lunedì 30 giugno 2014

L'angelo custode



C'era una volta, e c'è ancora adesso, un angelo custode.
Era un angelo come tanti altri, ma era molto triste perché era custode e protettore di un bambino così discolo che non si era mai visto. Si chiamava Pino, ma ogni volta che lo chiamavano lui rispondeva: "Chi? Io?", e così tutti iniziarono a chiamarlo Pinocchio.
Pinocchio era svogliato, disubbidiente, qualche volta cattivo e tutte le volte il suo angioletto si disperava e non sapeva più come fare per trattenerlo.
Finché un giorno ebbe un'idea grandiosa. Chiese un colloquio con Dio e quando si trovò alla sua presenza espose la sua proposta. Chiese il permesso di scendere sulla terra e di parlare con Pinocchio sicuro in questo modo di riuscire a convincerlo a cambiare vita. Dio ci pensò un po' su' ed infine accordò all'angioletto il permesso di fare quest'ultimo tentativo, ma con la promessa di non toccare la terra con i piedi, altrimenti non avrebbe più potuto risalire in cielo. L'angioletto allora chiese timidamente come avrebbe fatto a non poggiare i piedi per terra, ma Dio non fece altro che sorridere facendo gli auguri di buona fortuna.
L'angioletto cominciò a girovagare per il cielo volando da una nuvola all'altra pensando a come poter scendere sulla terra mantenendo i piedi separati da essa.
Ad un tratto fu attirato dal vociare di alcuni angeli che stavano giocando su di una nuvola attrezzata con un'altalena. Immediatamente capì che aveva trovato lo strumento adatto per la sua missione.Aiutato dagli altri angioletti riuscì a costruire una altalena con le corde lunghe dal cielo alla terra. L'angioletto si accomodò sul sedile e si raccomandò con gli amici di farlo scendere lentamente e poi di trattenere le corde fino al suo segnale di risalita. Per l'occasione aveva vestito il suo abito migliore, quello delle grandi occasioni, un frac tinta nuvola completo di bastone e cappello.
Cominciò la discesa finché non si trovò sospeso a mezz'aria in attesa di Pinocchio.
E Pinocchio non si fece attendere; incuriosito dal personaggio così strano subito si avvicinò domandando chi fosse e come mai avesse la faccia così triste.
L'angioletto iniziò la sua storia da quando era stato assegnato come suo custode elencando tutti i dispiaceri che aveva passato per colpa sua, e ad ogni nuova avventura aggiungeva un granellino di sabbia sulla piccola bilancia che teneva in mano, la quale pendeva inesorabilmente in un solo senso.
Pinocchio lo ascoltò con attenzione; ma lui era furbo; non era mica un bambino che credeva agli angioletti, e così con una alzata di spalle fece per andarsene. L'angioletto disperato vedendo sfuggire il suo protetto cominciò a chiamarlo dicendo che non poteva scendere dall'altalena in quanto non sarebbe più potuto risalire.
Pinocchio si fermò; tornò indietro, guardò l'angioletto in lacrime e gli disse che gli avrebbe creduto se gli avesse fatto vedere il cielo sopra le nuvole. L'angioletto ci pensò un poco su', poi decise che una vita salvata valeva pure una sgridata del "Capo".
Fece salire Pinocchio sull'altalena e diede ordine ai suoi amici di tirare su.
L'altalena non si mosse.
L'angioletto gridò più forte; niente; come prima.
Pinocchio stava per prendersi la sua rivincita quando l'angelo cominciò ad arrampicarsi su una delle corde. Svelto come un gatto anche lui lo seguì dall'altra corda ed insieme salirono fino alle nuvole. Quando arrivarono su, videro che gli amici erano tutti addormentati e quindi non avevano udito il comando di risalita.
Ma se loro avevano lasciato le corde dell'altalena, come mai non era caduta sulla terra?
I due si accorsero allora che le corde proseguivano in alto, su un'altra nuvola. Ripresero a salire, arrampicandosi finché non spuntarono dall'altra parte.
Si trovarono di fronte al "Capo" che aveva le corde dell'altalena legate ad un dito e li guardava sorridendo. Pinocchio che era davanti si voltò indietro in direzione dell'angioletto per chiedere spiegazioni e con immenso stupore si accorse che il viso dell'angelo era diventato uguale al suo, come una goccia d'acqua.
A quel punto capì tutto, capì che era tutto vero quello che aveva ascoltato dalla bocca dell'angelo, capì che era di fronte a Dio e capì che di fronte a Dio tutti gli angeli custodi sono visti con lo stesso volto degli uomini di cui sono custodi sulla terra.
Ridiscese trasformato, e cominciò a mettere in pratica quello che tutti gli avevano insegnato e lui non aveva mai seguito.
Un giorno ripassò nel luogo in cui aveva incontrato l'angelo e ci trovò ancora l'altalena. Si sedette e cominciò a dondolarsi, felice di sentirsi cullato dalla mano di Dio. Guardò in alto e vide sopra la nuvola il "suo" angioletto sorridente con in mano la stessa bilancia del primo incontro; questi cominciò a versare la sabbia del piatto su Pinocchio trasformandola in una pioggia di polvere dorata che ricoprì il suo cuore e lo riempì di felicità.
Oggi Pinocchio non ha più bisogno di andare a dondolarsi sull'altalena per sentirsi vicino al Padre che è nei cieli, ma ancora oggi i suoi bambini prima di addormentarsi alla sera vogliono ascoltare la stupenda avventura del loro papà e del "suo" angioletto.

