CAPITOLO
1
375.
Era già in corso il quinto mese della divina gravidanza della
Principessa del cielo, quando il castissimo Giuseppe suo sposo
cominciò a riflettere sull'ingrossamento del suo grembo verginale,
perché nella perfezione naturale e nella delicata costituzione della
sua sposa umilissima, come ho detto in precedenza, si poteva scoprire
agevolmente ogni eventuale cambiamento. Un giorno, mentre Maria
santissima usciva dalla sua stanza, san Giuseppe la guardò con
particolare attenzione e comprese con maggiore certezza la novità,
senza che il ragionamento potesse smentire ciò che agli occhi era
già evidente. L'uomo di Dio restò ferito nel cuore con un dardo di
dolore, che lo penetrò fin nella sua parte più intima, senza
trovare resistenza alla forza delle sue ragioni. La prima era l'amore
castissimo, ma molto intenso e vero, che aveva per la sua fedelissima
sposa, nella quale fin dal principio il suo cuore aveva più che
confidato; inoltre, col piacevole tratto e con la santità senza pari
della grande Signora, questo vincolo dell'anima di san Giuseppe si
era sempre più confermato nella stima di lei. Siccome ella era tanto
perfetta nella modestia e nell'umile maestà, il santo, oltre al
diligente riguardo di servirla, aveva un desiderio, quasi connaturale
al suo amore, di vedersi corrisposto dalla sua sposa. E il Signore
dispose ciò in questo modo, affinché, per essere ricambiato, il
santo mettesse una maggiore sollecitudine nel servire e stimare la
divina Signora.
376.
San Giuseppe soddisfaceva questo compito come fedelissimo sposo e
dispensatore del mistero che tuttavia gli era nascosto. Quanto più
era intento a servire e a venerare la sua sposa e quanto più il suo
amore era purissimo, castissimo, santo e giusto, tanto maggiore era
il desiderio di vedersi da lei corrisposto. Ciò nonostante non
glielo manifestò mai, sia per la riverenza alla quale lo obbligava
l'umile maestà della sua sposa, sia perché quella sollecitudine non
gli era mai pesata per la sua piacevole conversazione e la sua
purezza più che angelica. Quando però si trovò in questo
frangente, venendogli attestata dalla vista la novità che non poteva
negare, la sua anima restò divisa per la sorpresa. Tuttavia, per
quanto sicuro che nella sua sposa vi era quel nuovo fatto, non diede
al giudizio più di quanto non poteva negare agli occhi. Essendo uomo
santo e retto, sebbene vedesse l'effetto, sospese il giudizio
riguardo alla causa; se, infatti, si fosse persuaso che la sua sposa
era colpevole, senza dubbio sarebbe morto di dolore.
377.
A questa causa si aggiunse la certezza di non aver parte nella
gravidanza che riscontrava con i suoi occhi e di non poter evitare il
disonore, quando la cosa si fosse venuta a sapere. Questa
preoccupazione era per san Giuseppe tanto più pesante quanto più
egli era di cuore generoso ed onesto, e con la sua grande prudenza
sapeva misurare il dolore dell'infamia propria e della sua sposa, se
fossero giunti a soffrirlo. La terza causa, che procurava maggiore
tormento al santo sposo, era il rischio di dover consegnare la sua
sposa affinché venisse lapidata secondo la legge, poiché questo era
il castigo delle adultere. In mezzo a queste considerazioni, come fra
punte di acciaio, il cuore di san Giuseppe si trovò ferito, senza
trovare sul momento altro rifugio per risollevarsi, fuorché la
consolidata fiducia che aveva nella sua sposa. Poiché tutti i segni
attestavano l'impensata novità e al sant'uomo non si offrivano vie
d'uscita, né tanto meno egli osava comunicare a persona alcuna la
sua afflizione, si trovava circondato dai dolori della morte e
provava che la gelosia è tenace come l'inferno.
378.
