sabato 31 ottobre 2015

O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria.....



Il padre Carlo Bovio racconta che a Dormans, in Francia, vi era un uomo il quale, pur essendo sposato, aveva una relazione con un'altra donna. La moglie, non potendo sopportare ciò, non faceva altro che invocare su di loro i castighi di Dio. Un giorno, andò in una chiesa, davanti a un altare della beata Vergine, a chiedere giustizia contro la donna che le toglieva il marito. Davanti a questa stessa immagine andava ogni giorno anche quella peccatrice a recitare un'Ave Maria. Una notte la divina Madre apparve in sogno alla moglie la quale, appena la vide, cominciò il suo solito ritornello: "Giustizia? A me chiedi giustizia? Va', trova altri che te la facciano; io non te la posso fare. Sappi che quella peccatrice mi recita ogni giorno un saluto e, qualunque sia la persona che così mi prega, io non posso permettere che essa soffra e sia castigata per i suoi peccati".

giovedì 29 ottobre 2015

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 14,1-6 - Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?




Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Parola del Signore



Riflessione

Come possiamo vedere Gesù non disdegna l'invito di nessuno, nonostante sappia molto bene che è un invito-tranello... Si trova a pranzare infatti con persone che non fanno altro che spiarlo, sempre in agguato, lo osservano con molta attenzione per vedere se trasgredisce la legge del sabato. Stanno in silenzio... non hanno il coraggio di parlare. Quindi, oltre a essere ipocriti, sono anche codardi. Ma Gesù conosce i pensieri del cuore di ognuno e sapeva che, anche se stavano in silenzio, il loro cuore mormorava . La cosa buffa è che Gesù, invece di comportarsi come un ospite, si comporta come il padrone di casa. Mi sa che in quel momento a qualcuno gli sia venuta l'idropisìa... le vene del collo gli saranno gonfiate come un pallone... non di liquido, ma di rabbia!!!
Molto spesso Gesù guariva di sabato. Allora mi sono domandata: scusa Gesù... ma con tutti i giorni a disposizione, dovevi proprio guarire la gente in quel giorno? Ma pensandoci bene proprio il sabato è il giorno del Signore e guarire una persona di sabato è un modo per santificare il buon Dio.
Gesù oggi ci vuole far capire che è giusto osservare una legge, ma la sua osservanza non deve andare a scapito dell'amore.
Veniamo ora ai nostri giorni...

La vita del Beato Alessio (OleKsa) Zaryckyj - Sacerdote dell’Arcidiocesi di Lviv Bilch, Ucraina, 17 ottobre 1912 – Dolynska, Kazakistan, 30 ottobre 1963




Il Beato Alessio Zaryckyj nacque, sestogenito, il 17 ottobre 1912 nel villaggio di Bil’ce del distretto di Medynyci, nella regione di Lviv (Ucraina). Ordinato sacerdote il 7 giugno 1936, il Beato partì per Stynova Alta e Stynova Bassa, in Galizia, con l’incarico di viceparroco. Di questo periodo abbiamo la testimonianza di Sua Beatitudine Josyp Slipyj che il 28 marzo 1964 mise per iscritto: “«Alessio» si distinse dagli altri per l’esercizio quotidiano delle virtù teologali e morali. Era, infatti, una personalità profondamente pia e religiosa, di spirito dolce e modesto. Me lo ricordo sempre allegro, vivace e pronto al lavoro. Non è quindi strano che già mentre studiava attirasse su di sè l’attenzione di tutti a causa dell’intensa vita spirituale che conduceva. Veniva, secondo i suoi meriti, giustamente considerato uno degli allievi più progrediti per quanto riguarda la sua formazione sacerdotale. Come sacerdote doveva essere nominato padre spirituale del Seminario Minore, però la sua salute fragile non glielo permise; fu quindi assegnata alla sua cura pastorale una parrocchia di campagna.”

AR PAPA NOSTRO, GAJARDO E TOSTO! (In ricordo di San Giovanni Paolo II) - Poesia in dialetto romanesco di Padre Lucio Maria Zappatore, O. Carm.




Ciài lassati così, a poco a poco,
sempre più curvo in quer vestito bianco.
Fino all’urtimo hai fatto véde er foco
ch’ardeva drento ar core tuo, mai stanco.

Quanno ch’hai dato er pugno sur leggìo,
perché nun ce riuscivi più a parlà,
se semo messi tutti a pregà Iddio,
che te facesse ancora un po’ campà.

Ciài visto ‘n quela piazza? Che rimpianto!
Ce bastava sapé che stavi lì:
saressimo restati nun sai quanto,
pe’ fatte compagnia e facce sentì.

Ma mo te ne sei annato veramente,
e ce resta quer: “damose da fà”!
Tu nun ciài detto “dateve”, ma in mente,
te vorzi mette in mezzo p’ aiutà.

Io penzo che l’hai detto a sta magnera,
sapenno che la strada de quaggiù,
sarebbe stata certo più leggera,
si ‘n mezzo a noi ce stassi puro Tu!

 Padre Lucio Maria Zappatore, O. Carm.

Se segui Maria, non ti smarrirai.... Se ti raccomanderai a Lei, non dispererai.... Se ti sostiene, non cadrai.



È celebre la storia di santa Maria Egiziaca che si legge nel primo libro delle Vite dei padri. A dodici anni, la giovinetta fuggi dalla casa paterna e si recò ad Alessandria, dove per la sua condotta scostumata divenne lo scandalo di quella città. Dopo sedici anni di vita peccaminosa, si trovò a Gerusalemme mentre vi si celebrava la festa della Santa Croce. Più per curiosità che per devozione, si accinse a entrare anche lei nella chiesa. Ma al momento di varcare la soglia, sentì una forza invisibile che la respingeva. 

lunedì 26 ottobre 2015

Chi non avrà fiducia in te, che soccorri anche i disperati?....



