mercoledì 9 ottobre 2019

Il nostro migliore amico ... "Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli; perché vi dico che gli angeli loro, nei cieli, vedono continuamente la faccia del Padre mio che è nei cieli" (Mt 18,10)




La Chiesa insegna che ogni uomo, battezzato o non battezzato, credente o non credente, riceve da Dio un angelo che, durante tutta la vita, gli resta a fianco con il compito di accompagnarlo sulla via della perfezione e di proteggerlo. Quasi nessuno di noi riceve la grazia di vedere questo compagno celeste, il nostro migliore amico che non ci abbandona mai. Ci sono tuttavia alcuni ai quali è stato concesso di rivolgere uno sguardo nelle realtà invisibili; loro ci possono aiutare a donare più attenzione e amore al nostro angelo custode e così ricorrere più efficacemente al suo soccorso. Questo è il motivo per cui in questo numero del "Trionfo del Cuore" vogliamo farci "arricchire" soprattutto dalle esperienze dei mistici.
Tradizionalmente la Chiesa Cattolica ricorda gli angeli custodi nel mese di settembre e il 2 di ottobre celebra la loro memoria. Per questo si appella a Gesù stesso, che ai suoi discepoli ha parlato di questi meravigliosi esseri spirituali: "Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli". Pochi anni dopo questo insegnamento, san Pietro ha potuto sperimentare personalmente l'aiuto di un angelo: gli Atti degli Apostoli riportano in modo impressionante che la notte prima che Erode lo portasse in giudizio davanti al popolo, l'angelo lo liberò dalle catene e lo guidò nel carcere attraverso quattro posti di guardia, senza che fosse visto. I fatti storici confermano che qui non si tratta di una favola. L'angelo custode è l'espressione dell'amorosa premura con la quale Dio ci circonda. Gli angeli vogliono e possono servire i loro protetti, dei quali tuttavia rispettano pienamente la libertà. Più profonda è la relazione di una persona con il suo angelo, più lo invoca, più questo compagno celeste può aiutare colui che gli è stato affidato e farlo partecipe delle sue capacità.

Uno dei compiti del nostro compagno celeste è quello di proteggerci dai pericoli del corpo e dell'anima. "Ha comandato ai suoi angeli di custodirti in ogni tuo passo", recitiamo nel salmo 91. L'angelo inoltre presenta a Dio le nostre preghiere, con noi adora il Creatore e intercede per noi. San Giovanni lo vide in una delle sue visioni apocalittiche: un angelo si presenta davanti all'altare d'oro del trono di Dio e brucia l'incenso "per offrire a Dio le preghiere di tutti i santi" .
Nelle situazioni difficili il nostro angelo custode ci spinge ad essere misericordiosi e a risolvere i contrasti con il perdono e la bontà, poiché facendolo imitiamo l'amore di Dio in modo più perfetto. Gli angeli hanno collaborato nella creazione e in tutta la storia della salvezza, allo stesso modo è affidato loro anche il compito di realizzare, insieme a noi uomini, la richiesta del Padre Nostro: "Venga il tuo Regno".
Questo però comporta dover superare quella lotta spirituale di cui scrive san Paolo nella Lettera agli Efesini: "La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti". Gli angeli custodi, grazie alle ispirazioni divine che ci trasmettono, sono un aiuto insostituibile e insuperabile in questa lotta spirituale. I grandi asceti del deserto furono maestri nel riconoscere e verificare l'origine dei loro propri pensieri, se fossero ispirati dal bene o dal male. Oggi solo pochi possiedono questa facoltà di discernere gli spiriti, ma questo discernimento è tanto importante per poter effettivamente collaborare alla realizzazione del Regno di Dio su questa terra.
Rivolgiamoci quindi molto più spesso al nostro angelo custode affinché ci possa insegnare a vivere secondo la volontà di Dio e i suoi comandamenti! La voce dell'angelo è dolce e non è invadente; chi però si rivolge con fiducia a lui si stupirà della prontezza con la quale sarà aiutato dal suo compagno celeste e imparerà ad ascoltare meglio il migliore amico della sua vita.