Voleva ragionare tra sé e sé, ma il dolore gli toglieva la capacità
di farlo. Se il pensiero voleva andare dietro ai sensi nei sospetti,
tutti questi svanivano come il gelo alla forza del sole e come il
fumo dinanzi al vento, poiché egli si ricordava della provata
santità della sua sposa, che era riservata e prudente; se voleva
sospendere l'affetto del suo castissimo amore, non poteva, perché
sempre la ritrovava oggetto degno di essere amato, e la verità,
benché misteriosa, aveva forze maggiori per allettarlo di quante ne
avesse l'inganno apparente dell'infedeltà per sviarlo. Non poteva
rompersi quel vincolo assicurato con così solide garanzie di verità,
di ragione e di giustizia. Quanto al parlarne con la sua umilissima
sposa, non lo trovava conveniente e tanto meno glielo permetteva
quella imperturbabilità severa e divinamente umile, che riscontrava
in lei. Infatti, sebbene vedesse il cambiamento nel corpo, il suo
procedere tanto puro e santo non corrispondeva a tale sconcerto, come
si sarebbe potuto presumere, poiché quella colpa non poteva
accordarsi con tanta purezza, santità, discrezione e con tutte le
grazie unite insieme, l'aumento delle quali, in Maria santissima, era
ogni giorno evidente.
379.
In mezzo a queste pene, il santo sposo Giuseppe si appellò al
tribunale del Signore mediante la preghiera e, postosi alla sua
presenza, disse: «Altissimo Dio e Signore eterno, i miei desideri e
i miei gemiti non sono nascosti alla vostra divina presenza. Mi vedo
combattuto dalle onde impetuose che dai miei sensi sono arrivate a
ferire il mio cuore. Io lo consegnai sicuro alla sposa che ricevetti
dalla vostra mano. Ho confidato nella sua grande santità e i segni
della novità che vedo in lei mi procurano dolore e mi tormenta il
timore di vedere deluse le mie speranze. Fra coloro che sinora
l'hanno conosciuta, nessuno ha potuto concepire dubbio alcuno sul suo
pudore e sulle sue eccellenti virtù, però non posso negare che sia
incinta. Giudicare che sia stata infedele e che vi abbia offeso
sarebbe temerario alla vista di così rara santità e purezza; negare
quello che la vista mi assicura è impossibile, come lo sarà vivere
sotto la forza di questa pena, se in tutto questo non si nasconde
qualche mistero che io non comprendo. La ragione la scagiona, mentre
i sensi la condannano. Ella mi cela la causa della sua gravidanza, ma
io intanto vedo il suo stato: che cosa dunque devo fare? Fin
dall'inizio concordammo il voto di castità, che tutti e due facemmo
per vostra gloria e, se mai fosse possibile che avesse violato la
vostra fede e la mia, io difenderei il vostro onore e per amore
vostro non mi curerei del mio. Ma come si potrebbe conservare tale
purezza e santità in tutto il resto, se ella avesse commesso una
così grave scelleratezza? E come mai, essendo santa e tanto
prudente, mi nasconde questo fatto? Sospendo il giudizio e mi fermo,
ignorando la causa di ciò che vedo. Effondo alla vostra presenza il
mio spirito afflitto, o Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe!
Ricevete le mie lacrime come sacrificio gradito e, se le mie colpe
hanno meritato la vostra indignazione, consideratevi obbligato, o
Signore, dalla vostra clemenza e benignità, e non disprezzate pene
così aspre. Non credo che Maria vi abbia offeso, ma, essendo io il
suo sposo, non posso nemmeno presumere qualche mistero, di cui non
sono degno. Guidate il mio intelletto e il mio cuore con la vostra
luce divina, affinché io conosca e compia ciò che è più gradito
alla vostra volontà».
380.
San Giuseppe perseverò in questa orazione, perché, pur essendogli
venuto in mente che nella gravidanza di Maria santissima poteva
esservi qualche mistero da lui ignorato, non ne era convinto.
