La
Chiesa insegna che ogni uomo, battezzato o non battezzato, credente o
non credente, riceve da Dio un angelo che, durante tutta la vita, gli
resta a fianco con il compito di accompagnarlo sulla via della
perfezione e di proteggerlo. Quasi nessuno di noi riceve la grazia di
vedere questo compagno celeste, il nostro migliore amico che non ci
abbandona mai. Ci sono tuttavia alcuni ai quali è stato concesso di
rivolgere uno sguardo nelle realtà invisibili; loro ci possono
aiutare a donare più attenzione e amore al nostro angelo custode e
così ricorrere più efficacemente al suo soccorso. Questo è il
motivo per cui in questo numero del "Trionfo del Cuore"
vogliamo farci "arricchire" soprattutto dalle esperienze
dei mistici.
Tradizionalmente
la Chiesa Cattolica ricorda gli angeli custodi nel mese di settembre
e il 2 di ottobre celebra la loro memoria. Per questo si appella a
Gesù stesso, che ai suoi discepoli ha parlato di questi meravigliosi
esseri spirituali: "Guardatevi dal disprezzare uno solo di
questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono
sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli". Pochi anni
dopo questo insegnamento, san Pietro ha potuto sperimentare
personalmente l'aiuto di un angelo: gli Atti degli Apostoli riportano
in modo impressionante che la notte prima che Erode lo portasse in
giudizio davanti al popolo, l'angelo lo liberò dalle catene e lo
guidò nel carcere attraverso quattro posti di guardia, senza che
fosse visto. I fatti storici confermano che qui non si tratta di una
favola. L'angelo custode è l'espressione dell'amorosa premura con la
quale Dio ci circonda. Gli angeli vogliono e possono servire i loro
protetti, dei quali tuttavia rispettano pienamente la libertà. Più
profonda è la relazione di una persona con il suo angelo, più lo
invoca, più questo compagno celeste può aiutare colui che gli è
stato affidato e farlo partecipe delle sue capacità.
Uno
dei compiti del nostro compagno celeste è quello di proteggerci dai
pericoli del corpo e dell'anima. "Ha comandato ai suoi angeli di
custodirti in ogni tuo passo", recitiamo nel salmo 91. L'angelo
inoltre presenta a Dio le nostre preghiere, con noi adora il Creatore
e intercede per noi. San Giovanni lo vide in una delle sue visioni
apocalittiche: un angelo si presenta davanti all'altare d'oro del
trono di Dio e brucia l'incenso "per offrire a Dio le preghiere
di tutti i santi" .
Nelle
situazioni difficili il nostro angelo custode ci spinge ad essere
misericordiosi e a risolvere i contrasti con il perdono e la bontà,
poiché facendolo imitiamo l'amore di Dio in modo più perfetto. Gli
angeli hanno collaborato nella creazione e in tutta la storia della
salvezza, allo stesso modo è affidato loro anche il compito di
realizzare, insieme a noi uomini, la richiesta del Padre Nostro:
"Venga il tuo Regno".
Questo
però comporta dover superare quella lotta spirituale di cui scrive
san Paolo nella Lettera agli Efesini: "La nostra battaglia
infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e
le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli
spiriti del male che abitano nelle regioni celesti". Gli angeli
custodi, grazie alle ispirazioni divine che ci trasmettono, sono un
aiuto insostituibile e insuperabile in questa lotta spirituale. I
grandi asceti del deserto furono maestri nel riconoscere e verificare
l'origine dei loro propri pensieri, se fossero ispirati dal bene o
dal male. Oggi solo pochi possiedono questa facoltà di discernere
gli spiriti, ma questo discernimento è tanto importante per poter
effettivamente collaborare alla realizzazione del Regno di Dio su
questa terra.
Rivolgiamoci
quindi molto più spesso al nostro angelo custode affinché ci possa
insegnare a vivere secondo la volontà di Dio e i suoi comandamenti!
La voce dell'angelo è dolce e non è invadente; chi però si rivolge
con fiducia a lui si stupirà della prontezza con la quale sarà
aiutato dal suo compagno celeste e imparerà ad ascoltare meglio il
migliore amico della sua vita.
