domenica 24 maggio 2015

dal DIARIO DI UN CONVERTITO.....PIETER VAN DER MEER (1880-1970)




In attesa scruto l’anima come un dannato

Forse è meglio non cercare, non riflettere, vivere senza problemi, senza la tortura di questi eterni quesiti che non hanno risposta: meglio vivere da bestia soddisfatta. Ho l’anima lacerata dall’incertezza. Posso chiamare bianco il nero, ridermi delle cose sacre, prenderle in ridicolo: nulla me Io impedisce. Mi compiaccio di questi cattivi pensieri e vorrei possedere la purezza di un bambino. Quale tormento non sapere a chi chiedere, dove trovare un medico per l’intelligenza e per il cuore! Sciocchezze. La vita è un gioco da prendere sorridendo. Ecco il solo mezzo per non disperare. Che cosa sono la felicità, questo nostro bambino che cresce? Gran belle cose, senz’altro: ci aiutano e ci danno forza. Ma perché non mi danno tanta forza di modo che possa scacciare questa crudele inquietudine e questo problema che continuamente mi tormenta? Perché Vivo? Non accade nulla: nulla che mi interessi. Vivo nell’attesa. Da sempre, la mia vita è attesa di qualcosa, d’una catastrofe, d’una gioia, di qualcosa che sia grande e bello... Non ho avuto l’ambizione o il desiderio di occupare una carica, un posto di responsabilità. Vivo per qualcosa d’altro. Non so che cosa sia quest’altro, ma vivo nell’attesa di qualcosa. Ho visto diversi amici, ho parlato con persone di cultura, ma non ho imparato nulla. Io cerco le verità fondamentali e queste persone invece accettano la vita in modo passivo. Chi sono io? Io e tutti gli altri che, mai soddisfatti come me, spingiamo sogni e desideri verso mondi sconosciuti? Cerchiamo forse qualcosa che abbiamo perduto? Perché non mi accontento di quanto sta davanti a me, vero, palpabile, reale? Perché il mio spirito invoca l’Infinito, l’Eternità? È stupido cercare una risposta, si perde tempo. Ma perché allora questi problemi mi assalgono furiosi come una tempesta? La nostra vita non dura più di un attimo, portiamo nel cuore la tempesta selvaggia delle passioni, siamo torturati dai desideri e dalla speranza, vogliamo raggiungere l’impossibile e tenerlo ben fermo tra le mani. Interroghiamo il passato, leggiamo quello che gli uomini hanno scritto, ma non comprendiamo. Interroghiamo la terra il cielo, gli astri, gli abissi dello spazio e gli abissi dell’anima; piangiamo di nostalgia e di compassione davanti ad ogni cosa bella, compiamo gesti di passione ardente e poi, all’improvviso, restiamo freddi, immobili. Più nulla, più nulla... Tutte le strade sono mie, ma sento in me l’incertezza. Contemplo questa tragica bellezza di creatura abbandonata, mi accorgo di vivere come un re in esilio cosciente della sua forza e della sua debolezza, tremo di estasi e di spavento quando guardo la Via Lattea, nutro la mia disperazione con la certezza che non potrà mai liberarmi dalla materia che mi tiene prigioniero, e tremo. Dove troverà la terra promessa della felicità e della pace?

giovedì 21 maggio 2015

Rita da Cascia, al secolo Margherita Lotti (Roccaporena, 1381 – Cascia, 22 maggio 1457), monaca agostiniana a Cascia (PG), fu proclamata santa da papa Leone XIII nel 1900 - Tema: Perdono - Passione - Stimmate




Il 13 maggio 1981, in piazza San Pietro a Roma, il Turco Mehemet Alì Agca feriva gravemente Papa Giovanni Paolo II, con un'arma da fuoco. Portato via in ambulanza, il Santo Padre, che soffre molto, ripete le seguenti invocazioni: «Maria, Madre mia! Maria, Madre mia!» Non gli sfugge nessuna parola di disperazione o di risentimento. Salvato grazie ad un intervento chirurgico immediato, il Papa è già in grado, quattro giorni dopo, una domenica, di rivolgersi ai fedeli in occasione della preghiera della Regina Coeli, chiamando «fratello» colui che ha cercato di ucciderlo: «Carissimi fratelli e sorelle, so che, in questi giorni ed a quest'ora della Regina Coeli vi siete uniti a me. Con emozione, vi ringrazio delle vostre preghiere e vi benedico tutti. Sono particolarmente vicino alle due persone che sono state ferite assieme a me. Prego per il fratello che mi ha colpito, cui ho perdonato sinceramente».
Con quest'atto di perdono, il Santo Padre ha seguito l'esempio di Cristo che, sulla Croce, ha perdonato ai suoi carnefici. In occasione dell'anno giubilare, il 20 maggio 2000, Giovanni Paolo II proponeva ai cristiani il modello di santa Rita che ha saputo anch'essa perdonare in circostanze eroiche. L'insegnamento della vita di santa Rita è caratterizzato dall'«offerta del perdono e l'accettazione della sofferenza, diceva il Papa... Bisogna sperare che la vita di tutti i fedeli sia sostenuta dall'amore appassionato per il Signore Gesù; che sia un'esistenza capace di rispondere alla sofferenza ed alle spine con il perdono ed il dono totale di sè, per diffondere ovunque il buon odore di Cristo».
Rita è nata verso il 1381 a Roccaporena, in Umbria (Italia centrale) ed è stata battezzata nella chiesa di San Giovanni Battista, a Cascia. Cascia (a 5 km. da Roccaporena) è una città fortificata che fa parte dei territori dello Stato Pontificio, a circa 200 km. a nord est di Roma. Le autorità locali vi conducono una politica piena di un elevato senso della giustizia e del buongoverno. Sono emanati provvedimenti e leggi in favore dell'igiene pubblica, della protezione degli orfani e delle vedove, della pubblica istruzione, delle opere pie. Oltre al numeroso clero secolare, la cittadina di duemila abitanti conta undici conventi e molte associazioni caritatevoli. La regione vive piuttosto poveramente dell'agricoltura, dell'artigianato e soprattutto del commercio, poichè è situata su un'importante via di comunicazione fra Milano e Napoli.

mercoledì 20 maggio 2015

Dal libro della Gènesi - Gen 11, 1-9 - La si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra - DOMENICA DI PENTECOSTE - MESSA DELLA VIGILIA





Gen 11, 1-9

Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono.
Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra».
Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro».
Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

