Chiediamoci: come nasce la storia di Maria? Come sboccia questo fiore inatteso in mezzo al fango dell’umanità?
Un Dio che sta alla porta
Torniamo nella piccola casa di Nazaret e ascoltiamo nuovamente l’evangelista Luca che racconta: «L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio».
È Dio che ha cercato Maria! È Dio che ha inventato il ruolo di Maria! È Dio che ha bussato alla porta della libertà di Maria. Perché? Ecco il fatto meraviglioso e rischioso nello stesso tempo: Dio cerca la collaborazione umana, Dio vuole la collaborazione. E mentre Dio cerca la collaborazione, non sfonda la porta della libertà, ma bussa e attende: «Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno, ascoltando la mia voce, mi apre... io entrerò» (Ap 3,20).
E se l’uomo non apre la porta? Se l’uomo non apre la porta, blocca Dio! E, pertanto, blocca la gioia, la pace, la giustizia... perché Dio è indispensabile, è insostituibile, è necessario per dare senso alla vita.
Sant’Agostino, che conosceva la tristezza della lontananza da Dio, quando divenne cristiano esclamò: «Ci hai fatti per te, o Signore! [cioè, con un vuoto infinito dentro di noi!] E il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».
E aggiunse: «Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova. Tardi ti ho amato! Tu eri dentro di me, ma io ero fuori di me e ti cercavo gettandomi brutto sulle cose belle che tu hai fatto...Tu mi hai chiamato, hai gridato, hai vinto la mia sordità. Tu hai sparso il tuo profumo, io l’ho respirato e ora anelo a te!».
A conferma di quanto sia indispensabile l’incontro con Dio per dare senso alla vita, ecco la testimonianza di una ragazza romana suicida nel bagno della Stazione Ostiense a Roma. Ella ha lasciato scritto questo drammatico messaggio ai genitori: «Cari genitori, mi avete voluto bene, ma non siete stati capaci di farmi del bene. Mi avete dato tutto, anche il superfluo. Ma non mi avete dato l’indispensabile [che è Dio!]: non mi avete dato una ragione valida per cui valesse la pena di vivere. Per questo mi tolgo la vita». Una casa senza Dio, anche se è piena di comodità e di ricchezza, in verità è drammaticamente povera: è vuota!
La casa di Giovanni XXIII e la porta di Maria
Alcuni anni fa ho visitato la casa di papa Giovanni XXIII a Sotto il Monte: tutto è ancora povero e semplice. La camera nuziale dei genitori fa impressione: i genitori dormivano su un pagliericcio di foglie di granoturco e lì Mariana Roncalli diede alla luce i suoi undici figli, compreso il futuro papa. Eppure, papa Giovanni XXIII sentiva una grande nostalgia della povera casa di Sotto il Monte. Perché? Perché lì c’era Dio! Nell’amore del babbo e della mamma si sentiva Dio: e dove c’è Dio, c’è tutto! Maria di Nazaret l’aveva capito lucidamente. Per questo motivo aprì a Dio la porta della sua libertà: ed è diventata la più grande collaboratrice di Dio nell’immensa opera di recupero dell’umanità: un’opera ancora in svolgimento, per la quale Dio attende anche i nostri «sì». Chiediamoci: come ha fatto Maria a dire un «sì» così bello, così limpido, così deciso e coerente? Come scatta la scintilla della collaborazione? Che cos’è che fa aprire la porta a Dio senza paura, senza incertezza, senza ambiguità? Ci risponde ancora il Vangelo, rimandandoci ancora al racconto della vocazione di Maria, alla pagina meravigliosa dell’Annunciazione, che possiamo provare a guardare anche da un altro lato: «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio nella Galilea». Perché nella disprezzata Galilea e non nella gloriosa Giudea? Perché a Nazaret e non nella città santa di Gerusalemme? Perché in un’umile casa e non nello splendore del Tempio? Qui si nasconde un grande insegnamento, una grande lezione di Dio. Cerchiamo di capirla.