domenica 29 giugno 2014

I VIZI E LE VIRTU' : INVIDIA E CONCORDIA - L'invidia è come una palla di gomma che più la spingi sotto e più ti torna a galla. ( Alberto Moravia )



La storia di Giuseppe l’Ebreo
Il Patriarca Giacobbe amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché lo aveva avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica dalle lunghe maniche. Per questo i suoi fratelli, lo odiavano e il loro odio si accese ancor più quando Giuseppe raccontò loro e ai suoi genitori i suoi sogni. “Noi stavamo legando i covoni in mezzo alla campagna, quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni vennero intorno e si prostrarono davanti al mio”. E ancora: “Ho fatto un sogno: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me”.
Un giorno Giacobbe disse a Giuseppe: “Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Va’ a vedere come stanno”. Il ragazzo andò. Ma quando essi lo videro complottarono di farlo morire: “Ecco, il sognatore arriva! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in qualche cisterna! Poi diremo: Una bestia feroce l’ha divorato! Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!”. Quando Giuseppe fu arrivato, i suoi fratelli lo spogliarono e lo gettarono in una cisterna vuota, senz’acqua. Poi sedettero per prendere cibo. Passavano in quel momento alcuni mercanti ed essi tirarono su Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento lo vendettero agli Ismaeliti.
Così Giuseppe fu condotto in Egitto. Poi presero la tunica del fratello, scannarono un capro e l’intinsero nel sangue. Quindi la fecero pervenire al padre con queste parole: “L’abbiamo trovata; riscontra se è o no la tunica di tuo figlio”. E il padre suo lo pianse (cf Genesi 37).