Parola di Dio
Riflessione

Ancora una volta il peccato dei nostri avi si ripercuote su di noi. Grazie comunque!!! Adamo ed Eva credevano che mangiando il frutto, quindi disobbedendo, sarebbero diventati come Dio... gli uomini della Genesi volevano costruire una torre così alta da essere vista da ogni parte della terra, ed arrivasse direttamente alla porta di Dio. Che arroganza!!!
E così, grazie ai primi, abbiamo conosciuto la morte, e grazie ai secondi siamo stati condannati alla solitudine... Quando infatti le persone non si comprendono, inevitabilmente nascono tensioni, disagi, isolamento, tristezza, solitudine...
Di primo acchito mi sono domandata: ma se questi uomini parlavano la stessa lingua ed erano concordi a fare la medesima cosa, perché Dio non era contento?... Finalmente sulla terra si vedeva una società unita e concorde, ma Lui che fa?... Confonde le lingue e manda tutti in confusione. Immaginiamo la scena in un cantiere edile dei nostri giorni: il muratore che parla italiano, il manovale che parla spagnolo, il geometra che parla cinese... e quando mai riusciranno a terminare il palazzo? Ben che vada sarà un'opera incompiuta... proprio come la torre di Babele.
Ma il problema, forse, non era che parlassero la stessa lingua, ma che i loro pensieri andavano in una direzione sbagliata. Nessuno può essere come Dio... e se qualcuno si illude di diventarlo, anche a costo di tanti sforzi e sacrifici, alla fine l'impresa fallirà così come è fallita la costruzione della torre di Babele! Evitiamo di giocare a fare Dio... potrebbe essere molto pericoloso, con Lui non si scherza!!!
Però, mio caro buon Dio, scusa la mia sfrontatezza... ma ho notato che fai delle differenze!!! Il trattamento riservato ad Adamo ed Eva e agli uomini di Sinar è un pochetto differente. Ai primi infatti hai lasciato che mangiassero il frutto proibito, per i secondi invece sei intervenuto prima che combinassero il guaio... Perché?... Forse il perché ce lo spiega Teresina si Lisieux: "Suppongo che il figlio d'un medico abile incontri sul suo cammino una pietra che lo faccia cadere; cadendo, egli si rompe un arto, e subito il padre corre a lui, lo rialza con amore, cura le ferite impegnando tutte le risorse della sua arte, e ben presto il figlio completamente guarito gli dimostra la propria riconoscenza. Certamente questo figlio ha ben ragione d'amare suo padre! Ma farò ancora un'altra ipotesi. Il padre, avendo saputo che sulla strada di suo figlio si trova una pietra, si affretta, va innanzi a lui, la rimuove senza che nessuno lo veda. Certamente questo figlio, oggetto della sua tenerezza previdente, non sapendo la sventura dalla quale è liberato per mezzo di suo padre, non testimonierà a lui la propria riconoscenza e l'amerà meno che se fosse stato guarito da lui. Ma se viene a conoscere il pericolo al quale è stato sottratto, non amerà di più suo padre?".
Tutto questo ci deve forse insegnare che quando Dio demolisce i nostri piani, i nostri progetti, i nostri desideri... in realtà ci sta evitando guai peggiori e preparando beni migliori, allora noi, invece di imprecare, dovremmo dirgli grazie... Se abbiamo il mal di testa, e non passa nonostante le pastiglie, che facciamo?... Ci procuriamo forse un dolore più forte, magari rompendoci una gamba?... No, lo sopportiamo. Allora sopportiamo anche quando Dio ci fa attraversare momenti di disagio: Lui ci vuole evitare il “gesso”!!!
Se poi ci fermiamo a riflettere, vediamo che la storia della torre di Babele si ripete ancora oggi, e alla grande!!!...
Noi, anche se parliamo la stessa lingua, in realtà non ci capiamo o non vogliamo capirci... Allora abbondano i fraintendimenti e i malintesi... questo succede anche perché c'è fra noi la bruttissima abitudine di voler essere ciò che non siamo... non accettiamo gli altri a meno che la pensino come noi, si comportino come noi e ragionino come noi. Vogliamo insomma che l'altro sia a nostra immagine. La conseguenza di tutto questo è lo sfascio di tante famiglie... vogliamo cambiare il nostro coniuge per renderlo conforme ai nostri desideri e ai nostri umori, non siamo capaci di vederlo come un'immagine di Dio, non siamo capaci di accettarlo così come è stato voluto dal Padre Eterno.
Quante torri di Babele oggi!!! L'uomo continua a sfidare Dio in modo sempre più sfrontato... ad esempio fabbricando uomini in provetta... cambiando la legge morale secondo i propri gusti... rifiutandosi di obbedirgli... chiamando bene il male e male il bene... proprio come allora... «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco»... "Venite, cambiamo le leggi e costruiamole come più ci conviene...". L'intelletto usato in modo sbagliato, l'intelletto superbo che non accetta di sottomettersi a Dio genera solo fallimenti, disastri, macerie. Naturalmente non si arriva al fallimento in un giorno solo, ma a poco a poco. Si incomincia a volere i primi posti in un concerto, a voler essere i primi della classe a scuola, a voler essere i più simpatici in una comitiva, a voler essere più ricchi del vicino, a voler avere più successo del vicino... se poi non riusciamo nel nostro intento ci vengono le crisi ed entriamo in confusione.
Ma qual'è la soluzione di tutto questo disordine? Penso che sia mettere Dio al centro della nostra vita, al centro delle nostre famiglie, al centro nel nostro lavoro quotidiano. Se Dio sta su... e noi quaggiù... un motivo ci sarà!!! Evitiamo la sindrome del “Padre Eterno”!!!... e stiamo al nostro posto, che è meglio!!! Solo così potremo sperare che nelle nostre relazioni non veniamo continuamente feriti, accoltellati, sfracellati...
Certo che siamo dei fenomeni!!! Se si tratta di parlare la lingua del male, siamo uniti... ma se si tratta di rigare diritti allora non ci capiamo più... Se si tratta di parlare male di qualcuno, di seminare zizzania... ecco che l'elettrodomestico preferito dagli uomini - l'affettatrice -, va alla grande... ma se si tratta di difendere qualcuno, allora… "non sei dei nostri!!!”.
Tutti d'accordo e felici se si tratta di andare in discoteca, alle feste, al centro commerciale la domenica, ma quando si tratta di andare a trovare Gesù Eucaristia, alla Messa, non dico ogni giorno, ma almeno la Domenica, allora si trovano tante scuse e non si ha tempo: Vai tu... io ho da fare... Porta tu il bambino in Chiesa... Porta tu il bambino al catechismo... Vai tu a parlare con il don... Insomma, invece di essere uniti in Cristo, si è divisi. Risultato: la domenica i centri commerciali sono pieni e le chiese deserte...
Chiediamo al buon Dio di aumentare la nostra fede perché la Pentecoste diventi una festa di comunione, perché lo Spirito Santo ci renda più uniti e concordi, ci aiuti a superare le distanze geografiche, le differenze caratteriali, ogni divisione e discordia... quando c'è la fede in Dio le difficoltà che sorgono dalla diversità non si sentono poi così tanto e così potremo costruire una bella "città di Dio", proprio come diceva Sant'Agostino: «L'amore di sé portato fino al disprezzo di Dio genera la città terrena; l'amore di Dio portato fino al disprezzo di sé genera la città celeste. Quella aspira alla gloria degli uomini, questa mette al di sopra di tutto la gloria di Dio. [...] I cittadini della città terrena son dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri; i cittadini della città celeste si offrono l'uno all'altro in servizio con spirito di carità e rispettano docilmente i doveri della disciplina sociale».
Se il giorno di Pentecoste, benché tutti provenissero da paesi diversi, hanno iniziato a intendersi a meraviglia, è perché parlavano la stessa lingua... la lingua dell'Amore, la lingua dello Spirito Santo.
Allora, che lo Spirito Santo di Dio scenda su di noi e faccia crollare la torre dei nostri pregiudizi, del nostro orgoglio, del nostro io, dei nostri interessi, delle nostre superficialità... perché possiamo vivere veramente tutti concordi nella città di Dio; allora sì che toccheremo il Cielo con le dita... e senza bisogno di torri!!! Diciamo "SI" al Santo Spirito... perché, come diceva Sant'Agostino: “Lui non può far niente senza la nostra cooperazione. Per agire lo Spirito ha bisogno del nostro si”.
Proviamo allora a vedere i nostri fallimenti non come una disgrazia, ma come dono di Dio in vista della purificazione del nostro "IO"... Se don Divo Barsotti voleva diventare il Santo dei "fallimenti"... io voglio diventare la Santa “delle porte chiuse”... che, a differenza del buon ladrone - Santo molto disoccupato visto che non se lo fila nessuno -... avrò nell'atrio una bella fila!!!
Voglio concludere questa mia riflessione sempre con Sant'Agostino, il quale diceva che la Pentecoste è il "Compleanno" dello Spirito Santo... Allora: Happy Birthday Holy Spirit!...
Pace e bene