Il roseto in fiore

Anche la vita di santa Liduina di Schiedam in Olanda (1380-1433), una delle più toccanti storie di sofferenza offerta per l'unità della Chiesa, mostra chiaramente come ogni angelo custode sia fedele nello stare vicino e nel dare consolazione al suo protetto nella malattia, nel dolore e nell'oscurità.
Tutto iniziò in modo apparentemente innocuo nell'inverno del 1395. A 15 anni, pattinando sul ghiaccio, Liduina ebbe una caduta così infelice che si fratturò una costola. Nel punto della frattura, però, si formò un ascesso e presto tutto il corpo della ragazza si ricoprì di ulcere maleodoranti, dalle quali uscivano addirittura dei vermi. Il suo braccio destro in putrefazione fu quasi diviso dal corpo, collegato solo da un muscolo. Così, in un'opera di corredenzione che durò 38 anni, Liduina espiò i mali e gli abusi della Chiesa del suo tempo, che con lo Scisma d'Occidente (1378-1417) restò anch'essa divisa per 38 anni, con due e addirittura tre pontefici "in carica" contemporaneamente. "Che vita! ", si potrebbe pensare. Sì, la giovane olandese, piena di gioia di vivere, nei primi quattro anni, fece molta fatica ad accettare la sua crescente infermità, la solitudine, i giudizi cattivi e le tribolazioni interiori. "Liduina", che in olandese significa: "colei che piange di dolore", pianse davvero spesso amaramente, finché il padre confessore le diede il saggio consiglio di attingere consolazione interiore dalla contemplazione della Passione di Gesù. Ciò che inizialmente le aveva suscitato solo ripugnanza, divenne presto per l'ammalata il bisogno più profondo: soffrire con e per il Crocifisso al punto da arrivare a dire: "Se una sola Ave Maria potesse guarirmi, non la direi! " . Non mancarono meravigliose consolazioni celesti in tante diverse situazioni! Oltre a visioni ed estasi, esistono ricche testimonianze delle frequenti visite degli angeli a Liduina, in particolare della sua unione con l'angelo custode. La veniva a trovare ogni giorno, era il suo confidente e al tempo stesso il suo migliore amico. Liduina conosceva addirittura gli angeli custodi dei suoi padri confessori e direttori spirituali, dei suoi parenti e di molti sacerdoti, così come anche quelli di persone semplici o distinte che, dai dintorni o dall'estero, accorrevano al suo capezzale per chiedere aiuto o un consiglio illuminato. Il suo angelo custode si mostrava a Liduina sotto diversi aspetti, talvolta come un giovane nobile, ma sempre in una luminosità raggiante, a volte così forte da farle ritenere che la luce di mille soli insieme non sarebbe in grado di generare un simile splendore. Sulla fronte portava sempre il segno della croce.
Una volta la incoraggiò: "Liduina, vuoi continuare a patire questa febbre per liberare dal purgatorio le anime dei tuoi parenti? " . "Sono pronta a soffrire volentieri", rispose lei, "anche per altri 40 anni, fino al mio ultimo respiro, se questo serve per la conversione di un solo peccatore o per liberare una sola anima dal purgatorio". Accadde più volte che l'ammalata, perennemente costretta al suo giaciglio di paglia, nella contemplazione della Passione di Cristo improvvisamente venisse rapita dal suo angelo custode e portata in Palestina, dove sul Calvario le veniva concesso di prendere parte alla Passione e morte del suo amato Signore. Il suo accompagnatore la portava spesso in spirito anche in altri luoghi sacri, che poi lei era in grado di nominare e descrivere in modo esatto. In tutti questi misteriosi "viaggi", l'angelo custode la prendeva sempre per mano; l'accompagnò anche in purgatorio o sugli splendidi prati del Paradiso, dove crescevano e fiorivano rose, gigli e le più belle varietà di fiori profumati. Quando dopo queste "escursioni" tornava nella sua piccola stanzetta, le amiche di Liduina notavano sempre lo splendore che irradiava da lei e il meraviglioso e delicato profumo che la circondava. In particolare dalla mano, che l'angelo custode aveva tenuto, emanava sempre una pregevole fragranza.