Il beato Giovanni Erolto, che per umiltà si chiamava " il discepolo ", narra che vi era un uomo sposato, il quale viveva in stato di peccato. La moglie, donna pia, non potendo indurlo a convertirsi, lo pregò di fare almeno un atto di omaggio alla Madre di Dio: salutarla con un'Ave Maria ogni volta che fosse passato davanti a una sua immagine. Il marito cominciò a praticare questa devozione. Una notte, mentre andava ad abbandonarsi ancora una volta al peccato, vide una luce, guardò bene e si accorse che era una lampada che ardeva davanti a un'immagine di Maria con Gesù bambino in braccio.

domenica 25 ottobre 2015

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 8,12-17 - Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».




Rm 8,12-17
Fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.
Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

Parola di Dio

Riflessione

Nel giorno del nostro Battesimo tutti noi abbiamo ricevuto in dono lo Spirito Santo, siamo diventati nuove creature e siamo stati rivestiti di Cristo, siamo entrati a far parte della Sua famiglia.
"Ricevi perciò la veste bianca e portala senza macchia fino al tribunale del nostro Signore Gesù Cristo, per avere la vita eterna"...
Appena nati, naturalmente, non eravamo in grado di comprendere la grandezza di questa effusione; ecco che allora sono entrati in ballo i nostri genitori e i nostri padrini con il compito, molto importante, di farci crescere nell'amore di Dio. Oggi purtroppo, questo Sacramento è molto incompreso e maltrattato... tante famiglie fanno Battezzare i loro figli solo perché si deve fare... e poi è un'occasione da non perdere per sfoggiare i migliori abiti, per gareggiare in modo da avere la capigliatura più bella, le migliori bomboniere, il miglior ristorante... e così il Battesimo va a “farsi benedire”!!!

Qualunque tu sia, peccatore, infangato di colpe, invecchiato nel peccato, non disperare....



Alano della Rupe e il padre Bonifacio narrano che a Firenze viveva una giovane chiamata Benedetta, ma che meglio si sarebbe potuta chiamare maledetta per la vita scandalosa e disonesta che conduceva allora. Per sua fortuna san Domenico capitò a predicare in quella città ed ella andò un giorno ad ascoltarlo per semplice curiosità. Ma attraverso quella predica il Signore ispirò nel cuore di lei un sentimento di contrizione tale che, piangendo dirottamente, Benedetta andò a confessarsi dal santo. San Domenico la confessò, l'assolse e le ordinò di recitare il rosario. Ma l'infelice, cedendo alle cattive abitudini, riprese la sua vita sciagurata. Il santo lo seppe, l'andò a trovare e ottenne che si confessasse di nuovo. Per confermarla nella vita onesta, Dio un giorno le fece vedere l'inferno e le mostrò alcuni che per causa sua si erano dannati. 

Io sono creato per realizzare un progetto...


 
Io sono creato per realizzare un progetto
per cui nessun altro è creato.
Io occupo un posto mio
nei consigli di Dio, nel mondo di Dio:
un posto da nessun altro occupato.
Poco importa che sia ricco,
povero, disprezzato
o stimato dagli uomini:
Dio mi conosce e mi chiama per nome.
Egli mi ha affidato un lavoro
che non ha affidato a nessun altro.
Io ho la mia missione.
In qualche modo sono necessario
ai suoi intenti,
tanto necessario al mio posto
quanto un arcangelo al suo.
Dio non mi ha creato inutilmente.
Io farò del bene, farò il suo lavoro:
sarò un angelo di pace,
un predicatore della verità
nel posto che Dio mi ha assegnato
anche senza che io lo sappia
purché segua i suoi comandamenti
e lo serva nella mia vocazione.

Card . John Henry Newman

giovedì 22 ottobre 2015

Seguito alla guarigione del cieco Bartimeo. Una domanda imbarazzante: come mai molti ammalati vorrebbero guarire, chiedono di guarire, ma non vengono guariti?


 Una domanda imbarazzante

Dopo aver riflettuto sulla guarigione di Bartimeo qualcuno potrebbe porsi la domanda: come mai molti ammalati vorrebbero guarire, chiedono di guarire, ma non vengono guariti?
Rispondere ad una simile domanda non è semplice. La difficoltà deriva dal fatto che noi non sappiamo qual è il vero bene di una persona, quale percorso è richiesto per la purificazione della sua anima, quanto matura è la sua fede, qual è il disegno di Dio su di lei e su quanti stanno attorno a lei. Proviamo tuttavia a cercare alcune ragioni di carattere generale, anche se, per domande come questa, è inevitabile procedere a tentoni.
Un caso possibile è quello in cui il nostro vero bene deve passare attraverso la malattia; non è raro infatti il caso in cui la malattia del corpo diventa uno strumento per vere e proprie guarigioni dell'anima; lo vediamo in certe persone la cui natura orgogliosa, autoritaria, inquieta... dopo lunghe e penose malattie diventa umile, dolce, serena, sottomessa alla volontà di Dio, attenta alle necessità del prossimo.