martedì 19 maggio 2015

 PADRE NOSTRO in lingua Sarda




Babbu nostru chi ses in is Celus:
Santificau siat su nomini tuu.
Bengat a nosu su regnu tuu.
Siat fatta sa voluntadi tua comenti in su Celu aici in sa terra.
Donanosì oi su pani nostru de dogna dii
E perdonanosi is peccaus nostrus. Comenti nosaterus perdonaus a is depidoris nostrus.
E no si lessis arrui in tentazioni.
Ma liberanosi de mali. Aici siat.

Compendio di Catechismo storico Sardo-Italiano ad uso delle Diocesi Meridionali Sarde, Iglesias, a cura di P. Camboni, Tipografia Canelles 1898, pagg. 213-214:

domenica 17 maggio 2015

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 16,29-33 - Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!



 Gv 16, 29-33
In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

Parola del Signore
Riflessione

Quanto è facile dire a parole: “Per questo crediamo che sei uscito da Dio”... Ma nella quotidianità, siamo pronti a portare il peso della croce? Oppure Gesù è presente nella misura in cui ci serve? Siamo pronti ad accettare di essere trattati come è stato trattato Gesù? Davanti alle avversità della vita, reagiamo come ha reagito Lui? Mi sa di no... Il Signore conosce le nostre debolezze, conosce i nostri bellissimi propositi... che non durano più di un minuto. Ma conosce anche il nostro dispiacere nel momento del fallimento. Lui sa molto bene quanto ci sentiamo soli quando ci ritroviamo spaventati di fronte alle avversità. Noi, non siamo più bravi degli apostoli. Avremmo forse superato più brillantemente la prova nel momento della Sua passione?... Meno male che, come dice Gesù, c'era il Padre... altrimenti avrebbe compiuto il suo sacrificio nella più grande solitudine.
E se le parole: Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo” appaiono quasi una sgridata, poi, come un vero amico ci dà una pacca sulla spalla e ci incoraggia a seguirlo: abbiate coraggioperchè, con Lui accanto, non saremo mai soli. E con l'affermazione: “io ho vinto il mondo!” ci da una luce e una speranza per la notte più buia. Così Gesù invita tutti noi a non lasciarci prendere da pessimismi e da tristezze, perché è l'ottimismo che deve stare nel cuore di un vero discepolo, il quale mette tutta la sua speranza in Colui che ha vinto il mondo. A questo punto entrano in ballo i veri amici di Gesù... se nella nostra vita abbiamo incontrato un vero discepolo che ci sta accanto in questo cammino, le cadute saranno meno traumatiche, se invece non è così, preghiamo il Signore di mandarcene uno... sono sicura che prima o poi ci esaudirà...
Allora continuiamo a pregare, continuiamo a sperare, continuiamo a chiedere. Continuiamo insomma a stare accanto a Lui anche quando agli occhi di tanti, e molte volte anche di chi si professa credente, non c'è niente da fare. Alzare la bandiera bianca con Gesù accanto non deve esistere, perché se rimaniamo con Lui siamo invincibili, e chi ha Dio come amico non manca di nulla. “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11, 1).
Pace e bene 

Preghiera allo Spirito Santo di Santa Teresa D'Avila



O Spirito Santo,
sei tu che unisci la mia anima a Dio:
muovila con ardenti desideri
e accendila con il fuoco
del tuo amore.
Quanto sei buono con me,
o Spirito Santo di Dio:
sii per sempre lodato e Benedetto
per il grande amore che affondi su di me!

Dio mio e mio Creatore
è mai possibile che vi sia
qualcuno che non ti ami?
Per tanto tempo non ti ho amato!
Perdonami, Signore.

O Spirito Santo,
concedi all'anima mia
di essere tutta di Dio e di servirlo
senza alcun interesse personale,
ma solo perchè è Padre mio e mi ama.

Mio Dio e mio tutto,
c'è forse qualche altra cosa
che io possa desiderare?
Tu solo mi basti. AMEN.

sabato 16 maggio 2015

Intervista a Padre Serafino Tognetti, sul tema dell'Amore


Beata Antonia Mesina - Martire della purezza - 17 maggio - Nella cittadina di Orgosolo in Sardegna, beata Antonia Mesina, vergine e martire, che, impegnata nella vita della Chiesa, all’età di sedici anni difese fino alla morte la propria castità.