Tre o quattro volte all'anno, in Paradiso, Liduina poteva vedere un roseto, che da piccolo, con il passare del tempo, diventava sempre più grande, un chiaro simbolo della sua vocazione di espiazione per la Chiesa. L'angelo custode le fece capire che la sua missione si sarebbe pienamente compiuta solo quando tutti i boccioli del roseto sarebbero sbocciati in rose. Per questo spesso le veniva chiesto: "Liduina, le rose sono fiorite tutte?". Ma la risposta era sempre: "Ne mancano ancora molte", finché tre mesi prima di morire esultò: "Vedo il roseto rigoglioso e tutti i boccioli di rosa fioriti. Presto mi solleverò da questa valle di lacrime". Aveva ragione! Nell'ottava di Pasqua del 1433, morì a 53 anni. Tutta la putrefazione, le ferite e le ulcere scomparvero allora dal suo corpo divenuto intatto e profumato.

Con un mantello e un bastone da pellegrino

La vita e le opere della mistica bavarese Mechthild Thaller-Schónwerth (1868-1919) sono ancora poco conosciute. Eppure le esperienze di questa vera "confidente degli angeli", come giustamente è chiamata, permettono uno sguardo profondo nel mondo e nel compito dei nostri angeli custodi.

La nascita di Mechthild in un venerdì santo a Monaco di Baviera costò quasi la vita alla madre, che purtroppo non riuscì mai a perdonare alla bambina innocente quanto accaduto. Per la mancanza d'affetto da parte della mamma, nella piccola nacque precocemente un grande amore per il Crocifisso; a quattro anni Mechthild cominciò a vedere il suo angelo custode.
In seguito Dio le donò una seconda guida invisibile: "Il mio secondo angelo appartiene agli arcangeli. È amorevole, ma molto serio. Mi fortificherà secondo la volontà di Dio e resterà con me fino alla morte" . L'arcangelo e il saggio padre spirituale, che riconobbe la vita di grazia della bambina, la prepararono con straordinaria fermezza alle sue sofferenze future. Sapendo di essere chiamata al matrimonio, ad appena 17 anni Mechthild sposò un uomo che presto si rivelò essere un tiranno senza scrupoli e che, dopo quattordici anni di matrimonio, portò in casa un'amante. Senza figli, tormentata oltre misura dal marito, affaticata dai lavori casalinghi, Mechthild crollò fisicamente e patì grandi dolori per il resto della vita. In compenso Dio riempì questa donna, colta e piena di temperamento, della ricchezza dei suoi doni di grazia: mentre coltivava un intenso rapporto con gli angeli, diventò anche madre spirituale di sacerdoti e di anime del purgatorio ed esperta guida spirituale di numerosi laici e religiosi, come la santa superiora generale delle Francescane di Sieben. Mechthild ebbe visioni e, in forma non visibile, portò nel suo corpo le stigmate di Gesù. Il 30 novembre del 1919, in seguito ad una grave infiammazione venosa, poté finalmente entrare nella tanto desiderata eternità.
Due consolatori per la consolatrice
Nella sua vocazione di consigliera e consolatrice, questa donna di grande talento "lavorò" soprattutto con il suo arcangelo, che chiamava volentieri il "compagno di Gabriele" : Io lo mando dai miei figli spirituali e lo prego di aiutarli". Uno di questi figli spirituali testimoniò in seguito: "L'arcangelo appariva a Mechthild in abiti diversi. Se veniva in verde chiaro, significava piccole contrarietà; se veniva in verde scuro, si avvicinavano grandi sofferenze; se veniva in abiti sacerdotali, per esempio in alba con la stola incrociata, aveva grandi grazie da annunciare. La sera si presentava molto spesso in abito marrone e con un bastone da pellegrino; era il segno che la stava venendo a prendere". Ma per andare dove? In "escursioni" mistiche in bilocazione. L'angelo le gettava sopra un mantello grigio e la portava con lui, ad esempio, sul fronte occidentale della Prima Guerra Mondiale, dove Mechthild, come sant'Anna Schaeffer, passava notti intere sui campi di battaglia o nei lazzaretti a curare i feriti, alcuni dei quali la riconobbero dopo il loro ritorno a casa. Oppure si ritrovava improvvisamente in Belgio per guidare alla conversione dei peccatori in punto di morte.
Una volta l'angelo la portò in una chiesa, nella quale il tabernacolo era stato forzato e le Ostie consacrate gettate a terra e calpestate. "Insieme al mio arcangelo potei raccogliere i piccoli frammenti delle santissime Ostie che giacevano ancora in terra, perché alcune parti erano rimaste attaccate alle scarpe dei malfattori, e poi offrire riparazione davanti al tabernacolo". Naturalmente i due angeli consolavano Mechthild anche nelle sue sofferenze: "Oggi mi sono rifugiata dagli angeli. Allora ho visto davanti a me il mio angelo custode in tutta la sua magnificenza. Si è chinato sopra il mio letto e mi ha detto: 'Non sei sola. Vedi, io veglio giorno e notte presso di te ... asciuga le tue lacrime e porta le tue preghiere davanti al Signore. E anche il mio fratello, il compagno di Gabriele, è di nuovo presso di te, ti porta molta forza per sopportare le tante amarezze ... quindi, sii coraggiosa! '." Gli angeli esortavano senza sosta Mechthild a fare per amore di Dio ciò che essi, come puri spiriti, non possono fare, vale a dire soffrire. "Ringrazia Dio per questo invece di lamentarti! Sopporta tutti i dolori in unione alle sofferenze e alla morte di Gesù ... Quanto sei fortunata e degna d'invidia, perché puoi e ti è dato di sopportare così tanto!". E il santo arcangelo Raffaele, il potente angelo della consolazione, le fece capire: "Quanto è grande il valore della sofferenza! Non può essere compreso adeguatamente da nessun uomo, tanto meno la superiorità e la grandezza della dignità sacerdotale ... anche questa conoscenza appartiene alle beatitudini dell'eternità".