La guarigione del cieco Bartimeo - Mc 10, 46-52 - Meditazioni sul Vangelo di Eugenio Pramotton



Mc 10, 46-52
Gesù scende nelle profondità della terra
Gesù è in cammino con i suoi discepoli verso Gerusalemme; Gerusalemme è la città regale e la città santa dove gli Israeliti devono salire tre volte l'anno per la celebrazione delle feste che il Signore aveva loro ordinato. In questa occasione vanno per la Pasqua, festa che celebra la liberazione degli Israeliti dalla schiavitù dell'Egitto e l'inizio del loro cammino verso la Terra Promessa.
Prima di salire a Gerusalemme, Gesù ed i suoi scendono fino a Gerico, scendono cioè nelle profondità della terra. Gerico è infatti una città che si trova a circa 250 metri sotto il livello del mare, non molto distante dalle rive del Mar Morto. Se Gesù scende fino a queste profondità non è per rimanervi, ma per condurre verso l’alto coloro che si sarebbero dimostrati sensibili al suo richiamo e al suo fascino. Lo vediamo infatti ripartire insieme ai suoi discepoli e a molta folla. È a questo punto che l’evangelista racconta l’episodio della guarigione del cieco Bartimeo.
Il grido di Bartimeo
Bartimeo, oltre ad essere cieco, era anche povero, sedeva infatti lungo la strada a mendicare; non era tuttavia un cieco nato, un tempo ci vedeva bene, infatti, quando Gesù gli chiede: Che vuoi che io ti faccia? Non dice che io veda, ma che io riabbia la vista. Se era cieco e povero, non era tuttavia sordo ed i polmoni li aveva buoni, dice infatti l’evangelista che Al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire 'Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me'.
Il primo risultato di questi appelli è di dar fastidio a molti che in quel momento si erano messi in cammino con Gesù. Evidentemente, è difficile che quanti iniziano a seguire Gesù possano già avere di Lui una conoscenza intima e profonda, allora, quando la miseria e la disgrazia fanno sentire la loro voce la vorrebbero fare tacere o ignorare, perché non disturbi il tranquillo andamento del loro cammino. Ma quando si segue Gesù il cammino non sempre ha un andamento tranquillo, eventi imprevedibili sono sempre possibili; seguire Gesù è infatti seguire un mistero di sapienza, di amore e di vita, sempre in grado di riservare sorprese. Una prima sorpresa è la constatazione della costanza e della forza con le quali chi è nel dolore fa sentire il suo grido. Vediamo infatti Bartimeo gridare più forte: Figlio di Davide, abbi pietà di me! È a seguito di questa insistenza che l'evangelista annota: Allora Gesù si fermò.

martedì 20 ottobre 2015

Quando domandi perdono per te, allora è proprio quello il momento di ricordarti che devi concederlo agli altri. (Sant'Ambrogio)




LA PREGHIERA DI PERDONO di padre Robert de Grandis

Signore Gesù, ricorro a te, oggi, per chiederti la grazia di perdonare tutti coloro che mi hanno offeso durante la mia vita. So che tu mi darai la forza di perdonare.
Ti ringrazio, perché tu mi ami più di quanto io ami me stesso e vuoi la mia felicità più di quanto io possa desiderarla.
Signore Gesù, voglio essere liberato dai risentimenti, dalle angosce e dalle inflessibilità che ho avuto nei tuoi confronti.
Ti chiedo perdono per tutte le volte che ho pensato che tu mandavi la morte, le sofferenze, le difficoltà economiche, i castighi, le malattie nella mia famiglia…
Purifica oggi la mia mente ed il mio cuore.
Signore, adesso voglio perdonare me stesso per i miei peccati, le mancanze ed i fallimenti. Voglio perdonarmi per tutto ciò che davvero è male dentro di me o che io penso sia male…

GRAZIE MIO SIGNORE PER LA GRAZIA CHE MI DAI IN QUESTO MOMENTO.

Signore, voglio estendere il mio perdono ai miei FRATELLI e SORELLE

Perdono quelli che mi hanno rifiutato… che hanno detto bugie sul mio conto… che mi hanno odiato… che mi hanno serbato rancore… che sono stati miei rivali nel carpire l’amore dei miei genitori.
Perdono coloro che mi hanno danneggiato nel fisico o nello spirito… coloro che sono stati particolarmente severi con me imponendomi castighi o rendendomi la vita difficile, in qualsiasi modo lo abbiano fatto…
LI PERDONO.

Nessun peccatore che, ricorrendo a questa buona madre, possa disperare della sua misericordia e del suo amore....


Secondo un racconto del Belluacense (Vincenzo di Beauvais), nella città di Ridolfo in Inghilterra, nell'anno 1430, viveva un giovane nobile chiamato Ernesto. Dopo aver distribuito tutto il suo patrimonio ai poveri, entrò in un monastero in cui conduceva una vita così perfetta, che i superiori lo stimavano grandemente, soprattutto per la sua speciale devozione alla santa Vergine. In quella città scoppiò la peste e gli abitanti ricorsero al monastero chiedendo preghiere. L'abate ordinò a Ernesto di andare a pregare davanti all'altare di Maria e di non allontanarsi finché la Madonna non gli avesse risposto. Il giovane rimase li tre giorni e finalmente Maria gli rispose indicando alcune preghiere che si dovevano recitare. Così fu fatto e la peste cessò. Ma in seguito il giovane cominciò a trascurare sempre piu la devozione a Maria. Il demonio lo assalì con mille tentazioni, specialmente contro la purezza e contro la sua vocazione.

lunedì 19 ottobre 2015

Siate pronti con la cintura ai fianchi...Lc 12, 35-40 - Meditazioni sul Vangelo di Eugenio Pramotton