 



La Vita
Antonia Mesina nacque a Orgosolo il 21 Giugno 1919, da Agostino, guardia campestre, e Grazia Rubanu, casalinga.
Era la secondogenita di nove fratelli e sorelle, sei dei quali morirono in tenerissima età. Ben presto dovette aiutare la mamma nel disbrigo dei lavori domestici e nella cura dei fratelli più piccoli.
Si iscrisse all'Azione Cattolica dal 1929 al 1931 come «Beniamina» e nel 1934 come «Effettiva».
Dall'Eucaristia e dalla devozione al SS. Cuore di Gesù e alla Madonna attinse forza per una  spiritualità nel «quotidiano» e maturò un'intensa vita di pietà e un particolare amore alla virtù della purezza, pregando spesso il Rosario, doveri permettendo e spesso si accostava a prendere l'Eucaristia.
Partecipò con entusiasmo alla famosa «crociata per la purezza» indetta dalla Gioventù Femminile di A.C. propagandata da Armida Barelli, rimanendo colpita dall'eroicità del martirio di Maria Goretti, più volte la gente disse che nel caso si sarebbe trovata nella stessa situazione della Goretti avrebbe preferito come lei farsi uccidere piuttosto che perdere la purezza e castità.
Il fratello Giulio rivelò che Antonia aveva il libro della Santa Goretti e lo conosceva bene.Più volte disse alle amiche che anche lei avrebbe fatto la stessa cosa.

giovedì 14 maggio 2015

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 16, 20-23 - Nessuno potrà togliervi la vostra gioia.



 Gv 16, 20-23

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».

Parola del Signore
Riflessione

Il giorno prima di morire Gesù fa un discorsetto particolare ai Suoi discepoli, questo discorsetto è ancora valido per noi oggi. Come si dice: "Uomo avvisato... mezzo salvato!!!".
Proviamo ad immaginare la scena... Gesù riunisce i suoi amici e li avvisa che fra poco non sarà più con loro, dice che saranno esposti agli attacchi del mondo molto incredulo, che saranno accusati ingiustamente per causa sua, che avranno momenti di confusione e di tristezza... Una bella prospettiva!!! Cosa sarà frullato nella loro testa e nel loro cuore?
Senza Gesù, che in qualche modo li proteggeva, sarebbero stati capaci di camminare sempre sulla retta via?... Quando il mondo avrebbe fatto di tutto per metterli al tappetto, come avrebbero reagito?... Avrebbero retto senza scoraggiarsi, vedendo il mondo nella gioia e nella prosperità, mentre loro dovevano sopportare tribolazioni, affanni, strettezze?... Mi sa che questi pensieri frullano anche oggi nella testa e nel cuore di tanti di noi. Infatti, come è possibile essere gioiosi quando si attraversano momenti di dolore, di malattia, di persecuzione, di incomprensione, di abbandono... insomma, tribolazioni di ogni genere? Ma se ci fidiamo delle parole di Gesù, con il suo aiuto, riusciremo a vedere con un'altra luce i momenti di afflizione e di disagio. Ci sarà dato di credere che questi momenti non sono inutili e sterili, ma fecondi. Come il chicco di grano che deve morire per portare frutto... Come Maria, quando Gesù le consegna il Suo testamento... "Donna, ecco il tuo figlio!", può intuire la futura moltitudine dei figli di Dio... E' la gioia di Gesù che, grazie alla Sua obbedienza al Padre, salverà l'umanità intera. Tutto questo dovrebbe aiutarci a superare i nostri dolori, i nostri affanni, i nostri momenti di scoraggiamento, dovrebbe darci la speranza che la luce, la gioia, l'amore... avranno l'ultima parola. Gesù è la nostra gioia!
Come sappiamo bene, i veri discepoli del Signore non sono immuni dalle sofferenze, anzi... a dire il vero ne hanno il doppio, ma la presenza reale di Gesù nel nostro cuore è un balsamo nei momenti bui e, prima o poi, Lui li trasformerà in gioia. Attenzione, il male subito o fatto rimane, ma il dolore si trasformerà e diventerà come una sorgente d'acqua fresca che zampilla nel deserto.
Gesù fa poi un esempio della sofferenza e della gioia parlando di una donna che stà per mettere al mondo un bimbo. Un esempio ben azzeccato... bella mossa Gesù!!!
Quante volte abbiamo sentito dire da una neo mamma: "Per carità... ho sofferto così tanto che questa è l'ultima volta, mai più figli!!!"... L'ultima parola famosa!!! Dopo un anno la si rivede nuovamente con il pancione. Allora mi domando: e il dolore, che fine ha fatto?... Eh... mi sa che ha ragione Gesù!!! Dopo un po' non lo si ricorda più!!!
Mi viene in mente quando ero piccola. Avevo le ginocchia che erano una crosta ambulante per le cadute sui pattini. Ogni caduta era una tragedia napoletana... lacrimoni, sangue... e mia madre, dopo avermi spruzzato quell'alcool terribile che faceva più male della ferita, mi diceva la solita frase: “Quando ti sposerai... non te ne ricorderai più!”. Meno male che il dolore è passato molto prima, altrimenti, visto che non mi sono sposata, sarei ancora qui a soffrire!!!
Comunque, tornando al Vangelo, Gesù ci incoraggia tutti dicendo che le sofferenze quaggiù sono necessarie in vista di una nuova nascita che ci otterrà il dono della vita eterna. Una visione molto ottimista!!!... Guardiamo allora Gesù sulla Croce, la sua sofferenza quando si è sentito abbandonato dal Padre... Quando saliva il calvario c'era tra la folla chi gli sputava addoso e lo insultava, e c'erano anche persone che Lui aveva guarito e beneficato... Il fuggi, fuggi dei discepoli non era certo una consolazione; il dolore dei flagelli e dei chiodi... Insomma, dolori fisici, morali e spirituali... Ma Gesù sapeva che tutte queste sofferenze si sarebbero trasformate in gioia. Lui, con la Sua morte e resurrezione, ha dato alla luce una nuova discendenza... ”... se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24).
Chiediamo allora al buon Dio di rafforzare la nostra fede per non vivere quaggiù in modo rassegnato e apatico. Evitiamo di scolpire le nostre sofferenze, i nostri dolori, i nostri tormenti... su una pietra indelebile e le gioie sul bagnaasciuga del mare. Proviamo a fare il contrario, così le gioie rimarranno sempre impresse, nessuno potrà portarcele via e ci serviranno anche da balsamo per i momenti NO...
Il Vangelo termina con una affermazione un pochetto particolare... ”Quel giorno non mi domanderete più nulla”...
Caro Gesù... è vero che in quel giorno di stupore e di gioia a nessuno verebbe in mente di domandarti altro, però una cosa siamo obbligati a fare... renderti grazie e lodarti per essere morto e risorto per noi. Grazie Gesù mio... grazie...
Pace e bene