Una volta Mechthild fu ammonita dall'arcangelo: "Sii attenta che tutti i tuoi pensieri e opere inizino in Dio e finiscano in Dio". Appena io dissi che lo trovavo difficile perché richiedeva una continua attenzione, mi fu risposto: "Per Dio e per la volontà di Dio niente può esserti difficile ... Libera il tuo cuore da tutto ciò che è mondano e Dio vi dimorerà. Dai al tuo Creatore e Signore tutto il tuo cuore e Lui ti darà tutto il Suo amore".
Difensore del sacerdozio
A Mechthild Thaller fu mostrato che non solo gli uomini hanno un proprio angelo custode, ma anche le diocesi, le parrocchie, i chiostri e i seminari hanno i loro potenti protettori. Una volta, infatti, si presentò a lei l'angelo del seminario locale. "Appartiene al coro dei Troni ed è di una sconvolgente maestà, pieno d'ineffabile dignità, colmo di santa compostezza. Mi sollecitò a ricordare il seminario ogni giorno nelle mie preghiere e sofferenze: 'Nessuno si rammenta di me, nessuno mi chiama e Dio mi ha dato un potere così grande! '." L' arcangelo di Mechthild, già agli inizi del 20° secolo, le rivelò: "In questo momento il diavolo lavora di nascosto e in segreto alla mistcazione delle anime; egli è all'opera per allentare nei futuri giovani sacerdoti la morale e le certezze della fede ... il veleno è stato loro somministrato senza che lo abbiano riconosciuto come tale ... e il diavolo avrà più successo che al tempo della Riforma".
La "confidente degli angeli" poté vedere anche l'eccelso angelo del suo direttore spirituale nel momento in cui egli le faceva visita insieme ad un amico sacerdote: "L'angelo appare così venerando e magnifico che io ne sono completamente confusa ... Nella mano sinistra tiene uno scettro, la destra è libera e sempre pronta a sostenere il mio direttore, a guidare e a benedire".