Lc 12, 35-40


Essere pronti o non esserlo, svegli o addormentati...
Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa...Con questa similitudine, e quello che segue, il Signore tenta di dirci qualcosa sia sul significato della nostra vita, sia sulle follie che è disposto a compiere un cuore che ama. Ci dice inoltre che, se saremo svegli, riceveremo una ricompensa inaudita ed inimmaginabile. Se non lo saremo, ci capiterà quello che capita ad un padrone di casa che, pur sapendo che nei dintorni si aggira un ladro, dorme tranquillo, e si ritrova al mattino con la casa scassinata.
Che le cose siano proprio come descritte nella parabola a prima vista non è così chiaro e scontato, di qui la necessità di fare qualche sforzo per tentare di capire un po' meglio le cose. Proviamo allora a riflettere sulla scena che ci viene proposta. I protagonisti della vicenda sono un padrone ed i suoi servi, il padrone però è assente perché si è recato ad una festa di nozze, non si sa bene se come semplice invitato o come sposo. Durante la sua assenza, l'unico compito che affida ai servi è quello di attendere il suo ritorno. È poi chiaramente detto che questa attesa, anche se è presumibile che inizi di giorno, sicuramente prosegue nella notte, quindi, la difficoltà o la tentazione che minaccia i servi sarà quella di lasciarsi vincere dalla stanchezza e dal sonno. Se questo accadesse, il padrone al suo ritorno troverebbe la casa buia e nessuno pronto ad aprirgli. Se al contrario troverà le luci accese ed i servi pronti ad accoglierlo, ci viene detta una cosa che a prima vista sembra eccessiva o folle o stravagante.

La potenza del Rosario....



Il padre Eusebio Nieremberg racconta che nella città di Aragona viveva una fanciulla chiamata Alessandra, nobile e bellissima, che era amata da due giovani. Un giorno, trasportati dalla gelosia, essi si affrontarono in uno scontro e morirono tutti e due. I loro parenti, pieni di collera, uccisero la povera ragazza ritenendola causa di così grave sventura; le tagliarono la testa e la buttarono in un pozzo. Alcuni giorni dopo passa di lì san Domenico che, ispirato dal Signore, si china sul pozzo e dice: "Alessandra, esci fuori!". Ed ecco la testa dell'uccisa esce, si mette sull'orlo del pozzo e chiede a san Domenico di confessarla. Il santo la confessa e poi le dà la comunione, alla presenza di un'immensa folla accorsa stupita. Poi san Domenico ordinò ad Alessandra di dire perché aveva ricevuto quella grazia. La giovane rispose che, quando le era stata tagliata la testa, era in peccato mortale, ma che la santa Vergine per ricompensarla della sua devozione nel recitare il rosario, l'aveva conservata in vita. Per due giorni la testa rimase viva sull'orlo del pozzo a vista di tutti, e dopo l'anima andò in purgatorio. Ma quindici giorni dopo a san Domenico apparve l'anima di Alessandra, bella e risplendente come una stella e gli disse che uno dei principali suffragi che ricevono le anime nelle pene del purgatorio è il rosario che si recita per loro. Quando poi queste anime giungono in paradiso, pregano per quelli che hanno applicato ad esse questa potente preghiera. Dopo di che, san Domenico vide quell'anima fortunata salire giubilante al regno dei beati.
Tratto da “ LE GLORIE DI MARIA “ di Sant'Alfonso Maria de Liguori

domenica 18 ottobre 2015

San Paolo della Croce - Ovada (Alessandria), 3 gennaio 1694 - Roma, 18 ottobre 1775




San Paolo della Croce fondatore dei Passionisti, fu uno di quei grandi uomini, potenti in opere e parole che, nel secolo dell'enciclopedismo e della rivoluzione, Dio inviò alla sua Chiesa, perché con la virtù e la santità servissero di argine al vizio, e con la predicazione assidua del Vangelo richiamassero le anime dei traviati alla divina scuola delle verità rivelate. Per oltre quarant‘anni egli percorse ogni regione d'Italia, e con la luce della parola e degli esempi, sostenuta e corroborata dalla forza dei prodigi, convertì innumerevoli peccatori, ridusse gli erranti alla fede, e fu guida e sostegno alle anime chiamate a servire Dio nella più alta e più perfetta via dei consigli evangelici. Con ragione perciò la Chiesa, in un'antifona, lo saluta come cacciatore di anime, araldo del Vangelo e lucerna risplendente: animarum venator, Evangelii praeco et lucerna fulgeiis. Ma dove Paolo apprese la sapienza di cui fu ripieno? Da quale ricca sorgente attinse la forza e lo spirito che rese la sua parola di tanta efficacia per la conversione delle anime? Principalmente dalle Piaghe di Cristo: in Vulneribus Christi. Se Paolo infatti non trascurò di studiare sui libri degli uomini, più di tutto studiò sul Crocifisso, libro scritto intus et foris, che egli ebbe sempre sotto gli occhi, sempre meditò e portò nel cuore e prese a soggetto principale della sua predicazione, facendo suo, in tal modo, il programma del grande Apostolo delle genti: Nos autem praedicamus Christum Crucifixum (I Cor. I, 23).Croce, Il motto paolino “noi predichiamo Cristo Crocifisso” fu alla base della spiritualità del nostro Santo e costituisce anche il segreto del suo apostolato, caratterizzato da un ardente desiderio di vedere distrutto il regno di Satana e riconquistare le anime a Dio, anche a costo della vita. Un giorno rapitolo in estasi, Gesù lo nascose nelle sue piaghe adorabili e dopo averlo investito della Sua luce celeste, gli svelò l'orribile trama dei peccati del genere umano e fu allora che il cuore di S. Paolo si infiammò al punto che quando predicava la passione di Gesù, sembrava che da un momento all'altro la sua anima dovesse staccarsi dal corpo. Nessuno sapeva parlare della Passione di Cristo come il padre Paolo. Spesso diceva: “Vorrei, se mi fosse possibile, attaccar fuoco di carità per bruciare non solo chi ci passa vicino, ma anche i popoli lontani, perché tutti amino e conoscano il Sommo Bene” . 

