma senza
lamentele.
Nelle
contrarietà che ti piomberanno addosso nell’esercizio della
devozione, e vedrai che non mancheranno, ricordati della parola di
nostro Signore: La donna quando partorisce provi dolori molto forti,
ma tutto dimentica alla vista del bambino, perché ha dato un uomo
alla vita. Nella tua anima hai concepito il figlio più meraviglioso
di questo mondo, Gesù Cristo. Prima che sia dato completamente alla
luce e generato, può darsi che ti procuri ansia e sofferenza; ma
fatti animo perché, passati quei dolori, ti rimarrà la gioia senza
fine di aver dato tale uomo al mondo. Per quello che ti riguarda sarà
generato totalmente solo quando l’avrai formato completamente nel
tuo cuore e nelle tue azioni con l’imitazione della sua vita.
Quando
sarai malata, offri i tuoi dolori, gli inconvenienti e le debolezze
per il servizio del Signore, e chiedigli, con insistenza, di unirli a
quanto Egli ha sopportato per te. Obbedisci al medico, prendi le
medicine, i cibi e gli altri rimedi per amore di Dio; ricordati del
fiele che egli ha preso per amore nostro.
Desidera
pure di guarire per servirlo, ma non rifiutare di essere ammalata per
obbedirgli; e preparati anche alla morte, se quella a lui piacesse,
per lodarlo e gioire con Lui. Le api nel periodo in cui fanno il
miele, vivono e si nutrono con una sostanza molto amara; lo stesso
avviene per noi: non potremo mai compiere atti di grande dolcezza e
pazienza, fare il miele delle buone virtù, finché non saremo capaci
di mangiare il pane dell’amarezza e vivere tra le sofferenze. Il
miele ricavato dai fiori di timo, piccola erba amara è, senza
confronti, il migliore; lo stesso è della virtù esercitata
nell’amarezza delle tribolazioni più vili, basse e abbiette.
Guarda
spesso con gli occhi interiori Gesù cristo crocifisso, spogliato,
bestemmiato, calunniato, abbandonato, oppresso da ogni sorta di mali,
tristezze e ansie, e pensa che tutte le tue sofferenze non sono in
alcun modo paragonabili alle sue, né per intensità, né per numero;
e pensa che mai riuscirai a soffrire per Lui quello che Egli ha
sofferto per te.
Considera
i tormenti atroci sopportati dai Martiri e le sofferenze che tante
persone sopportano e che sono, senza confronto, più penose delle
tue, e poi dì a te stessa: Le contrarietà che mi affliggono sono
consolazioni e le mie spine sono rose a confronto di coloro che
vivono in una morte continua, oppressi da croci infinitamente più
gravose e questo senza aiuti, senza consolazioni, senza alcun
sollievo.
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