PIETRO E PAOLO - OMELIA di PADRE BENEDETTO XVI - Martedì, 29 giugno 2010



Cari fratelli e sorelle!
I testi biblici di questa Liturgia eucaristica della solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, nella loro grande ricchezza, mettono in risalto un tema che si potrebbe riassumere così: Dio è vicino ai suoi fedeli servitori e li libera da ogni male, e libera la Chiesa dalle potenze negative. E’ il tema della libertà della Chiesa, che presenta un aspetto storico e un altro più profondamente spirituale.
Questa tematica attraversa tutta l’odierna Liturgia della Parola. La prima e la seconda Lettura parlano, rispettivamente, di san Pietro e di san Paolo sottolineando proprio l’azione liberatrice di Dio nei loro confronti. Specialmente il testo degli Atti degli Apostoli descrive con abbondanza di particolari l’intervento dell’angelo del Signore, che scioglie Pietro dalle catene e lo conduce fuori dal carcere di Gerusalemme, dove lo aveva fatto rinchiudere, sotto stretta sorveglianza, il re Erode (cfr At 12,1-11). Paolo, invece, scrivendo a Timoteo quando ormai sente vicina la fine della vita terrena, ne fa un bilancio consuntivo da cui emerge che il Signore gli è stato sempre vicino, lo ha liberato da tanti pericoli e ancora lo libererà introducendolo nel suo Regno eterno (cfr 2 Tm 4, 6-8.17-18). Il tema è rafforzato dal Salmo responsoriale (Sal 33), e trova un particolare sviluppo anche nel brano evangelico della confessione di Pietro, là dove Cristo promette che le potenze degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa (cfr Mt 16,18).
Osservando bene si nota, riguardo a questa tematica, una certa progressione. Nella prima Lettura viene narrato un episodio specifico che mostra l’intervento del Signore per liberare Pietro dalla prigione; nella seconda Paolo, sulla base della sua straordinaria esperienza apostolica, si dice convinto che il Signore, che già lo ha liberato “dalla bocca del leone”, lo libererà “da ogni male” aprendogli le porte del Cielo; nel Vangelo invece non si parla più dei singoli Apostoli, ma della Chiesa nel suo insieme e della sua sicurezza rispetto alle forze del male, intese in senso ampio e profondo. In tal modo vediamo che la promessa di Gesù – “le potenze degli inferi non prevarranno” sulla Chiesa – comprende sì le esperienze storiche di persecuzione subite da Pietro e da Paolo e dagli altri testimoni del Vangelo, ma va oltre, volendo assicurare la protezione soprattutto contro le minacce di ordine spirituale; secondo quanto Paolo stesso scrive nella Lettera agli Efesini: “La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef 6,12).

venerdì 27 giugno 2014

Se mi ami non piangere....



Se mi ami non piangere!
Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,
se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento
in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.
Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio,
dalle sue espressioni di infinità bontà e dai riflessi della sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo sono così piccole e fuggevoli
al confronto.Mi è rimasto l’affetto per te:
una tenerezza che non ho mai conosciuto.
Sono felice di averti incontrato nel tempo,
anche se tutto era allora così fugace e limitato.
Ora l’amore che mi stringe profondamente a te,
è gioia pura e senza tramonto.
Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa del tuo arrivo tra noi,
tu pensami così!
Nelle tue battaglie,
nei tuoi momenti di sconforto e di solitudine,
pensa a questa meravigliosa casa,
dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme,
nel trasporto più intenso alla fonte inesauribile dell’amore e della felicità.
Non piangere più, se veramente mi ami!

Padre G. Perico – Sant’Agostino

giovedì 26 giugno 2014

"La volontà di Dio" - Tratto da “Cammino” di san Josemaría Escrivá





Leggi adagio questi consigli. Medita con calma queste considerazioni. Sono cose che ti dico all'orecchio, in confidenza d'amico, di fratello, di padre. E queste confidenze le ascolta Dio. Non ti racconterò nulla di nuovo: intendo ridestare i tuoi ricordi per far emergere qualche pensiero che ti colpisca; così migliorerai la tua vita, ti avvierai per cammini d'orazione e d'Amore, e diverrai finalmente un'anima di criterio.


754 Ecco la chiave per aprire la porta ed entrare nel Regno dei cieli: “Qui facit voluntatem patris mei qui in coelis est, ipse intrabit in regnum coelorum” —colui che fa la volontà del Padre mio..., questi entrerà!

755 Dal fatto che tu e io ci comportiamo come Dio vuole —non dimenticarlo— dipendono molte cose grandi.

756 Noi siamo pietre, blocchi da costruzione, che si muovono, che sentono, che hanno una volontà liberissima.

Dio stesso è lo scalpellino che ci smussa gli spigoli, aggiustandoci, modificandoci, secondo il suo desiderio, a colpi di martello e di scalpello.

Non cerchiamo di sfuggire, non cerchiamo di schivare la sua Volontà, perché, in ogni caso, non potremo evitare i colpi. —Soffriremo di più e inutilmente e, invece della pietra levigata e pronta per edificare, saremo un mucchio informe di ghiaia che la gente calpesterà con noncuranza.

mercoledì 25 giugno 2014

IL BUON LADRONE - Dionigi Tettamanzi



Meditazioni

Introduzione
ALLA SCUOLA DEL BUON LADRONE
 
Una delle esperienze umane più laceranti e insieme più rigeneranti è quella della presa di coscienza del proprio peccato, non solo di agire da peccatore ma di essere peccatore: e questo coram Domino, davanti a Dio, come confessa il re Davide nel suo Miserere: « Contro di te, contro te solo ho peccato» (Salmo 51,6).