venerdì 16 ottobre 2015

La vita di San Gerardo - Muro Lucano (PZ), 1726 - Conv. di Materdomini presso Caposele (AV), 16 ottobre 1755

 


Gerardo Maiella, Missionario Redentorista, è invocato in tutto il mondo come il Santo delle mamme e dei bambini. Spentosi a Materdomini il 16 ottobre del 1755 alla giovane età di 29 anni, la sua breve esistenza sarà nota come la "Vita meravigliosa di san Gerardo Maiella"

Al pari di qualsiasi altro personaggio, san Gerardo Maiella bisogna prenderlo così com'è: una copia del Cristo sofferente, un fanatico della volontà di Dio, un carismatico cacciatore di anime, un mistico spesso in estasi, un semina­tore di miracoli. Nascondere i suoi miracoli sarebbe come rifiutare la storia e scrivere un romanzo.

Sarebbe come negare, in Gerardo, la virtù che fu poi la fonte di tutte le altre: "una fede capace di trasportare le monta­gne", secondo la promessa del Signore (Mt 17,20). Certo l'entusiasmo che un taumaturgo lascia dietro di sé si ingrossa e si allarga sempre di più. Come in ogni altro Santo, è evidente che la luce irradiata da Gerardo non è autonoma: egli è solo luce riflessa del Cristo.

La sua vita non ci parla d'altro che della forza del Redentore, il quale, con il dono dello Spirito, ci libera, ci guarisce, ci rinnova; il suo insegnamento è eco fedele del Vangelo; gli orizzonti, verso i quali ci proietta, sono quelli aperti dalla croce e dalla risurrezione del Cristo. Riferirsi a Gerardo significa voler fissare lo sguardo, in maniera sempre più intensa, su Cristo; riconoscere in lui il solo nostro maestro (cf Mt 23,10); ripetergli con Pietro: «Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68).

Scrive Giovanni Paolo II: «Non si tratta di inventare un "nuovo programma". Il programma c'è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste. È un programma che non cambia col variare dei tempi e delle culture, anche se del tempo e della cultura tiene conto per un dialogo vero e una comunicazione efficace».
 
L'infanzia e l'adolescenza

giovedì 15 ottobre 2015

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 12, 1-7 - Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.


 Lc 12, 1-7 

In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».

Parola del Signore
Riflessione


Le cose sono leggermente cambiate dai tempi di Gesù... “In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda...”
Non si può dire questo oggi!!! Infatti, non c'è il pericolo che ci si calpesti seguendo Gesù... Se ci si calpesta, lo si fa per altri motivi!!! Viviamo infatti in un contesto dove vince il detto: "Mors tua vita mea" e Gesù si trova anni luce dai cuori delle persone... altro che calpestarsi!!! Seguire Gesù significa mettere in pratica i Suoi insegnamenti, seguire Gesù significa portare le croci quotidiane, non coraggiosamente, perché nessuno di noi porta una croce con coraggio, ma con la serenità di chi sa di essere custodito tra le braccia di Gesù, seguire Gesù significa combattere e affrontare gli ostacoli a cielo aperto, senza nascondersi le difficoltà e senza ribellioni interiori, perché, se ci ribelliamo, tutto è più pesante e più difficile da sopportare...

mercoledì 14 ottobre 2015

Nove specie di false paci che il mondo, la carne e il demonio offrono alle anime - Tratto da “ PENSIERI SULL’AMORE DI DIO” di SANTA TERESA DI GESÙ - CAPITOLO 2




1 - Dio vi liberi dalle varie qualità di paci che godono i mondani! Il Signore non ci permetta mai di gustarle perché ci sarebbero di guerra senza fine.
Ecco un mondano che ingolfato nei più enormi peccati vive tranquillamente, contento dei suoi vizi, senza alcun rimorso di coscienza.
Questa pace, come certo avrete letto, indica che egli e il demonio sono amici.
E, fin che vive, il maligno non gli vorrà certo muover guerra.
Vi sono anime così perverse che per evitare questa guerra – e non già per amore di Dio – tornerebbero alquanto al suo servizio.
Ma pur tornandovi, non vi durano a lungo, perché, appena il demonio se ne accorge, offre loro nuove ebbrezze di loro gusto, con le quali le ritorna alla sua amicizia, trattenendovele poi fino a quando non le abbia condotte in quel luogo, ove farà loro intendere quanto una tal pace sia stata falsa.
Ma di queste anime non vi è proprio di che occuparci: se la vedano loro! Spero nel Signore che tanto male fra voi non venga mai ad allignare.
Tuttavia il demonio potrebbe incominciare con un'altra pace: quella con i difetti leggeri.
Finché si vive, figliuole, si deve star sempre con timore.
2 - Quando una religiosa comincia a rilassarsi in certe cose che sembrano poco gravi, e dura a lungo in questo stato senza che la coscienza la rimorda di nulla, la sua pace è cattiva, e il demonio potrebbe servirsene per trascinarla ad ogni sorta di mali.
Forse non si tratterà che di una mancanza contro le Costituzioni, in sé non peccato, o di una negligenza nell'obbedire agli ordini del Superiore, e forse senza malizia; ma siccome il Superiore tiene le veci di Dio, si deve far di tutto per seguire il suo volere, non essendo venute qui che per questo.
Quante di queste cosette che in sé non sembrano peccato e che tuttavia costituiscono una mancanza! Eppure quante ne commettiamo nella nostra grande miseria! Comunque, io non dico che questo: cioè, che quando si commettono, bisogna pentircene e riconoscere di aver sbagliato.
Altrimenti, ripeto, il demonio potrebbe goderne, e a poco a poco rendere l'anima insensibile.
Ottenuto questo, vi dico, figliuole, che non avrà fatto poco, e temo che andrà ancora più innanzi.
Perciò vi prego, per amor di Dio, di star sempre in guardia.
Finché viviamo non dobbiamo mai lasciare di combattere: in mezzo a tanti nemici non è possibile starcene con le mani in mano.
Dobbiamo vegliare continuamente e vedere come ci diportiamo sia nell'interno che nell'esterno.