Il
roseto in fiore
Anche la vita di santa Liduina di Schiedam in Olanda (1380-1433), una
delle più toccanti storie di sofferenza offerta per l'unità della
Chiesa, mostra chiaramente come ogni angelo custode sia fedele nello
stare vicino e nel dare consolazione al suo protetto nella malattia,
nel dolore e nell'oscurità.
Tutto
iniziò in modo apparentemente innocuo nell'inverno del 1395. A 15
anni, pattinando sul ghiaccio, Liduina ebbe una caduta così infelice
che si fratturò una costola. Nel punto della frattura, però, si
formò un ascesso e presto tutto il corpo della ragazza si ricoprì
di ulcere maleodoranti, dalle quali uscivano addirittura dei vermi.
Il suo braccio destro in putrefazione fu quasi diviso dal corpo,
collegato solo da un muscolo. Così, in un'opera di corredenzione che
durò 38 anni, Liduina espiò i mali e gli abusi della Chiesa del suo
tempo, che con lo Scisma d'Occidente (1378-1417) restò anch'essa
divisa per 38 anni, con due e addirittura tre pontefici "in
carica" contemporaneamente. "Che vita! ", si potrebbe
pensare. Sì, la giovane olandese, piena di gioia di vivere, nei
primi quattro anni, fece molta fatica ad accettare la sua crescente
infermità, la solitudine, i giudizi cattivi e le tribolazioni
interiori. "Liduina", che in olandese significa: "colei
che piange di dolore", pianse davvero spesso amaramente, finché
il padre confessore le diede il saggio consiglio di attingere
consolazione interiore dalla contemplazione della Passione di Gesù.
Ciò che inizialmente le aveva suscitato solo ripugnanza, divenne
presto per l'ammalata il bisogno più profondo: soffrire con e per il
Crocifisso al punto da arrivare a dire: "Se una sola Ave Maria
potesse guarirmi, non la direi! " . Non mancarono meravigliose
consolazioni celesti in tante diverse situazioni! Oltre a visioni ed
estasi, esistono ricche testimonianze delle frequenti visite degli
angeli a Liduina, in particolare della sua unione con l'angelo
custode. La veniva a trovare ogni giorno, era il suo confidente e al
tempo stesso il suo migliore amico. Liduina conosceva addirittura gli
angeli custodi dei suoi padri confessori e direttori spirituali, dei
suoi parenti e di molti sacerdoti, così come anche quelli di persone
semplici o distinte che, dai dintorni o dall'estero, accorrevano al
suo capezzale per chiedere aiuto o un consiglio illuminato. Il suo
angelo custode si mostrava a Liduina sotto diversi aspetti, talvolta
come un giovane nobile, ma sempre in una luminosità raggiante, a
volte così forte da farle ritenere che la luce di mille soli insieme
non sarebbe in grado di generare un simile splendore. Sulla fronte
portava sempre il segno della croce.
Una
volta la incoraggiò: "Liduina, vuoi continuare a patire questa
febbre per liberare dal purgatorio le anime dei tuoi parenti? "
. "Sono pronta a soffrire volentieri", rispose lei, "anche
per altri 40 anni, fino al mio ultimo respiro, se questo serve per la
conversione di un solo peccatore o per liberare una sola anima dal
purgatorio". Accadde più volte che l'ammalata, perennemente
costretta al suo giaciglio di paglia, nella contemplazione della
Passione di Cristo improvvisamente venisse rapita dal suo angelo
custode e portata in Palestina, dove sul Calvario le veniva concesso
di prendere parte alla Passione e morte del suo amato Signore. Il suo
accompagnatore la portava spesso in spirito anche in altri luoghi
sacri, che poi lei era in grado di nominare e descrivere in modo
esatto. In tutti questi misteriosi "viaggi", l'angelo
custode la prendeva sempre per mano; l'accompagnò anche in
purgatorio o sugli splendidi prati del Paradiso, dove crescevano e
fiorivano rose, gigli e le più belle varietà di fiori profumati.
Quando dopo queste "escursioni" tornava nella sua piccola
stanzetta, le amiche di Liduina notavano sempre lo splendore che
irradiava da lei e il meraviglioso e delicato profumo che la
circondava. In particolare dalla mano, che l'angelo custode aveva
tenuto, emanava sempre una pregevole fragranza.