Alghero..il Santuario della Madonna di Valverde


 
Nel 1435 è documentata la presenza di un luogo di culto dedicato a Santa Maria de Vallvert, al quale apparteneva il simulacro oggi di proprietà della chiesa ricostruita nel 1635 ed ampliata con 6 cappelle laterali, che prima di allora era intitolata alla Madonna della Freccia. Dal 1649 al santuario è affidato un cappellano permanente. Nel 1650, con una spesa di 1000 lire, viene edificata nelle vicinanze, una piccola chiesa dedicata a Santa Maria del Pilar de Vallvert, oggi non più esistente e già diroccata nei primi dell'Ottocento.
Narrano le vicende, che nel 1530, il piccolo simulacro della Madonna Nera, al quale gli algheresi sono devotissimi, venne nascosto sotto "il pilar" posto sul sagrato, quando un'orda di barbareschi e turchi, oltre a saccheggiare la chiesa campestre, portò via quindici prigionieri. La Madonna apparve in sogno al parroco di Alghero, alcuni secoli dopo e recuperata, fu portata in cattedrale, dove "fuggì" per ritornare al proprio luogo d'origine.
Tra i tesori appartenenti al santuario, vi sono la seicentesca lampada argentea, alcuni quadri del Settecento ed il Crocifisso Miracoloso, ora conservato nel museo diocesano.
L'imponente altare in marmo di Carrara è del 1750, impreziosito da quattro colonne tortili in marmo nero, con la nicchia superiore che ospita la statua della Madonna della Freccia, mentre la nicchia inferiore è per la Madonnina di Valverde. Dell'Ottocento sono la corona d'argento ed il pavimento. La solenne consacrazione risale all'anno 1833, mentre il simulacro, portato in città nel corso dei secoli per combattere pesti e carestie, ricevette la solene inconorazione vaticana, officiata nel maggio del 1935.
A testiminianza dell'affetto e della devozione di tantissimi devoti, sono le centinaia di ex voto con i quali sdebitarsi dalla risoluzione dei più svariati problemi ed infortuni, quali malattie, incidenti stradali e sul lavoro, rischi di naufragi, il ritorno dalla guerra.

Nel 1695 vennero utilizzati 66 gioielli del tesoro del tempio, per essere fusi ed ottenere, tre anni dopo, una preziosissima corona d''oro, arricchita da 145 smeraldi, costati 1016 lire; questa purtroppo venne rubata dalla cattedrale di Alghero, nel 1960.
 
 

Dagli Atti degli Apostoli - At 1,15-17.20-26 - La sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli.





 At 1,15-17.20-26

In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli – il numero delle persone radunate era di circa centoventi – e disse: «Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù. Egli infatti era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Sta scritto infatti nel libro dei Salmi:
“La sua dimora diventi deserta
e nessuno vi abiti”,
e: “Il suo incarico lo prenda un altro”.
Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione».
Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli.

Parola di Dio
Riflessione

Dopo che Gesù è asceso al cielo, gli apostoli, insieme a molti fratelli, si trovavano riuniti probabilmente per pregare, l'apostolo Pietro si alza e annuncia che è arrivato il momento di colmare il posto vacante lasciato da Giuda.
Dobbiamo prendere come esempio il modo in cui gli apostoli prendono una decisione... e cioè: dopo aver pregato. Anche Gesù, prima di scegliere i dodici era stato in preghiera tutta la notte.
Molte volte, invece, noi ci facciamo trasportare dall'emozione del momento... partiamo sparati senza ponderare e soprattutto senza pregare. I risultati sono migliori quando gli ostacoli e gli imprevisti vengono affrontati con la pace nel cuore. Allora, proviamo a pregare di più e ad avere pazienza, perché come dice un proverbio: “La fretta corre incontro alla disgrazia”.
Pietro e i fratelli hanno pregato in modo che la scelta cadesse sulla persona adatta. E' una decisione importante scegliere qualcuno per un ministero qualsiasi, bisogna allora pregare tantissimo e ponderare molto bene... A volte, invece, c'è molta fretta e superficialità sia nelle parrocchie, sia nelle istituzioni, c'è sempre troppa poca umiltà da una parte e tanto buonismo dall'altra... Quante persone si ostinano a voler fare un qualsiasi ministero senza avere i requisiti o il dono richiesto, cercando solo di mettersi in mostra per essere "ammirati dagli uomini"!!! Questo non solo danneggia loro stesse, ma la cosa triste è che fanno del male anche ad altri, perché non danno una bella testimonianza e in qualche modo scandalizzano. La Chiesa, oggi, in una società in cui Dio è lontano anni luce da tanti cuori, non ha bisogno di sfilate di moda, ma di persone umili al suo servizio. Non basta infatti leggere una volta la Bibbia per andare subito nelle strade a evangelizzare o per mettersi a compiere un qualsiasi ministero, ma bisogna prima di tutto rinascere nuove creature, studiare, ascoltare e meditare la parola di Dio e pregare tanto. E' come se una persona col tremore alle mani, o che ha problemi alla vista del sangue, si ostinasse a voler fare il chirurgo in sala operatoria... non solo danneggierebbe se stessa perché in caso di morte del paziente si prenderebbe una denuncia, ma il paziente protesterebbe perché dovrebbe presentarsi prima del tempo dal Padre eterno!!! Ecco perché chi ha responsabilità di governo deve sempre vigilare e, quando è il caso, correggere il tiro. Un vero papà non dice sempre “si” a suo figlio, ma gli da dei consigli saggi e lo riprende ogni qualvolta che vuole fare qualcosa che in qualche modo non è per il suo vero bene. Dio da ad ognuno doni diversi ed unici che hanno lo scopo di aiutarLo nella Sua opera. Evitiamo allora di intestardirci nel voler fare di testa nostra, ma lasciamoci guidare dallo Spirito Santo. Solo così riusciremo a toccare i cuori delle persone a noi vicine. Non sono necessarie tante parole per aiutare le anime bisognose dell'amore di Dio, ma sarà il Suo amore in noi ad aprire il cuore duro di tanti.
Pregare... pregare... pregare. Questo è quello che dobbiamo fare ogni giorno, ma non col timore di chiedergli troppo oppure certe cose sì e altre no, ma dobbiamo parlare con Lui come se fosse un amico vivo, vicino a noi.
Pace e bene


lunedì 11 maggio 2015

Dagli Atti degli Apostoli - At 16,22-34 - Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia


 

 At 16, 22-34

In quei giorni, la folla [degli abitanti di Filippi] insorse contro Paolo e Sila, e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi.
Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti.
Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.
Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.