Vivi desideri della sposa di sopportare grandi prove per amore di Dio e del prossimo -Tratto da “ PENSIERI SULL’AMORE DI DIO” di SANTA TERESA DI GESÙ - CAPITOLO 7



1 - Che divino linguaggio per questo mio argomento! Ecchè, santa donna, vi fa dunque morire la dolcezza? Alle volte infatti, come io stessa ho sentito dire, la soavità è così intensa che l'anima si liquefa, e sembra proprio che non possa più vivere. E voi allora chiedete dei fiori? Ma quali fiori chiedete? Per il vostro male non son essi un rimedio, a meno che non li chiediate per morire del tutto, come veramente si desidera quando l'anima è giunta a questo stato. Eppure non è questo che la sposa intende, perché dice: Sostenetemi con i fiori. E domandare di essere sostenuta non mi sembra che sia chiedere di morire, ma piuttosto di vivere onde lavorare alquanto per Colui a cui si sente obbligata.
2 - Non pensate, figliuole, che sia esagerato affermare che l'anima sta morendo. Così è realmente, perché come vi ho già detto, l'amore opera alle volte con tale violenza da impadronirsi di tutte le forze naturali. Conosco una persona che essendo una volta in questa orazione, udì cantare una bella voce. Assicura che per l'eccesso della gioia e della soavità di cui si sentì da Dio inondata, le sembrò che l'anima stesse per separarsi dal corpo, come realmente sarebbe avvenuto se quel canto non fosse cessato. Buon per lei che il Signore dispose che cessasse, perché ella da parte sua, trovandosi in quello stato, avrebbe ben potuto morire, ma non mai dire una parola per far sospendere il canto. Infatti il suo esteriore giaceva in completa impotenza e immobilità , capiva il rischio in cui era, ma pareva come uno profondamente addormentato che sogna di trovarsi in un pericolo: vuole allontanarsi, ma, nonostante i suoi sforzi, non riesce a parlare.

PARLO - di don Divo Barsotti – Tratto da “ La mia giornata con Cristo”.




Vivere la nostra giornata con Cristo. Ci siamo svegliati, lavati, vestiti, siamo andati a lavorare, ci siamo riposati, abbiamo mangiato, siamo andati a passeggio con Lui. Ora dobbiamo considerare quelli che sono i gesti abituali, comuni, attraverso i quali noi entriamo in rapporto con gli altri o esprimiamo la nostra intima vita. Si parla, si fa silenzio, si dà la mano per salutare, si dà uno scapaccione a un ragazzo; si prende un bambino in collo, si alza il capo, si sta in piedi, ci si mette a sedere, ci si inginocchia... Tutto questo avviene ogni giorno. Come fare tutto questo con Cristo? Come compiere questi atti in Lui? Prima di tutto è importante considerare la parola. Di fatto, gli altri atteggiamenti non sono propri soltanto dell’uomo, ma il parlare è l’atto umano per eccellenza. Cantare no: canta anche l’usignolo; né mettersi a sedere, perché ci si mette anche la scimmia; né stare in piedi o dare la mano, perché ci sono degli animali addomesticati che danno la zampa. Parla anche il pappagallo, potreste dirmi. Non è vero: emette dei suoni, non parla, perché parlare vuol dire esprimere un contenuto di vita interiore; ora, il parlare del pappagallo non vuol dir nulla, non implicando il pensiero, non è l’espressione di una vita interiore, d’intelligenza e di volontà. La parola è propria dell’uomo: per questo l’atto umano per eccellenza è la parola.
E una cosa già estremamente importante notare come un atto che l’uomo compie può essere compiuto su diversi piani. Se un innamorato per la prima volta dice alla sua donna che l’ama, questa parola è carica di ben altra intenzionalità e intensità di vita delle parole comuni che si possono dire al primo venuto camminando per strada.