Solo gli umili prendono Dio sul serio
La Galilea era una regione non stimata, lontana da Gerusalemme, abitata da gente semplice e senza cultura, continua preda dei popoli vicini («Galilea delle genti» veniva chiamata!). Quando Nicodemo tentò di difendere Gesù, si sentì rispondere con alterigia: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea» (Gv 7,52).
E invece, l’angelo viene mandato da Dio nella Galilea. Perché? Ci deve essere un perché!
E nella Galilea, Dio sceglie Nazaret. Era un villaggio sconosciuto, mai nominato nella Bibbia fino a quel momento. Notate: quando Filippo disse a Natanaele che aveva trovato il Messia e il Messia era Gesù di Nazaret, Natanaele sorpreso esclamò: «Da Nazaret che cosa può venire di buono?» (Gv 1,46).
Ma Dio manda il suo angelo a Nazaret. Perché? Perché la Galilea e Nazaret rappresentano davanti a Dio la «Terra dell’umiltà»: ecco il grande messaggio, che si nasconde nel racconto dell’Annunciazione. Nel libro di Isaia è scritto: «Così dice il Signore: il cielo è il mio trono, la terra è lo sgabello dei miei piedi. Quale casa mi potreste costruire? In quale luogo potrei fissare la mia dimora? Tutte queste cose le ha fatte la mia mano ed esse sono mie. Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile!» (Is 66,1-2).
Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704) in un celebre discorso arriva a dire: «Voi vi stupite perché vi sembra che Dio si sia nascosto? Voi vi stupite per questo? Ma il motivo è evidente: c’è troppo orgoglio e Dio si trova a disagio, Dio non riesce a far sentire la sua parola. È sparita l’umiltà! L’umanità è accecata e resa sorda dall’orgoglio».
È vero! Solo gli umili prendono sul serio Dio, solo gli umili riescono a sentire Dio, solo gli umili hanno il coraggio di fidarsi di Dio e di collaborare con lui. Maria ha detto un «sì» meraviglioso, perché era umile, perché non pesava di orgoglio, perché aveva il cuore libero dalla peste mortale dell’orgoglio. Qui possiamo aprire una veloce parentesi e chiederci: quando la Madonna sceglie una persona alla quale confidare un messaggio (vedi Lourdes o Fatima), quali criteri segue? I fatti rispondono: Maria sceglie sempre persone straordinariamente umili, ripetendo lo stesso criterio usato da Dio per scegliere lei.
È un fatto sul quale occorre meditare! Dopo l’annuncio dell’angelo, Maria si ritrova nella povertà della sua casa, con le vesti della sua semplicità, custode di un segreto incredibile e non raccontabile. La grandezza dell’annuncio non toglie il lavoro interiore ed esteriore della quotidianità. Cosa farà, ora, Maria, ora che l’angelo se n’è andato? Si butterà, ancora una volta, nella via dell’umiltàbe della carità: andrà a servire Elisabetta! E, nel servizio umile e generoso, Maria risente Dio e il suo cuore esplode nell’inno più bello mai uscito dal cuore di una creatura. Lo facciamo nostro e lo portiamo nelle nostre case come programma e come preghiera:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre» (Lc 1,46-55).
La preghiera umile, confidente, continua... è il segreto della pace dell’anima di Maria. Gandhi, molti secoli dopo, con disarmante sincerità arriverà a dire: «Non sono un letterato, né uno scienziato. Cerco soltanto di essere un uomo di preghiera. Senza la preghiera avrei perso la ragione. Se non ho perso la pace dell’anima, malgrado le prove, è perché questa pace mi viene dalla preghiera. Si può vivere alcuni giorni senza mangiare, ma non senza pregare. La preghiera è la chiave del mattino e il chiavistello della sera». Così doveva essere la preghiera di Maria!
Jacques Maritain, il filosofo ateo divenuto fervente credente, un giorno scrisse: «Il credente perfetto prega così bene che ignora di pregare». Anche Maria doveva essere così: talmente grande e talmente umile... da non avvedersi della vertiginosa grandezza della sua fede e della sua preghiera.
Cardinale Angelo Comastri – Tratto da “L’Annunciazione Il “sì” di Maria”
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