Tre
o quattro volte all'anno, in Paradiso, Liduina poteva vedere un
roseto, che da piccolo, con il passare del tempo, diventava sempre
più grande, un chiaro simbolo della sua vocazione di espiazione per
la Chiesa. L'angelo custode le fece capire che la sua missione si
sarebbe pienamente compiuta solo quando tutti i boccioli del roseto
sarebbero sbocciati in rose. Per questo spesso le veniva chiesto:
"Liduina, le rose sono fiorite tutte?". Ma la risposta era
sempre: "Ne mancano ancora molte", finché tre mesi prima
di morire esultò: "Vedo il roseto rigoglioso e tutti i boccioli
di rosa fioriti. Presto mi solleverò da questa valle di lacrime".
Aveva ragione! Nell'ottava di Pasqua del 1433, morì a 53 anni. Tutta
la putrefazione, le ferite e le ulcere scomparvero allora dal suo
corpo divenuto intatto e profumato.
Con
un mantello e un bastone da pellegrino
La
vita e le opere della mistica bavarese Mechthild Thaller-Schónwerth
(1868-1919) sono ancora poco conosciute. Eppure le esperienze di
questa vera "confidente degli angeli", come giustamente è
chiamata, permettono uno sguardo profondo nel mondo e nel compito dei
nostri angeli custodi.
La
nascita di Mechthild in un venerdì santo a Monaco di Baviera costò
quasi la vita alla madre, che purtroppo non riuscì mai a perdonare
alla bambina innocente quanto accaduto. Per la mancanza d'affetto da
parte della mamma, nella piccola nacque precocemente un grande amore
per il Crocifisso; a quattro anni Mechthild cominciò a vedere il suo
angelo custode.
In seguito Dio le donò una
seconda guida invisibile: "Il mio secondo angelo appartiene agli
arcangeli. È amorevole, ma molto serio. Mi fortificherà secondo la
volontà di Dio e resterà con me fino alla morte" . L'arcangelo
e il saggio padre spirituale, che riconobbe la vita di grazia della
bambina, la prepararono con straordinaria fermezza alle sue
sofferenze future. Sapendo di essere chiamata al matrimonio, ad
appena 17 anni Mechthild sposò un uomo che presto si rivelò essere
un tiranno senza scrupoli e che, dopo quattordici anni di matrimonio,
portò in casa un'amante. Senza figli, tormentata oltre misura dal
marito, affaticata dai lavori casalinghi, Mechthild crollò
fisicamente e patì grandi dolori per il resto della vita. In
compenso Dio riempì questa donna, colta e piena di temperamento,
della ricchezza dei suoi doni di grazia: mentre coltivava un intenso
rapporto con gli angeli, diventò anche madre spirituale di sacerdoti
e di anime del purgatorio ed esperta guida spirituale di numerosi
laici e religiosi, come la santa superiora generale delle Francescane
di Sieben. Mechthild ebbe visioni e, in forma non visibile, portò
nel suo corpo le stigmate di Gesù. Il 30 novembre del 1919, in
seguito ad una grave infiammazione venosa, poté finalmente entrare
nella tanto desiderata eternità.
Due
consolatori per la consolatrice
Nella
sua vocazione di consigliera e consolatrice, questa donna di grande
talento "lavorò" soprattutto con il suo arcangelo, che
chiamava volentieri il "compagno di Gabriele" : Io lo mando
dai miei figli spirituali e lo prego di aiutarli". Uno di questi
figli spirituali testimoniò in seguito: "L'arcangelo appariva a
Mechthild in abiti diversi. Se veniva in verde chiaro, significava
piccole contrarietà; se veniva in verde scuro, si avvicinavano
grandi sofferenze; se veniva in abiti sacerdotali, per esempio in
alba con la stola incrociata, aveva grandi grazie da annunciare. La
sera si presentava molto spesso in abito marrone e con un bastone da
pellegrino; era il segno che la stava venendo a prendere". Ma
per andare dove? In "escursioni" mistiche in bilocazione.
L'angelo le gettava sopra un mantello grigio e la portava con lui, ad
esempio, sul fronte occidentale della Prima Guerra Mondiale, dove
Mechthild, come sant'Anna Schaeffer, passava notti intere sui campi
di battaglia o nei lazzaretti a curare i feriti, alcuni dei quali la
riconobbero dopo il loro ritorno a casa. Oppure si ritrovava
improvvisamente in Belgio per guidare alla conversione dei peccatori
in punto di morte.