Le scarpe dell'Angelo

La serva di Dio Giuseppina Berettoni (1875-1927) trascorse la maggior parte della sua vita a Roma. Fu una grande donna di preghiera per la conversione di "pesci grossi", un'anima espiatoria per i sacerdoti, instancabile nel suo apostolato per i poveri. Nonostante avesse solo il necessario per vivere e fosse molto modesta e senza pretese per sé, divenne famosa in tutta la città per le sue opere di beneficenza. Le sorelle Maria e Teresa Borzelli, pie e buone, proprietarie di un laboratorio di camiceria in Via Ripetta, avrebbero potuto riferirlo ampiamente. Quando aveva 27 anni queste due donne accolsero Giuseppina nel loro appartamento e la ospitarono dal 1902 al 1907; e il via vai dei poveri divenne una consuetudine quotidiana. Con
il passare del tempo fu anche un po' troppo. Giuseppina, conosciuta come anima santa e capace di consolare, dava una mano nel laboratorio, ma la maggior parte del tempo era in giro per assistere gli orfani e i senzatetto, per insegnare il catechismo nelle parrocchie, per preparare i bambini alla Prima Comunione e per visitare i malati, i carcerati o i moribondi, spesso anche in bilocazione.
Un giorno del 1906 qualcuno suonò alla piccola abitazione delle sorelle Borzelli. Una povera donna stava sulla porta piena di vergogna. Anche questa volta Giuseppina, già pronta per uscire, ascoltò la triste storia dell'anziana visitatrice malata. Lo sguardo le cadde subito sui piedi piagati e gonfi della poveretta, coperti alla meno peggio da scarpe deformate e sfondate senza rimedio. Giuseppina non ebbe esitazioni: si sfilò le sue e le diede gentilmente alla donna assicurandole di averne un altro paio, anche se questo non deve essere inteso alla lettera. La donna se ne andò tutta contenta e subito si dovette calmare Maria Borzelli, adirata per questa generosità smisurata. Giuseppina però era sicura: "Non dovrò comprarne di nuove, perché il mio sposo non mi lascerà senza! ". La Provvidenza sarebbe entrata in azione.

Ma non sapendo quando questo sarebbe accaduto, Giuseppina mise ai piedi le pantofole di feltro che usava in casa, decisa ad uscire per le sue commissioni. In quel momento il suono del campanello annunciò un'altra visita. Teresa, più giovane e più indulgente, aprì la porta. Fuori aspettava un giovane ben vestito che doveva consegnare un pacco confezionato con carta fine. Con una bella calligrafia sopra c'era scritto "Per la signorina Giuseppina Berettoni, presso le signorine Borzelli" . "Non ho ordinato merce da nessuno" , gli disse Giuseppina e il giovanotto, facendo un gran sorriso, spiegò: "Sono scarpe, non dovete pagarle". — "Non le ho ordinate e non aspetto regali", insistette Giuseppina. Ma lo strano fattorino, sicuro del fatto suo, replicò: "Le mandano da dove non servono ordinazioni! ". Giuseppina stupita fece un'ultima obiezione: "Ma non mi andranno bene, le scarpe bisogna prima provarle" . La risposta del giovane fu pronta e perentoria: "Chi le manda sa tutto di lei: anche la misura delle scarpe!". E veloce come il vento, il giovanotto scappò via per le scale. Solo allora Giuseppina aprì la scatola e vide un paio di scarpe di pelle chiara, con un elegante cinturino da allacciare ad un minuscolo bottone. Erano di classe! Teresa, che le era accanto, esclamò commossa: "Vengono certo dal Paradiso!" e aiutò Giuseppina ad indossarle. Le stavano perfettamente.
Da parte sua Giuseppina non era stupita più di tanto. Molte volte nella sua vita la Provvidenza si era manifestata in episodi sorprendenti. Ma queste scarpe non erano troppo eleganti per il suo stile così semplice? La sera stessa andò a trovare il suo direttore spirituale, p. Alberto Blat, che tagliò corto con i suoi turbamenti: "Ha assolutamente necessità di scarpe, se le tenga ai piedi e se ne serva per proseguire il suo cammino di apostolato! Dopotutto", aggiunse il pur tanto serio domenicano, "non può essere che il Signore, ogni tanto, voglia compiacersi di adornare le sue spose, che per Lui hanno abbandonato tutto? ".