Parola di Dio
Riflessione

La lettura di oggi racconta un'altra disavventura di Paolo nella quale è coinvolto anche Sila. Infatti i due, dopo essere stati bastonati, vengono rinchiusi in una cella buia e incatenati come dei criminali pericolosi.
Loro però non temono gli ostacoli o le percosse e riescono a convertire, grazie al Signore, tanti cuori; anche se, a volte, in circostanze un po' particolari.
Il comportamento di Paolo e Sila in quei momenti difficili è grandioso! Infatti, nonostante l'evidenza dica che umanamente tutto è perduto... loro pregano Dio cantando inni. Questa sì che è fede!!!
Preghiere dette talmente con il cuore, che il buon Dio non può non sentire e non accogliere... Preghiere che ottengono non solo la loro liberazione, ma anche la conversione di altri fratelli.
Anche noi, quando ci troviamo ad affrontare situazioni difficili, come precarie condizioni di salute, o di lavoro, o problemi con i figli, o sofferenze spirituali... è come se avessimo delle catene alle mani e ai piedi. Siamo letteralmente bloccati e, il più delle volte, non sappiamo che pesci prendere!!! E' proprio in questi momenti che non dobbiamo smettere di credere in Dio e sperare che Lui, con il Suo amore, venga a liberarci dalle catene, venga a rischiarare quella parte del nostro cuore che, per un attimo o più di un attimo, si era oscurata come la cella di una prigione. Gesù non abbandona mai i Suoi amici... checché se ne dica!!! Avere fede!!!... Tanto, alternative non ce ne sono... e dai buchi più neri solo la fede può farci uscire!!!
La fede è un'arma così potente che nessuna catena al mondo gli potrà resistere. La vera fede, infatti, riesce a scuotere il nostro cuore e anche quello delle persone a noi vicine.
Quando ci sono dei disastri sismici le case costruite “sulla sabbia” crollano come niente. Ma cosa succede dopo, a parte le polemiche?... Succede che la dolorosa esperienza spinge le persone a prendere delle precauzioni per le nuove costruzioni. Si ricostruirà quindi utilizzando dei materiali più resistenti.
Così è successo nella vicenda che ha coinvolto Paolo e Sila. Le loro preghiere infatti, oltre che a provocare il terremoto, hanno anche terremotato il cuore degli altri prigionieri e dello stesso carceriere. E così, una volta demolite tutte le loro certezze, tutti i loro punti di riferimento, tutte le brutture della loro anima... le catene si sono volatilizzate e la loro vita è cambiata. Finalmente liberi... e, d'ora in avanti, il materiale più solido, la pietra angolare... sarà il Signore.
Certo che Dio usa dei modi un po' inusuali per aprirsi una breccia nel cuore umano, diciamo che la fantasia non gli manca...!!!
La cosa meravigliosa in questa lettura è la testimonianza del carceriere. Infatti, dopo aver creduto lui e la sua famiglia è pieno di gioia, e questa gioia lo porta a condividere con altri lo stesso cibo: “...poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio”.
Sarebbe bello se anche noi, nel momento dell'Eucaristia, donassimo con il cuore la metà di quello che abbiamo appena ricevuto a un fratello di fede.
Io lo faccio ogni giorno... e la mia gioia è piena!!!
Pace e bene

Sant'Ignazio da Laconi - Laconi 1701 - Cagliari 1781



Tra gli otto santi cappuccini, fioriti tra i secoli XVI e XIX, Ignazio è l’unico canonizzato vissuto nel ‘700. Risulta il primo in ordine di anzianità: ottanta anni di età, trascorsi tra Laconi e Cagliari nei primi tre quarti del ‘700, e sessanta anni di speciale consacra­zione tra i cappuccini, nella Sardegna.
Visse tra un fiorire di miracoli, sin da fanciullo, nel paese di Laconi, nel Sarcidano, circondato da boscaglie di querce. Incon­trando in piazzuole « dei puttini a giuocare » — assicurano i processi informativi — Vincenzo (era il suo nome di battesimo) si soffermava a guardarli e « preso un baccolino andava indicando or questo, or quello, dicendo: Tu sei del cielo ». Quei fanciulli, da lui indicati, nel giro di pochi giorni, andavano davvero al cielo. Un dì, all’ora di pranzo, lo zio Pietro Sanna aveva solo due pani disponibili e molta gente, che aveva lavorato sulla sua terra, doveva mangiare. Intervenne Vincenzo e assicurò che quella provvigione era sufficiente. Così fu, perché tutti « mangiarono a soddisfazione... e ne sopravanzò per riportarne a casa ».
Da quanto riferisce e documenta il Summarium, edito nel 1868 nella Positio super virtutibus e che riserva ben 121 pagine sui mira­coli operati in vita e 86 pagine sui miracoli compiuti dopo morte, frate Ignazio risulta il santo più spettacolare dei cappuccini. Ci son tutte le prove per qualificarlo un personaggio da leggenda, uno di quei santi che appaiono trasognati e tutta luce nei mosaici absidali delle antiche basiliche cristiane.
E’ scontato che non sono i miracoli a fare il santo, ma il quoti­diano impegno e sforzo di servire Dio. Se il miracolo è segno della santità, la santità è grazia di Dio e collaborazione dell’uomo.
Pur luminosa di miracoli, la vita di Ignazio fu decisamente donata a Dio. Particolarmente dai venti agli ottanta anni.
Un « si » a Dio rimandato per anni

domenica 10 maggio 2015

Amatevi gli uni gli altri come Io vi ho amati - Gv 15 , 12 - 17 - Meditazioni sul Vangelo di Eugenio Pramotton


 Gv 15 , 12 - 17


Siamo durante l'ultima cena. Gesù, sapendo che è giunta la sua ora, l'ora drammatica della massima manifestazione del suo amore per il Padre e per gli uomini, sta facendo ai suoi discepoli e al Padre suo un lungo discorso; discorso che è preghiera nei confronti del Padre mentre per i discepoli sono le ultime raccomandazioni, di qui l'atmosfera particolarmente solenne della riunione.
È durante quest'ultima cena che Gesù lascia ai suoi, un comandamento nuovo (Gv 13, 34), il suo comandamento. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati (Gv 15, 12). Questa è la legge del Regno di Dio, questa è la legge che dobbiamo imparare a praticare se vogliamo diventarne membri. Ma che cosa vuol dire amare e che cosa vuol dire amare come Gesù ci ha amati? Proviamo con una definizione scolastica dell'amore: amare è volere il bene di qualcuno. Questo qualcuno può essere: noi stessi, gli altri, Dio. Noi e gli altri abbiamo bisogno di tre tipi di beni: i beni esteriori, come la casa, il lavoro, i campi; il bene del corpo che è essenzialmente una buona salute; il bene dell'anima che è essenzialmente una buona salute dell'anima. Dio non ha bisogno di nessun bene esterno, Lui stesso è tutto il suo bene.
I beni esteriori sono ordinati al bene del corpo, il bene del corpo è ordinato al bene dell'anima e il bene dell'anima è nella conoscenza e nell'amore di Dio; si ha così che in definitiva, se le cose funzionassero come dovrebbero funzionare, tutto dovrebbe essere ordinato all'amore di Dio. Ma la rottura dell'amicizia fra l'uomo e Dio ha introdotto nell'umanità un disordine tale che non c'è più niente che funziona come dovrebbe funzionare. Allora Dio, che non abbandona i suoi figli, ricorda agli uomini i suoi comandamenti, che sono come dei punti di riferimento dati all'uomo per aiutarlo a mettere ordine nella sua vita.