Una
volta l'angelo la portò in una chiesa, nella quale il tabernacolo
era stato forzato e le Ostie consacrate gettate a terra e calpestate.
"Insieme al mio arcangelo potei raccogliere i piccoli frammenti
delle santissime Ostie che giacevano ancora in terra, perché alcune
parti erano rimaste attaccate alle scarpe dei malfattori, e poi
offrire riparazione davanti al tabernacolo". Naturalmente i due
angeli consolavano Mechthild anche nelle sue sofferenze: "Oggi
mi sono rifugiata dagli angeli. Allora ho visto davanti a me il mio
angelo custode in tutta la sua magnificenza. Si è chinato sopra il
mio letto e mi ha detto: 'Non sei sola. Vedi, io veglio giorno e
notte presso di te ... asciuga le tue lacrime e porta le tue
preghiere davanti al Signore. E anche il mio fratello, il compagno di
Gabriele, è di nuovo presso di te, ti porta molta forza per
sopportare le tante amarezze ... quindi, sii coraggiosa! '." Gli
angeli esortavano senza sosta Mechthild a fare per amore di Dio ciò
che essi, come puri spiriti, non possono fare, vale a dire soffrire.
"Ringrazia Dio per questo invece di lamentarti! Sopporta tutti i
dolori in unione alle sofferenze e alla morte di Gesù ... Quanto sei
fortunata e degna d'invidia, perché puoi e ti è dato di sopportare
così tanto!". E il santo arcangelo Raffaele, il potente angelo
della consolazione, le fece capire: "Quanto è grande il valore
della sofferenza! Non può essere compreso adeguatamente da nessun
uomo, tanto meno la superiorità e la grandezza della dignità
sacerdotale ... anche questa conoscenza appartiene alle beatitudini
dell'eternità".
Una
volta Mechthild fu ammonita dall'arcangelo: "Sii attenta che
tutti i tuoi pensieri e opere inizino in Dio e finiscano in Dio".
Appena io dissi che lo trovavo difficile perché richiedeva una
continua attenzione, mi fu risposto: "Per Dio e per la volontà
di Dio niente può esserti difficile ... Libera il tuo cuore da tutto
ciò che è mondano e Dio vi dimorerà. Dai al tuo Creatore e Signore
tutto il tuo cuore e Lui ti darà tutto il Suo amore".
Difensore
del sacerdozio
A Mechthild Thaller fu
mostrato che non solo gli uomini hanno un proprio angelo custode, ma
anche le diocesi, le parrocchie, i chiostri e i seminari hanno i loro
potenti protettori. Una volta, infatti, si presentò a lei l'angelo
del seminario locale. "Appartiene al coro dei Troni ed è di una
sconvolgente maestà, pieno d'ineffabile dignità, colmo di santa
compostezza. Mi sollecitò a ricordare il seminario ogni giorno nelle
mie preghiere e sofferenze: 'Nessuno si rammenta di me, nessuno mi
chiama e Dio mi ha dato un potere così grande! '." L' arcangelo
di Mechthild, già agli inizi del 20° secolo, le rivelò: "In
questo momento il diavolo lavora di nascosto e in segreto alla
mistcazione delle anime; egli è all'opera per allentare nei futuri
giovani sacerdoti la morale e le certezze della fede ... il veleno è
stato loro somministrato senza che lo abbiano riconosciuto come tale
... e il diavolo avrà più successo che al tempo della Riforma".
La
"confidente degli angeli" poté vedere anche l'eccelso
angelo del suo direttore spirituale nel momento in cui egli le faceva
visita insieme ad un amico sacerdote: "L'angelo appare così
venerando e magnifico che io ne sono completamente confusa ... Nella
mano sinistra tiene uno scettro, la destra è libera e sempre pronta
a sostenere il mio direttore, a guidare e a benedire".
Le
scarpe dell'Angelo
La serva di Dio Giuseppina
Berettoni (1875-1927) trascorse la maggior parte della sua vita a
Roma. Fu una grande donna di preghiera per la conversione di "pesci
grossi", un'anima espiatoria per i sacerdoti, instancabile nel
suo apostolato per i poveri. Nonostante avesse solo il necessario per
vivere e fosse molto modesta e senza pretese per sé, divenne famosa
in tutta la città per le sue opere di beneficenza. Le sorelle Maria
e Teresa Borzelli, pie e buone, proprietarie di un laboratorio di
camiceria in Via Ripetta, avrebbero potuto riferirlo ampiamente.