Ho visto il mio Angelo

Il padre gesuita bavarese Giovanni Battista Reus arrivò in Brasile nel 1900 all'età di 32 anni. In quello stesso anno nacque Cecy Cony, che, fin dai cinque anni, ebbe la grazia di sperimentare i consigli e gli aiuti del suo angelo custode. Padre Reus, anche lui con esperienze mistiche, conobbe Cecy da francescana con il nome di sr Maria Antonia. Egli assunse la sua guida spirituale e le affidò il compito di trascrivere i suoi ricordi di infanzia, dai quali prendiamo le citazioni che seguono.

Cecy crebbe nell'ambiente protetto di una famiglia brasiliana benestante e credente. L'amore di predilezione del padre e la buona educazione ricevuta dalla balia Acacia formarono subito la delicata coscienza della bambina. Cecy, infatti, si pentiva tra le lacrime delle sue piccole mancanze di obbedienza e amore perché "con compassione" voleva procurare solo gioia a Gesù sofferente. Aveva appena cinque anni quando Dio le donò la grazia di conoscere il suo angelo custode, che l'accompagnò e istruì per 30 anni. Nei suoi appunti Cecy scrisse di non vederlo, né sentirlo fisicamente con i suoi occhi e i suoi orecchi: lo vedeva e sentiva in un modo spirituale che non è meno reale e lascia nell'animo una grande lucidità.
Un giorno di Carnevale del 1905 Cecy, vestita in maschera come tutti i bambini, insieme ad Acacia, si recò alla piazza del Mercato, dove bambini e adulti si divertivano nei loro costumi. "Improvvisamente comparve un uomo in costume con una maschera terribile. Ancora oggi ricordo i suoi occhi scintillanti. Mi si avvicinò e mi prese per mano. Io quasi morivo dallo spavento. Tenuta dalla sua grande mano feci con lui alcuni passi. In quel momento mi accorsi che vicino a me c'era anche un angelo. Lo avevo visto così in un quadro. Non lo vedevo fisicamente, ma in un modo del tutto chiaro ed inequivocabile, come reale era colui che mi stava accanto mascherato. Subito pensai che Gesù mi aveva mandato un angelo affinché restasse accanto a me e mi portasse a casa. E stranamente, nello stesso momento, l'essere mascherato mi spinse e sparì. Tutto d'un tratto non lo vidi più. Allo spavento paralizzante seguì una pace così soave, poiché avevo fiducia in questo `nuovo amico' mandatomi da Gesù". E Cecy fece ritorno a casa con la compagnia di questo suo nuovo amico.
Sopportare in silenzio le ingiustizie
Da quel momento in poi il "nuovo amico" insegnò alla sua protetta il vero amore, chiedendole spesso dei sacrifici eroici per un bambino. Un pomeriggio, accompagnata dalla sua governante, insieme ai figli dei vicini, come al solito Cecy si recò alla latteria per bere del latte fresco: ogni bambino aveva con sé la propria tazza. Quel giorno le compagne di gioco litigarono tra di loro perché Chiquita, una delle amiche, voleva bere dalla tazza di Cecy e lei non gliela voleva dare. Nella zuffa la tazza cadde a terra e si ruppe. Chiquita corse tutta agitata dalla governante gridando: "Cecy ha gettato apposta la tazza che si è rotta!". Acacia ovviamente sgridò Cecy dicendole: "Maleducata, adesso non hai più la tazza, così il latte non lo berrai e starai a guardare gli altri bambini mentre lo fanno". Cecy era indignata e adirata. Avrebbe voluto prendere immediatamente la tazza di Chiquita e farle fare la stessa fine della sua, ma in quel momento intervenne il suo angelo custode. "Allo stesso modo in cui prima mi aveva impedito di rubare delle pesche, così in quel momento l'angelo mi impedì di realizzare il mio proposito. Mi insegnò come sia odioso vendicarsi in modo così meschino e mi mostrò anche come la povera Chiquita avesse compiuto due gravissimi errori. Aveva intenzionalmente rotto la mia tazza e in più aveva mentito. Devo solo alla presenza del mio angelo custode il non essermi giustificata con Acacia perché di lui avevo molto più timore che di ogni altra autorità".
Sacrifici per la Madre di Dio