Sempre la nostra vita ha un'importanza grande nei fini di Dio di don Dolindo Ruotolo





Si apprezza tanto poco la vita, anzi tanto spesso la si disprezza, perché la si riguarda dal punto di vista del proprio egoismo. Si guarda solo alla vita presente ed alla sete di godere. Or siccome questa vita non è che un fugace passaggio ed è una prova, se non si guarda alla sua realtà l'anima si smarrisce, si sente infelice e disprezza la vita.
Una cometa non passa nella nostra visuale che per continuare il suo percorso gigantesco attraverso i cieli... Noi siamo come mobilissime comete, tutte vapori di luce, che hanno un movimento vorticoso, che camminano per condensarsi e diventare un astro del cielo.
La nostra vita è il punto dove deve avvenire, dirò così, il condensamento: qui ciò che era solo gratuito dono di Dio, deve diventare nostra consistenza, sotto la pressione divina della grazia; qui l'anima, che esce dalle mani di Dio, è lanciata nel cielo soprannaturale, e gira intorno ai punti di gravitazione, cioè intorno al Redentore vivente, alla Chiesa, alle grazie che scaturiscono dalla Redenzione finché non sia diventata un astro soprannaturale.
Che cosa grande è dunque la nostra vita, questo impercettibile attimo verso del quale si concentrano e convergono le anime, scaturienti dall'onnipotente amore di Dio! Queste anime sono come faville luminose, che escono immacolate ed incandescenti dall'infinita potenza di Dio, e si rinchiudono in un piccolo corpo, come è imprigionata la corrente di una dinamo. Quella corrente deve muovere la dinamo, deve aggiungersi ad una nuova corrente, deve diventare gigantesca, deve mutarsi in un'onda elettrica, che ritorna nella immensità del cielo...
L'anima racchiusa nel corpo pare schiava, ed invece è operaia. Essa vi trova il mezzo per santificarsi, poiché il Redentore, prendendo la umana carne, mutò in grazia ogni atto della sua vita corporale. Vi trova il Sangue di Gesù che la purifica, vi trova la Passione di Gesù che come sole si riflette e si rifrange in tutte le pene del nostro corpo..., vi trova il mezzo per soprannaturalizzarsi e conquistare la vita eterna! Che cosa grande è dunque questa nostra vita, che è il preludio breve della vita eterna! Considerate l'infinito amore di Dio nel crearci e nel darci la vita presente.

Maria è un'avvocata pietosa che non ricusa di difendere le cause dei più miserabili.....



Grande Madre del mio Signore, so bene che l'ingratitudine da me mostrata per tanti anni a Dio e a te meriterebbe che giustamente tu smettessi di aver cura di me, poiché l'ingrato non è più degno di ricevere benefici. Ma io, Signora, ho un alto concetto della tua bontà e la ritengo molto più grande della mia ingratitudine. Continua dunque, o rifugio dei peccatori, e non cessare di soccorrere un misero peccatore che confida in te. Madre di misericordia, stendi la mano a sollevare un povero caduto che ti chiede pietà. Maria, difendimi tu o dimmi a chi devo ricorrere che mi possa difendere meglio di te. Ma dove posso trovare un' avvocata più pietosa e più potente presso Dio di te che gli sei Madre? Divenendo Madre del Salvatore, tu sei stata destinata a salvare i peccatori e a me sei stata data per la mia salvezza. Maria, salva chi ricorre a te. Io non merito il tuo amore, ma il desiderio che tu hai di salvare i perduti mi fa sperare che tu mi ami. E se tu mi ami, come mi perderò? Madre mia diletta, se grazie a te mi salvo, come spero, non ti sarò più ingrato, ma con lodi perpetue e con tutti gli affetti dell'anima mia compenserò la mia passata ingratitudine e l'amore che mi hai portato. Nel cielo dove tu regni e regnerai in eterno, felice io canterò sempre le tue misericordie e bacerò in eterno quelle mani amorose che mi hanno liberato dall'inferno tante volte quante l'ho meritato con i miei peccati. O Maria, mia liberatrice, mia speranza, regina, avvocata, madre mia, io ti amo, ti voglio bene e ti voglio sempre amare. Amen, amen. Così spero, così sia.
Sant'Alfonso Maria de Liguori

giovedì 8 ottobre 2015

Dal Vangelo secondo Luca Lc 11, 15-26 - Se io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.




Lc 11, 15-26
In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.
Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».

Parola del Signore


Riflessione

Povero Gesù, oggi viene accusato da alcuni di essere un dipendente di Beelzebùl... e altri, per metterlo alla prova, gli chiedono un segno. Meno male che non ha dato loro retta, altrimenti penso che li avrebbe fulminati all'istante!!!... Il sospetto e la maldicenza annebbiano la vista di tante persone che vedono il male dappertutto e lo amplificano pure; così non sono attente e non vedono i tanti segni meravigliosi che Dio sparge ovunque, fuori e dentro di noi. Ma noi, come al solito, vogliamo sempre qualcosaltro... e Dio, come al solito, ci dà cose diverse da quelle che vorremmo, perché?... Gesù non è un “bastian contrario”, ma semplicemente vede meglio di noi, e sa qual è il nostro vero bene.
Quindi, di segni, Gesù ce ne da in abbondanza, ma siamo noi che non vogliamo capire, siamo noi che non vogliamo vedere, siamo noi che ci accontentiamo di poco, troppo poco... Gesù vuole darci ben altro... Gesù vuole darci qualcosa che non passa con la moda del momento, vuole darci qualcosa che sazia la nostra fame di felicità, vuole darci qualcosa che dura in eterno, vuole salvarci dall'inquinamento che abbiamo dentro e che ci porterebbe inesorabilmente alla morte.
Gesù oggi ci da un consiglio e anche un avvertimento. Dobbiamo stare prima di tutto dalla parte del più forte, che non è il mondo con le sue gioie momentanee, ma è Lui... E' solo con Lui che potremo diventare delle belle persone, è solo con Lui che potremo vincere il male, è solo con Lui che potremo spargere il profumo dell'altra vita, è solo stando con Gesù che potremo raccogliere i doni riservati ai Suoi fedeli amici... il vero amore, la vera pace, la vera gioia, la vita eterna.
L'avvertimento di Gesù poi è molto duro... E' come se ci dicesse: "State attenti a non confidare troppo in voi stessi, perché quando siete convinti di aver allontanato le tenebre da voi, è allora che il demonio si scatena"...
Chiediamo allora al buon Dio di aumentare la nostra fede, perché possiamo abbandonarci senza paura e senza riserve alla Sua Provvidenza e alla Sua Misericordia. Chiediamogli di aiutarci nelle tentazioni, che non diminuiscono, anzi crescono man mano che aumenta il nostro amore verso di Lui. Ma sopratutto chiediamo alla Santa Vergine, nostra Madre, Lei che è abilissima a schiacciare la testa del serpente, di proteggere la porta del nostro cuore e di far scattare l'allarme quando cerca di insinuarsi qualche brutto pensiero, perché il Tesoro che abbiamo nel cuore è talmente prezioso!!!... Dobbiamo perciò molto vigilare se non vogliamo che ci venga portato via dal Nemico. Chi meglio della Madonna può proteggere questo Tesoro, Lei che lo ha custodito per nove mesi nel grembo e ora stà accanto a Lui nella gloria? Se noi portiamo Gesù nel cuore, Lei ci proteggerà sempre, vedrà subito se siamo in pericolo e abbiamo bisogno di Lei. Avere Gesù nel cuore, insieme a sua Madre, è come avere un gps collegato, non a un navigatore della terra, ma a un navigatore che conduce al Cielo, non c'è pericolo di sbagliare strada, tutto è sotto controllo, non credete?...
Pace e bene