Riusciva solo a trovare ragioni per evitare il giudizio di crederla
colpevole nella sua gravidanza, rispettando in tal modo la santità
dell'umilissima Signora. Così non giunse alla mente del santo il
pensiero che ella potesse essere Madre del Messia. Alcune volte egli
sospendeva i sospetti, altre l'evidenza glieli aumentava e suscitava
e, così fluttuando, soffriva impetuose tempeste dall'una e
dall'altra parte. Sbattuto e vinto, si fermava spesso in una penosa
calma, senza determinarsi a credere cosa alcuna con la quale potesse
superare il dubbio, rasserenare il cuore ed operare conformemente
alla certezza che, dall'una o dall'altra parte, avesse avuto per
regolarsi. Fu perciò così grande il tormento di san Giuseppe, che
poté essere un'evidente prova della sua incomparabile prudenza e
della sua santità. Egli meritò con questa tribolazione di essere
predisposto da Dio al singolare beneficio che gli preparava.
381.
Tutto ciò che segretamente passava nel cuore di san Giuseppe era
manifesto alla Principessa del cielo, che lo osservava con la
conoscenza e la luce divina che aveva. E sebbene il suo cuore
santissimo fosse pieno di tenerezza e di compassione per ciò che
pativa il suo sposo, non gli diceva parola alcuna su tale situazione,
ma lo serviva con somma sottomissione e sollecitudine. L'uomo di Dio,
sotto una parvenza di noncuranza, la guardava con attenzione maggiore
di quella che qualsiasi altro uomo al mondo abbia mai usato. Inoltre,
siccome la gran Signora, servendolo a mensa e in altre mansioni,
faceva alcuni movimenti che rendevano più evidente il suo stato, san
Giuseppe considerava tutto, e sempre più si accertava della verità
con grande afflizione dell'anima sua. Infatti, sebbene fosse santo e
retto, dal momento in cui si sposò con Maria santissima si lasciò
sempre rispettare e servire da lei, mantenendo in tutto l'autorità
di uomo e capo, benché la moderasse con rara umiltà e prudenza. In
verità, finché ignorò il mistero della sua sposa, giudicò che
doveva mostrarsi sempre superiore, con la dovuta moderazione, a
imitazione degli antichi Padri e Patriarchi, dalla parola dei quali
non doveva allontanarsi, perché le donne fossero ubbidienti e
sottomesse ai loro mariti. Del resto, avrebbe avuto ragione di
comportarsi in questo modo se Maria santissima, signora nostra, fosse
stata come le altre donne. Eppure, malgrado tanta differenza, nessuna
fu o sarà mai, più ubbidiente, umile e soggetta a suo marito,
dell'eminentissima Regina. Lo serviva con incomparabile rispetto e
prontezza e, benché conoscesse le sue preoccupazioni e l'attenzione
che aveva per il suo nuovo stato, non per questo ricusò mai di fare
tutte le azioni che le competevano, né si curò di nascondere la
novità del suo corpo, perché simile raggiro, artificio o doppiezza
contrastava con la verità ed il candore angelico che ella aveva, e
con la generosità e grandezza del suo nobilissimo cuore.
382.
La gran Signora avrebbe ben potuto addurre come garanzia della verità
della sua assoluta innocenza la testimonianza di sua cugina santa
Elisabetta e di Zaccaria, perché il tempo in cui ella aveva dimorato
con loro era appunto quello in cui san Giuseppe, se avesse sospettato
di qualche colpa in lei, avrebbe potuto attribuirgliela, in
apparenza, più fondatamente. Quindi ella, così o in altri modi,
benché non gli avesse manifestato il mistero, avrebbe potuto
discolparsi e liberare dalla preoccupazione san Giuseppe. Tuttavia,
la maestra della prudenza e dell'umiltà scartò tale possibilità,
perché non si accordava con queste virtù il parlare in proprio
favore e il convincerlo di così misteriosa verità con la sua stessa
testimonianza. Ella rimise tutto con grande sapienza alla
disposizione divina; e sebbene la compassione per il suo sposo e
l'amore che gli portava la inducessero a consolarlo e a liberarlo
dalle pene, non fece ciò col discolparsi, né col nascondere la sua
gravidanza, ma servendolo con maggiori cure e procurando di farlo
stare lieto, domandandogli che cosa desiderava e voleva che ella
facesse, e dandogli altri segni di sottomissione e di amore. Molte
volte lo serviva genuflessa e questo, benché da una parte consolasse
alquanto il suo sposo, dall'altra gli procurava maggiori motivi di
afflizione. San Giuseppe, infatti, considerava le molte ragioni che
aveva per stimare ed amare chi egli non sapeva se lo avesse offeso o
meno. La divina Signora pregava di continuo per lui, chiedendo
all'Altissimo che lo guardasse e consolasse, e si rimetteva tutta
alla volontà di sua Maestà.
