Le vie degli uomini sono agli antipodi di quelle di Dio, perché l'uomo guarda al proprio interesse momentaneo, e Dio guarda a quello eterno; l'uomo si preoccupa della propria gloria e Dio guarda l'esigenza della sua gloria, che diventa per le sue creature medesime diffusione di beni e di misericordie.
Il Signore non ha bisogno di noi, ma desidera i nostri omaggi, il nostro amore e la nostra dedizione a Lui, perché tutto questo si traduca nella nostra felicità. La sua gloria, diffusa nell'universo, ce lo fa conoscere e ci avvicina a Lui; la sua gloria, manifestata a noi, ci attrae nella sua volontà e ci fa vivere di Lui; la sua gloria, rifulgente negli atti stessi della giustizia, ci fa sentire che Egli solo è tutto e che a Lui solo dobbiamo tendere. La gloria di Dio ad intra è lo splendore della sua vita, ad extra è lo splendore della sua bontà che si diffonde. I nostri omaggi e la gloria che gli doniamo sono come nubi che si formano in alto e ricadono in pioggia sopra noi stessi. Ogni concentrazione nella nostra gloria, invece, è una perdita, più o meno grave e disastrosa a seconda della nostra stoltezza; la caduta angelica e quella umana sono la documentazione di questa verità. Dio non può avere, nel creato, delle immagini materiali che lo manifestino, ma si può dire che la sua gloria è la fulgente statua della sua realtà, come la gloria delle creature è l'idolo abietto che lo sfigura e lo rinnega.