La mia unica speranza è Gesù e dopo Gesù la Vergine Maria



Madre del santo amore, vita, rifugio e speranza nostra, tu ben sai che al tuo Figlio Gesù Cristo non è bastato farsi nostro perpetuo avvocato presso l'eterno Padre, ma ha voluto che anche tu t'impegni presso di lui per impetrarci le divine misericordie.
Egli ha disposto che le tue preghiere contribuiscano alla nostra salvezza e ha dato loro tanta potenza che ottengono tutto ciò che domandano.
Perciò mi rivolgo a te, speranza dei miseri, io misero peccatore. Io spero, Signora, di potermi salvare per i meriti di Gesù Cristo e poi per la tua intercessione.
Io ho questa fiducia, la ho talmente che se la mia salvezza eterna stesse nelle mie mani, la metterei nelle tue, poiché mi fido più della tua misericordia e protezione che di tutte le mie opere.
Madre e speranza mia, non mi abbandonare, come meriterei. Guarda le mie miserie, muoviti a pietà, soccorrimi e salvami.
Tante volte, lo confesso, con i miei peccati ho chiuso la porta ai lumi e agli aiuti che tu mi hai procurato dal Signore.
Ma la pietà che tu hai verso i poveri peccatori e la potenza che hai presso Dio superano il numero e la gravità di tutti i miei demeriti.
Il cielo e la terra sanno che chi è protetto da te certamente non si perde. Si dimentichino dunque tutti di me, purché non te ne dimentichi tu, Madre di Dio onnipotente.
Dì a Dio che io sono tuo servo, digli che tu mi difendi e sarò salvo.
O Maria, io mi fido di te; in questa speranza vivo e in questa voglio e spero morire dicendo sempre: " La mia unica speranza è Gesù e dopo Gesù la Vergine Maria ".

S. Alfonso Maria de' Liguori

Beato Giovanni Enrico Newman Cardinale - Londra, Regno Unito, 21 febbraio 1801 – Birmingham, Regno Unito, 11 agosto 1890 - Tema: Anglicanesimo - Conversione - Chiesa cattolica




U n Pastore presbiteriano americano, convertito al cattolicesimo nel 1990, si sentì un giorno obiettare: «Lei si è fatto cattolico per il denaro. – No, non per il denaro, rispose, ma per le ricchezze!» Un altro Pastore, convertito poco più tardi, precisa quest'affermazione: «Noi convertiti siamo stati arricchiti al di là delle nostre speranze!... L'angoscia patita non è degna di paragone con le ricchezze acquisite: la Santa Eucaristia, il Papa, il Magistero, i sacramenti, Maria, i santi – lo splendore di Cristo riflesso nella sua Chiesa. Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo, mio Signore (Fil. 3, 8)». Nel corso della storia, sono numerosi coloro che, nati fuori della vera Chiesa di Cristo, sono riusciti, con l'aiuto della grazia, a trovare la via della verità totale. Fra di essi, Giovanni Enrico Newman occupa un posto eminente.
Nato il 21 febbraio 1801, il giovane Giovanni Enrico, figlio di un banchiere londinese, riceve dalla madre, discendente da protestanti francesi, un'educazione religiosa totalmente impregnata di calvinismo. Pieno di prevenzioni contro il cattolicesimo, crede fermamente che il Papa sia l'Anticristo. Tuttavia, a quindici anni, mentre inizia gli studi presso la scuola superiore di Ealing, vicino a Londra, avviene nel suo spirito un serio mutamento, grazie ad una luce venuta dall'alto. «Per la prima volta, scrive, risentii l'influenza di un credo determinato, e fui conscio di quel che è un dogma, impressione che, grazie a Dio, non si è mai cancellata nè offuscata». Inoltre, un'idea di divergenza con il protestantesimo s'insinua in lui: si sente chiamato da Dio a vivere nel celibato. Pertanto, scartando qualsiasi pensiero di matrimonio, si risolve a vivere celibe e ad abbracciare la carriera ecclesiastica nella Chiesa anglicana.
Primo vicario di Cristo