383.
San Giuseppe non poteva nascondere interamente la sua acerbissima
pena, cosicché molte volte era mesto e pensieroso. Trasportato da
questo dolore, parlava alla sua divina sposa con più severità di
prima; ciò era come un inseparabile effetto del suo cuore afflitto,
non sdegno né vendetta, giacché questa non gli venne mai in mente,
come si vedrà in seguito. La prudentissima Signora, però, non mutò
il suo atteggiamento, né fece dimostrazione alcuna di risentimento,
anzi, appunto per questo motivo si preoccupava maggiormente di dare
sollievo al suo sposo. Lo serviva a mensa, gli dava la sedia, gli
porgeva il cibo, gli serviva da bere, e facendo tutto ciò con
incomparabile grazia. Poi san Giuseppe le comandava di sedere e si
andava sempre più assicurando nella certezza della gravidanza. Non
vi è dubbio che questa vicenda fu una di quelle che più provarono
non solamente san Giuseppe, ma anche la Principessa del cielo; in
essa si manifestò chiaramente la profondissima umiltà e sapienza
della sua anima santissima e il Signore le diede modo di esercitare e
mettere alla prova tutte le sue virtù, perché non solo non le
comandò di tacere il mistero della sua gravidanza, ma neppure le
manifestò la sua divina volontà tanto espressamente come in altri
avvenimenti. Per questo pare che Dio avesse rimesso e affidato tutto
alla scienza e alle virtù divine della sua diletta sposa,
lasciandola operare con esse senz'altra speciale illuminazione o
grazia. La divina Provvidenza dava occasione a Maria santissima e al
suo fedelissimo sposo Giuseppe di esercitare, ciascuno con atti
eroici, le virtù e i doni che aveva loro infuso. Si compiaceva - a
nostro modo d'intendere - della fede, della speranza e dell'amore,
nonché dell'umiltà, pazienza, quiete e serenità di quei candidi
cuori, nel mezzo di un'afflizione tanto grande. Per accrescere la sua
gloria, per dare al mondo questo esempio di santità e di prudenza e
per ascoltare le dolci implorazioni di Maria santissima e del suo
castissimo sposo, che gli erano tanto gradite, Dio si comportava come
un sordo, affinché essi le ripetessero, e faceva finta di niente
senza rispondere loro sino al tempo opportuno.
Insegnamento
della Regina e signora del cielo
384.
Figlia mia carissima, altissimi sono i pensieri e i fini del Signore,
la sua provvidenza con le anime è forte e soave, ed è ammirabile
nel governo di tutte, specialmente dei suoi amici ed eletti. Se i
mortali venissero a comprendere l'amorevole sollecitudine con la
quale questo Padre delle misericordie si preoccupa di guidarli e
condurli, sarebbero maggiormente dimentichi di se stessi e non più
preda di tanto molesti, inutili e pericolosi pensieri con i quali
vivono affannandosi tanto e procurandosi varie dipendenze dalle altre
creature. Si abbandonerebbero sicuri alla sapienza e all'amore
infinito, che con dolcezza paterna avrebbe cura di tutti i loro
pensieri, come delle loro parole ed opere, e di tutto ciò che è
meglio per loro. Non voglio che tu ignori questa verità, ma anzi che
tu sappia come il Signore dalla sua eternità tiene presenti nella
sua mente divina tutti i predestinati che devono esistere nelle
diverse epoche, e con l'invincibile forza della sua infinita sapienza
e bontà va disponendo ed indirizzando tutti i beni che sono loro
utili, affinché si realizzi ciò che il Signore ha determinato a
loro riguardo.