Rimanete nel mio amore. (Giov. 15, 8-10) Commento al Vangelo di San Giovanni di Sant'Agostino - OMELIA 82




Tutto nasce dalla fede operante per mezzo dell'amore. Ma come potremmo amare se prima non fossimo stati amati da Dio?

[Siamo opera di Dio, creati in Cristo Gesù.]
 
1. Richiamando con insistenza l'attenzione dei discepoli sulla grazia che ci fa salvi, il Salvatore dice: Ciò che glorifica il Padre mio è che portiate molto frutto; e così vi dimostrerete miei discepoli (Gv 15, 8). Che si dica glorificato o clarificato, ambedue i termini derivano dal greco . Il greco , in latino significa "gloria". Ritengo opportuna questa osservazione, perché l'Apostolo dice: Se Abramo fu giustificato per le opere, ha di che gloriarsi, ma non presso Dio (Rm, 4, 2). E' gloria presso Dio quella in cui viene glorificato, non l'uomo, ma Dio; poiché l'uomo è giustificato non per le sue opere ma per la fede; poiché è Dio che gli concede di operare bene. Infatti il tralcio, come ho già detto precedentemente, non può portar frutto da se stesso. Se dunque ciò che glorifica Dio Padre è che portiamo molto frutto e diventiamo discepoli di Cristo, di tutto questo non possiamo gloriarcene, come se provenisse da noi. E' grazia sua; perciò sua, non nostra, è la gloria. Ecco perché, in altra circostanza, dopo aver detto ai discepoli: Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, acciocché vedano le vostre buone opere, affinché non dovessero attribuire a se stessi queste buone opere, subito aggiunge: e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5, 16). Ciò che glorifica, infatti, il Padre è che produciamo molto frutto e diventiamo discepoli di Cristo. E in grazia di chi lo diventiamo, se non di colui che ci ha prevenuti con la sua misericordia? Di lui infatti siamo fattura, creati in Cristo Gesù per compiere le opere buone (cf. Ef 2, 10).

sabato 9 maggio 2015

PREGHIERA DELLA CONSOLAZIONE




Mio Signore e Dio, io sono così convinto che Tu hai cura di tutti quelli che sperano in Te e che niente può mancare a coloro che aspettano tutto da te, che ho deciso, per l’avvenire, di vivere senza alcuna preoccupazione e di riversare su di Te ogni mia inquietudine.
Gli uomini possono spogliarmi di tutti i beni e del mio stesso onore; le malattie possono privarmi delle forze e dei mezzi per servirti; col peccato posso smarrire perfino la tua grazia, ma non perderò mai e poi mai la mia fiducia in Te. La conserverò fino all’estremo della mia vita e il demonio, con tutti i suoi sforzi, non riuscirà mai a strapparmela.
Altri aspettino pure la loro felicità dalle ricchezze e dal loro ingegno; facciano anche affidamento sull’innocenza della loro vita, sui rigori delle loro penitenze, sulla quantità delle loro opere buone e sul fervore delle loro preghiere; per me tutta la mia confidenza è la mia stessa confidenza; confidenza che non ha mai ingannato nessuno.
Ecco perché ho l’assoluta certezza di essere eternamente felice, perché ho l’incrollabile fiducia di esserlo e perché lo spero unicamente da Te.
Per mia triste esperienza devo purtroppo riconoscere di essere debole ed incostante; so quanto le tentazioni possono contro le virtù più affermate; eppure nulla, finché conserverò questa ferma fiducia in Te, potrà spaventarmi; starò al riparo da ogni disgrazia e sarò certo di continuare a sperare, perché spero questa stessa immutabile speranza.
Infine, mio Dio, sono intimamente persuaso che non sarà mai troppa la fiducia che ho in Te e che, ciò che otterrò da Te, sarà sempre al di sopra di ciò che avrò sperato.
Spero anche, Signore che Tu mi sorreggerai nelle facili debolezze; mi sosterrai negli assalti più violenti; farai trionfare la mia fiacchezza sopra i miei temuti nemici.
Ho tanta fiducia che Tu mi amerai sempre e che anche io, a mia volta, ti amerò per sempre. E per portare al più alto grado questa mia fiducia, o mio Creatore, io spero Te da Te stesso, per il tempo e per l’eternità. 

San Claudio de la Colombière

venerdì 8 maggio 2015

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 15,18-21 - Voi non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo



 Gv 15,18-21

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Parola del Signore
Riflessione

Il destino di un vero credente è identico a quello di Gesù. Se è stato perseguitato Lui, lo saremo anche noi. Attenzione però alle trappole che possono insinuarsi nel nostro cuore... Non sempre infatti si è perseguitati a causa del nome del buon Dio. Qualche volta, infatti, se veniamo odiati è causa nostra e del nostro comportamento non troppo evangelico...
Seguire Gesù non è molto comodo oggi, e la verità fa drizzare i capelli a molti!!! Non solo, per chi non ha fede, o poca, sentire parlare delle meraviglie del Signore è motivo di disagio. Inoltre, con arroganza e orgoglio, alcuni pensano di essere gli unici a sapere ciò che sia giusto o sbagliato, e pretendendo che si seguano le loro convinzioni con forza, come dei militari. Ma l'amore è l'unica verità... Dio infatti è amore. Chi vive una vita mondana, preoccupandosi solo ed esclusivamente dell'aspetto esteriore, del successo e del divertimento, non ama... perché tutte queste cose fanno parte di questo mondo e non del cielo.
Gesù, oggi, prima ci avverte delle persecuzioni che incontreremo seguendo Lui, e poi ci incoraggia dicendo: ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. E, come dice bene San Paolo nella lettera ai Romani (8, 31): “...Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”. Che meraviglia però, pensare di essere stata scelta!!!... E io mi ritengo la persona più fortunata del mondo nonostante tante tribolazioni... E' strano, più si ama Dio e più si è tribolati, e più si è tribolati più si ama Dio. Come dice un caro amico... è il cane che si morde la coda!!!
Allora, chiediamo al buon Dio di aumentare la nostra fede, di darci sempre più coraggio, di non farci intimorire o piegare dalle parole ostili che il mondo ci riserva. E quando ci giudicano persone retrograde non prendiamocela e non sbraitiamo... ma sorridiamo e preghiamo per chi ci offende. Sarà il nostro amore e la nostra mitezza a farli cambiare. E se dobbiamo avere una certa prudenza nel parlare, non dobbiamo però stare in silenzio per paura dell'opinione non bella degli altri o per paura del male che ci potrebbero fare. Insomma... "ponderare"... Il Signore non vuole degli zerbini come amici, ma persone vere, autentiche e obbedienti.
La guerra contro Dio è sempre esistita e continuerà ad esistere. E se le persone di questo mondo pensano che noi cristiani siamo pezzi da museo, significa che siamo sulla strada giusta. E poi, se ci pensiamo bene... i pezzi da museo, valgono anche tanto!!!
Pace e bene.