Quando aveva 27 anni queste due donne accolsero Giuseppina nel loro
appartamento e la ospitarono dal 1902 al 1907; e il via vai dei
poveri divenne una consuetudine quotidiana. Con
il passare del tempo fu anche
un po' troppo. Giuseppina, conosciuta come anima santa e capace di
consolare, dava una mano nel laboratorio, ma la maggior parte del
tempo era in giro per assistere gli orfani e i senzatetto, per
insegnare il catechismo nelle parrocchie, per preparare i bambini
alla Prima Comunione e per visitare i malati, i carcerati o i
moribondi, spesso anche in bilocazione.
Un
giorno del 1906 qualcuno suonò alla piccola abitazione delle sorelle
Borzelli. Una povera donna stava sulla porta piena di vergogna. Anche
questa volta Giuseppina, già pronta per uscire, ascoltò la triste
storia dell'anziana visitatrice malata. Lo sguardo le cadde subito
sui piedi piagati e gonfi della poveretta, coperti alla meno peggio
da scarpe deformate e sfondate senza rimedio. Giuseppina non ebbe
esitazioni: si sfilò le sue e le diede gentilmente alla donna
assicurandole di averne un altro paio, anche se questo non deve
essere inteso alla lettera. La donna se ne andò tutta contenta e
subito si dovette calmare Maria Borzelli, adirata per questa
generosità smisurata. Giuseppina però era sicura: "Non dovrò
comprarne di nuove, perché il mio sposo non mi lascerà senza! ".
La Provvidenza sarebbe entrata in azione.
Ma
non sapendo quando questo sarebbe accaduto, Giuseppina mise ai piedi
le pantofole di feltro che usava in casa, decisa ad uscire per le sue
commissioni. In quel momento il suono del campanello annunciò
un'altra visita. Teresa, più giovane e più indulgente, aprì la
porta. Fuori aspettava un giovane ben vestito che doveva consegnare
un pacco confezionato con carta fine. Con una bella calligrafia sopra
c'era scritto "Per la signorina Giuseppina Berettoni, presso le
signorine Borzelli" . "Non ho ordinato merce da nessuno"
, gli disse Giuseppina e il giovanotto, facendo un gran sorriso,
spiegò: "Sono scarpe, non dovete pagarle". — "Non
le ho ordinate e non aspetto regali", insistette Giuseppina. Ma
lo strano fattorino, sicuro del fatto suo, replicò: "Le mandano
da dove non servono ordinazioni! ". Giuseppina stupita fece
un'ultima obiezione: "Ma non mi andranno bene, le scarpe bisogna
prima provarle" . La risposta del giovane fu pronta e
perentoria: "Chi le manda sa tutto di lei: anche la misura delle
scarpe!". E veloce come il vento, il giovanotto scappò via per
le scale. Solo allora Giuseppina aprì la scatola e vide un paio di
scarpe di pelle chiara, con un elegante cinturino da allacciare ad un
minuscolo bottone. Erano di classe! Teresa, che le era accanto,
esclamò commossa: "Vengono certo dal Paradiso!" e aiutò
Giuseppina ad indossarle. Le stavano perfettamente.
Da parte sua Giuseppina non
era stupita più di tanto. Molte volte nella sua vita la Provvidenza
si era manifestata in episodi sorprendenti. Ma queste scarpe non
erano troppo eleganti per il suo stile così semplice? La sera stessa
andò a trovare il suo direttore spirituale, p. Alberto Blat, che
tagliò corto con i suoi turbamenti: "Ha assolutamente necessità
di scarpe, se le tenga ai piedi e se ne serva per proseguire il suo
cammino di apostolato! Dopotutto", aggiunse il pur tanto serio
domenicano, "non può essere che il Signore, ogni tanto, voglia
compiacersi di adornare le sue spose, che per Lui hanno abbandonato
tutto? ".