385.
Per questo alla creatura razionale importa tanto il lasciarsi guidare
dalla mano del Signore, abbandonandosi tutta alla sua volontà
divina, perché i mortali ignorano le proprie vie e il fine a cui per
esse devono amare, e, nella loro ignoranza, non possono sceglierle da
soli se non con grande temerarietà e col pericolo della propria
perdizione. Ma se di tutto cuore si mettono in braccio alla
provvidenza dell'Altissimo, riconoscendo lui come Padre e se stessi
come suoi figli e sue creature, sua Maestà si costituisce loro
protettore, rifugio e guida con un amore così grande da volere che
il cielo e la terra sappiano come spetti a lui governare i suoi e
reggere coloro che in lui confidano e a lui si abbandonano. Se Dio
fosse capace di sentire pena o gelosia come gli uomini, la proverebbe
nel vedere che un'altra creatura s' intromette nella cura delle anime
e che queste ricorrono a cercare quello di cui hanno bisogno in
qualcun altro al di fuori di lui, che ha preso tutto ciò su di sé.
Inoltre, i mortali non possono ignorare questa verità, se
considerano quello che fa un padre per i suoi figli, uno sposo per la
sposa, un amico per un altro e un principe per il favorito che egli
ama e vuole onorare. Tutto questo è niente in confronto con l'amore
che Dio porta ai suoi e con quello che egli vuole e può fare per
loro.
386.
Sebbene in generale gli uomini credano questa verità, nessuno può
arrivare a conoscere l'amore di Dio e i suoi effetti particolari per
le anime che si abbandonano e rimettono totalmente alla sua volontà.
Anche tu, figlia mia, non puoi manifestare quanto ne conosci, e ciò
non è conveniente; conservalo però nel tuo cuore. Sua Maestà dice
che non perirà un solo capello dei suoi eletti, perché sono tutti
contati. Egli guida i loro passi sulla via della vita e li allontana
dalla morte; tiene fisso lo sguardo alle loro opere, corregge i loro
difetti con amore, sorpassa i loro desideri, previene i loro sforzi,
li difende nel pericolo, li accarezza nella quiete, li conforta nella
lotta, li assiste nella tribolazione, li preserva dall'inganno con la
sua sapienza, li santifica con la sua bontà, li fortifica col suo
potere e, come essere infinito a cui nessuno puo resistere od
opporsi, opera ciò che può, può tutto ciò che vuole e vuole darsi
tutto al giusto che si trova nella sua grazia e confida solo in lui.
Chi mai può misurare quali e quanti saranno i beni che egli diffonde
in un cuore disposto in questa maniera a riceverli!
387.
Se tu desideri, amica mia, avere questa buona sorte, imitami con vera
sollecitudine e da oggi in poi rivolgi tutta la tua solerzia a
conseguire con efficacia un vero abbandono alla Provvidenza divina. E
se ti invierà tribolazioni e pene, ricevile ed abbracciale con cuore
imperturbabile, con tranquillità di spirito, con pazienza, con viva
fede e speranza nella bontà dell'Altissimo, che sempre ti darà ciò
che è più sicuro e conveniente per la tua salvezza. Non scegliere
nulla da sola, perché Dio sa e conosce le tue vie; fidati del tuo
Padre e sposo celeste, che con amore fedelissimo ti protegge e
difende. Abbi fisso lo sguardo alle mie opere, giacché non ti sono
nascoste, e sappi che nella mia vita, dopo i patimenti sostenuti dal
mio Figlio santissimo, ciò che più mi fece soffrire furono le
tribolazioni del mio sposo Giuseppe, in particolare quelle della
circostanza di cui vai scrivendo.
Nessun commento:
Posta un commento