Dalle vite dei bambini di Fatima sappiamo quale grande efficacia abbiano, per la salvezza delle anime, i piccoli sacrifici fatti con amore. A dodici anni Cecy decise di compiere dei sacrifici per amore della Madonna e prepararsi in questo modo ad entrare nella Congregazione di Maria; fu il suo angelo custode ad aiutarla amorevolmente in questo proposito. Un giorno, golosa, stava per prendere ancora un po' di zucchero, "ma in quel momento la mano del mio angelo santo me lo impedì. Lo fissai e vidi nel suo volto la serietà che ben conoscevo. Allora versai l'intero contenuto della bustina nel barattolo. E nello stesso istante brillò l'imparagonabile splendore del mio angelo. Fu la mia felicità e gioia". Questo sguardo significava per Cecy più di ogni altra cosa al mondo. In un'altra occasione l'angelo la spinse a regalare ad una mendicante tutta la scorta di cibo che lei aveva preso con sé per una gita e per questo la ragazza si presentò dai compagni con il cesto vuoto. Allora fu l'amorevole sguardo dell'angelo custode ad aiutarla ad accettare in silenzio l'umiliazione di venire derisa dagli altri, anche se poi confessò: "Nessuno può immaginare quanto mi sia costato!".
Un'altra volta l'angelo custode liberò la sua protetta da un demone che, durante un ballo, sotto le sembianze di un giovane uomo, voleva stringerla a sé; inoltre la salvò dalla violenza di un ubriaco. Egli la tratteneva dal dire bugie per il suo proprio tornaconto e le diede il coraggio di difendere Gesù di fronte a dei soldati. In modo particolare, quando Cecy incontrava dei poveri, l'angelo custode la spingeva a fare beneficenza, senza badare alla giovane età della fanciulla, che così doveva rinunciare a tutti i suoi risparmi per i bisognosi.
Vincitrice nel combattimento spirituale
Sotto la salda ed amorosa mano del suo angelo custode e seguita da una valida guida spirituale, Cecy si fece donna. Se prima non aveva mai dubitato della sua vocazione alla vita consacrata, quando ebbe vent'anni iniziò ad avere al riguardo delle battaglie spirituali, che lei stessa non sapeva spiegare. Soprattutto il pensiero che, entrando in convento, avrebbe dovuto separarsi dall'amato padre le sembrava un ostacolo insormontabile. "Pur di distrarmi dai miei dissidi interiori, partecipavo più del solito ai divertimenti e alle gite, ma non trovavo in essi la distrazione cercata, anzi la mia anima provava addirittura una forte repulsione". Durante i giochi, che si svolgevano ogni domenica, regnava un clima entusiasta e sereno, dal quale anche Cecy si faceva contagiare. "In quei momenti la mano di un amico mi toccò la spalla dolcemente, molto dolcemente. Subito tutto mi dette fastidio e la mia anima desiderò di nuovo ardentemente il suo ideale. Da quel momento accadde spesso. Proprio quando arrivavo al punto di provare un certo soddisfacimento e una certa gioia per le distrazioni terrene, interveniva il mio santo amico ". Così conobbe la nullità di ogni cosa terrena e giunse nuovamente, con fatica, a quella decisione che aveva preso il giorno della sua Prima Comunione, e cioè voler appartenere totalmente a Dio. A 26 anni Cecy entrò nel convento delle Francescane di San Leopoldo e due anni più tardi ricevette il nome di suor Maria Antonia. Come apprezzata insegnante lavorò nella Casa Madre finché nel 1935 iniziarono violente battaglie interiori. Nel frattempo scomparve la presenza sensibile del suo angelo custode ed anno dopo anno aumentarono le sofferenze espiatorie, finché infine le sue forze si esaurirono. Nella notte tra il 24 e il 25 aprile suor Maria Antonia consegnò la sua anima nelle mani di Dio. Aveva 38 anni.

Cecy non è ancora stata proclamata santa, ma in patria viene venerata come tale perché, poco dopo la pubblicazione delle sue memorie, tante preghiere vennero esaudite in modo prodigioso.

Tratto dalla rivista “Il Trionfo del Cuore” - Settembre/Ottobre 2019
Redazione PDF-Famiglia di Maria

Articoli correlati per categorie



Nessun commento:

Posta un commento