Ho
visto il mio Angelo
Il
padre gesuita bavarese Giovanni Battista Reus arrivò in Brasile nel
1900 all'età di 32 anni. In quello stesso anno nacque Cecy Cony,
che, fin dai cinque anni, ebbe la grazia di sperimentare i consigli e
gli aiuti del suo angelo custode. Padre Reus, anche lui con
esperienze mistiche, conobbe Cecy da francescana con il nome di sr
Maria Antonia. Egli assunse la sua guida spirituale e le affidò il
compito di trascrivere i suoi ricordi di infanzia, dai quali
prendiamo le citazioni che seguono.
Cecy
crebbe nell'ambiente protetto di una famiglia brasiliana benestante e
credente. L'amore di predilezione del padre e la buona educazione
ricevuta dalla balia Acacia formarono subito la delicata coscienza
della bambina. Cecy, infatti, si pentiva tra le lacrime delle sue
piccole mancanze di obbedienza e amore perché "con compassione"
voleva procurare solo gioia a Gesù sofferente. Aveva appena cinque
anni quando Dio le donò la grazia di conoscere il suo angelo
custode, che l'accompagnò e istruì per 30 anni. Nei suoi appunti
Cecy scrisse di non vederlo, né sentirlo fisicamente con i suoi
occhi e i suoi orecchi: lo vedeva e sentiva in un modo spirituale che
non è meno reale e lascia nell'animo una grande lucidità.
Un giorno di Carnevale del
1905 Cecy, vestita in maschera come tutti i bambini, insieme ad
Acacia, si recò alla piazza del Mercato, dove bambini e adulti si
divertivano nei loro costumi. "Improvvisamente comparve un uomo
in costume con una maschera terribile. Ancora oggi ricordo i suoi
occhi scintillanti. Mi si avvicinò e mi prese per mano. Io quasi
morivo dallo spavento. Tenuta dalla sua grande mano feci con lui
alcuni passi. In quel momento mi accorsi che vicino a me c'era anche
un angelo. Lo avevo visto così in un quadro. Non lo vedevo
fisicamente, ma in un modo del tutto chiaro ed inequivocabile, come
reale era colui che mi stava accanto mascherato. Subito pensai che
Gesù mi aveva mandato un angelo affinché restasse accanto a me e mi
portasse a casa. E stranamente, nello stesso momento, l'essere
mascherato mi spinse e sparì. Tutto d'un tratto non lo vidi più.
Allo spavento paralizzante seguì una pace così soave, poiché avevo
fiducia in questo `nuovo amico' mandatomi da Gesù". E Cecy fece
ritorno a casa con la compagnia di questo suo nuovo amico.
Sopportare
in silenzio le ingiustizie
Da quel momento in poi
il "nuovo amico" insegnò alla sua protetta il vero amore,
chiedendole spesso dei sacrifici eroici per un bambino. Un
pomeriggio, accompagnata dalla sua governante, insieme ai figli dei
vicini, come al solito Cecy si recò alla latteria per bere del latte
fresco: ogni bambino aveva con sé la propria tazza. Quel giorno le
compagne di gioco litigarono tra di loro perché Chiquita, una delle
amiche, voleva bere dalla tazza di Cecy e lei non gliela voleva dare.
Nella zuffa la tazza cadde a terra e si ruppe. Chiquita corse tutta
agitata dalla governante gridando: "Cecy ha gettato apposta la
tazza che si è rotta!". Acacia ovviamente sgridò Cecy
dicendole: "Maleducata, adesso non hai più la tazza, così il
latte non lo berrai e starai a guardare gli altri bambini mentre lo
fanno". Cecy era indignata e adirata. Avrebbe voluto prendere
immediatamente la tazza di Chiquita e farle fare la stessa fine della
sua, ma in quel momento intervenne il suo angelo custode. "Allo
stesso modo in cui prima mi aveva impedito di rubare delle pesche,
così in quel momento l'angelo mi impedì di realizzare il mio
proposito. Mi insegnò come sia odioso vendicarsi in modo così
meschino e mi mostrò anche come la povera Chiquita avesse compiuto
due gravissimi errori. Aveva intenzionalmente rotto la mia tazza e in
più aveva mentito. Devo solo alla presenza del mio angelo custode il
non essermi giustificata con Acacia perché di lui avevo molto più
timore che di ogni altra autorità".