La nube della non-conoscenza


O Dio, che vedi i segreti dei cuori
e conosci i nostri pensieri,
infondi in noi il tuo Spirito santo,
perché purificati nell’intimo,
possiamo amarti con tutta l’anima
e celebrare degnamente la tua lode.
Amen.

PROLOGO

Nel nome del Padre
e del Figlio
e dello Spirito Santo.

Chiunque tu sia a essere venuto in possesso di questo libro (forse è di tua proprietà o semplicemente l’hai in custodia o lo devi consegnare ad altri oppure lo tieni in prestito), con tutta l’energia e la forza compatibili con il vincolo della carità ti prego e ti scongiuro, per quel che sta alla tua volontà e saggezza, di non leggerlo e di non farne menzione ad alcuno, scrivendone o parlandone, e di fare in modo che nessuno lo legga, ne scriva o ne parli, a meno che si tratti di uno che, a tuo giudizio, è veramente intenzionato a seguire Cristo in maniera totale e perfetta. E a seguirlo non solo nella vita attiva, ma fino al punto massimo della vita contemplativa a cui può giungere in questa vita, per grazia di Dio, l’anima perfetta ma ancora legata a questo corpo mortale. Inoltre, dovrebbe essere uno che, a tuo avviso, già da molto tempo mette in pratica quelle virtù della vita attiva che lo rendono adatto alla vita contemplativa. In caso contrario, questo libro non gli si addice in alcun modo.
E ancora ti prego e ti scongiuro con l’autorità che proviene dalla carità: se mai uno dovesse leggere, scrivere o parlare di questo libro oppure sentirlo leggere o sentirne parlare da altri, imponigli, come io faccio con te, di leggerlo in tutta la sua interezza. Può darsi, infatti, che ci sia qualche argomento, all’inizio come in mezzo, lasciato in sospeso e non trattato con la dovuta completezza in quel particolare contesto: sicuramente lo si farà più avanti, tutt’al più alla fine del libro. Cosicché, se uno dovesse vedere un certo brano e non un altro, potrebbe facilmente cadere in errore. Perciò, per evitare un simile errore, prego sia te che gli altri, per amore di Dio, di fare quanto ho detto.
Non era affatto nelle mie intenzioni che i ciarloni, gli adulatori, i falsi modesti, i criticoni, i pettegoli, i maldicenti, i linguacciuti e ogni sorta di mettimale vedessero questo libro. Non è per essi che ho scritto. Per questo vorrei che ne facessero a meno loro e anche tutti quegli uomini, dotti o ignoranti, che sono semplicemente curiosi. Sì, fossero anche buone persone, eccellenti nella vita attiva, questo libro non fa per loro.
Non così per quelli che, sebbene «attivi» come forma esteriore di vita, tuttavia per ispirazione dello Spirito di Dio, i cui giudizi sono insondabili, si trovano ben pronti per grazia ad avere parte, non di continuo, come nel caso dei veri contemplativi, ma di quando in quando, alle profondità della contemplazione. Se fossero uomini di tal genere a vedere questo libro, ne trarrebbero sicuramente, per grazia di Dio, un grande conforto.
Questo libro si divide in 75 capitoli, l’ultimo dei quali indica dei segni ben sicuri attraverso cui l’anima può verificare se è veramente chiamata da Dio al lavoro della contemplazione, oppure no.
Amico spirituale in Dio, ti prego e ti scongiuro di considerare, con la dovuta attenzione, le modalità e il cammino della tua vocazione. E ringrazia Dio di tutto cuore, così che tu possa, in forza della sua grazia, star ben saldo in quello stato, grado e modo di vita che hai intrapreso generosamente contro tutte le astuzie e gli assalti dei nemici materiali e spirituali, e possa così ottenere, in premio la corona della vita eterna.

Colloquio con Motovilov - SERAFIM DI SAROV

 



Era un giovedì. Il cielo era grigio. La terra era coperta di neve. Spessi fiocchi continuavano a turbinare nell’aria quando Padre Serafino iniziò a conversare con me in una radura vicina al suo «piccolo eremitaggio» di fronte al fiume Sarovka che scorreva ai piedi della collina. Mi fece sedere sul ceppo d’un albero da poco abbattuto mentre lui si rannicchiò di fronte a me.
Il Signore mi ha rivelato — disse il grande starez — che dalla vostra infanzia avete sempre desiderato sapere quale sia il fine della vita cristiana. Per questo avete interrogato diverse persone alcune dei quali ricoprivano anche alte cariche ecclesiastiche.
Devo dire che dall’età di dodici anni ero perseguitato da quest’idea e che, per questo, avevo rivolto tale domanda a parecchie personalità ecclesiastiche senza mai aver ricevuto una risposta soddisfacente. Lo starez avrebbe dovuto ignorare tutto questo.
Ma nessuno — continuò Padre Serafino — vi ha mai detto niente di preciso. Vi consigliarono di andare in chiesa, di pregare, di vivere secondo i comandamenti di Dio, di fare del bene. Tale, vi dissero, era lo scopo della vita cristiana. Alcuni giunsero pure a disapprovare la vostra curiosità, trovandola fuori posto ed empia. Essi avevano torto. Quanto a me, miserabile Serafino, ora vi spiegherò in che consiste realmente questo fine.
La preghiera, il digiuno, le veglie e le altre attività cristiane, per quanto possano parere buone, non costituiscono il fine della vita cristiana ma sono il mezzo attraverso il quale vi si può pervenire. Il vero fine della vita cristiana consiste nell’acquisire lo Spirito Santo. Per quel che riguarda la preghiera, il digiuno, le veglie, l’elemosina ed ogni altro tipo di buona azione fatta in nome di Cristo, non sono che dei mezzi per acquisire lo stesso Spirito.