Sacrifici
per la Madre di Dio
Dalle
vite dei bambini di Fatima sappiamo quale grande efficacia abbiano,
per la salvezza delle anime, i piccoli sacrifici fatti con amore. A
dodici anni Cecy decise di compiere dei sacrifici per amore della
Madonna e prepararsi in questo modo ad entrare nella Congregazione di
Maria; fu il suo angelo custode ad aiutarla amorevolmente in questo
proposito. Un giorno, golosa, stava per prendere ancora un po' di
zucchero, "ma in quel momento la mano del mio angelo santo me lo
impedì. Lo fissai e vidi nel suo volto la serietà che ben
conoscevo. Allora versai l'intero contenuto della bustina nel
barattolo. E nello stesso istante brillò l'imparagonabile splendore
del mio angelo. Fu la mia felicità e gioia". Questo sguardo
significava per Cecy più di ogni altra cosa al mondo. In un'altra
occasione l'angelo la spinse a regalare ad una mendicante tutta la
scorta di cibo che lei aveva preso con sé per una gita e per questo
la ragazza si presentò dai compagni con il cesto vuoto. Allora fu
l'amorevole sguardo dell'angelo custode ad aiutarla ad accettare in
silenzio l'umiliazione di venire derisa dagli altri, anche se poi
confessò: "Nessuno può immaginare quanto mi sia costato!".
Un'altra
volta l'angelo custode liberò la sua protetta da un demone che,
durante un ballo, sotto le sembianze di un giovane uomo, voleva
stringerla a sé; inoltre la salvò dalla violenza di un ubriaco.
Egli la tratteneva dal dire bugie per il suo proprio tornaconto e le
diede il coraggio di difendere Gesù di fronte a dei soldati. In modo
particolare, quando Cecy incontrava dei poveri, l'angelo custode la
spingeva a fare beneficenza, senza badare alla giovane età della
fanciulla, che così doveva rinunciare a tutti i suoi risparmi per i
bisognosi.
Vincitrice
nel combattimento spirituale
Sotto
la salda ed amorosa mano del suo angelo custode e seguita da una
valida guida spirituale, Cecy si fece donna. Se prima non aveva mai
dubitato della sua vocazione alla vita consacrata, quando ebbe
vent'anni iniziò ad avere al riguardo delle battaglie spirituali,
che lei stessa non sapeva spiegare. Soprattutto il pensiero che,
entrando in convento, avrebbe dovuto separarsi dall'amato padre le
sembrava un ostacolo insormontabile. "Pur di distrarmi dai miei
dissidi interiori, partecipavo più del solito ai divertimenti e alle
gite, ma non trovavo in essi la distrazione cercata, anzi la mia
anima provava addirittura una forte repulsione". Durante i
giochi, che si svolgevano ogni domenica, regnava un clima entusiasta
e sereno, dal quale anche Cecy si faceva contagiare. "In quei
momenti la mano di un amico mi toccò la spalla dolcemente, molto
dolcemente. Subito tutto mi dette fastidio e la mia anima desiderò
di nuovo ardentemente il suo ideale. Da quel momento accadde spesso.
Proprio quando arrivavo al punto di provare un certo soddisfacimento
e una certa gioia per le distrazioni terrene, interveniva il mio
santo amico ". Così conobbe la nullità di ogni cosa terrena e
giunse nuovamente, con fatica, a quella decisione che aveva preso il
giorno della sua Prima Comunione, e cioè voler appartenere
totalmente a Dio. A 26 anni Cecy entrò nel convento delle
Francescane di San Leopoldo e due anni più tardi ricevette il nome
di suor Maria Antonia. Come apprezzata insegnante lavorò nella Casa
Madre finché nel 1935 iniziarono violente battaglie interiori. Nel
frattempo scomparve la presenza sensibile del suo angelo custode ed
anno dopo anno aumentarono le sofferenze espiatorie, finché infine
le sue forze si esaurirono. Nella notte tra il 24 e il 25 aprile suor
Maria Antonia consegnò la sua anima nelle mani di Dio. Aveva 38
anni.
Cecy
non è ancora stata proclamata santa, ma in patria viene venerata
come tale perché, poco dopo la pubblicazione delle sue memorie,
tante preghiere vennero esaudite in modo prodigioso.
Tratto
dalla rivista “Il Trionfo del Cuore” - Settembre/Ottobre 2019
Redazione
PDF-Famiglia di Maria
Nessun commento:
Posta un commento