È un'esperienza che investe di luce il pro­prio «io » profondo: è la luce implacabile della verità su se stessi. E chi ha il coraggio di la­sciarsi penetrare da questa verità (cfr. 1 Gio­vanni 1,8: « Se diciamo che siamo senza pecca­to, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi ») si trova di fronte a due possibili sbocchi:
quello di chiudersi in se stesso crollando nella disperazione, oppure quello di aprirsi a Dio nel segno della speranza.

Sì, al peccato dell'uomo Dio, amore com­passionevole e misericordioso, risponde con l'appello alla conversione e, quando questo viene accolto, con il dono della riconciliazione, che purifica, libera e rinnova.

Così scrive l'apostolo Paolo alla comunità cristiana di Corinto: « E’ stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio... E poi­chè siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2 Corinzi 5,19-20; 6,1-2).

Con queste stesse parole la Chiesa fa risuo­nare nel cuore dei suoi fedeli l'appello alla con­versione e alla riconciliazione, con una forza e un'urgenza tutta singolare specialmente all'ini­zio della Quaresima, il Mercoledì delle Ceneri. Il suo è dunque un appello « quaresimale ». In realtà, questo appello è « feriale», quotidiano, perché ogni giorno la Chiesa è chiamata a vi­vere nella storia di un'umanità peccatrice la sua preziosissima missione: essere segno e luo­go della misericordia di Dio per l'uomo pecca­tore. Instancabilmente e con amore materno la Chiesa si rivolge alla coscienza degli uomini e « supplica a nome di Cristo: lasciatevi riconci­liare con Dio».

E così tutti ci sentiamo interpellati, sfidati nella nostra libertà personale. Come non pos­siamo sfuggire all'esperienza del peccato, così non possiamo sfuggire alla nostra responsabili­tà: o accogliere o rifiutare l'appello alla conver­sione e alla riconciliazione, aprire o chiudere il nostro cuore alla « supplica» della Chiesa eco fedele della supplica stessa di Dio « ricco di misericordia» (Efesini 2,4) in Cristo per « lasciarsi riconciliare con Dio », per lasciarsi riabbracciare come figli prodighi dall'amore e dal perdono del Padre (cfr. Luca 15,2Oss).

Ora ci sono delle « figure evangeliche » che, nella loro semplicità e insieme nel loro fascino, ci possono aiutare con particolare efficacia ed incisività nel nostro cammino di distacco dal peccato, di impegno nella conversione della mente, del cuore e della vita e di affidamen­to all'amore misericordioso di Dio e alla sua riconciliazione rigeneratrice.

Scegliamo, tra le tante, la figura del « buon ladrone », così come ci viene tratteggiata dai Vangeli. Il fatto poi che tale figura, forse, non è oggetto comune e abituale di meditazione può essere un motivo in più per ricercare e approfondire spunti significativi per il nostro cammino di conversione.
Fissiamo, dunque, lo sguardo del nostro cuore credente sul « buon ladrone » crocifisso con Cristo.

martedì 24 giugno 2014

GESU' MIO....ASCOLTA LA MIA PREGHIERA.



Signore,
Tu che ami tanto i bambini,
trasformami in televisore!
Così i miei genitori si interesseranno alla tivù.
Mi guarderanno come guardano la tivù.
Vorrei saper parlare come le annunciatrici,
almeno mi ascolterebbero.
Voglio essere un televisore
per diventare
il migliore amico dei miei genitori,
l'eroe preferito della mia famiglia.
Signore,
ti prego,
fammi essere un televisore,
anche per un giorno solo.


Vado a Messa


 Allora l'Agnello mi disse:
« Scrivi:Beati gli invitati
al banchetto delle nozze dell'Agnello!»
Siamo troppo «abituati» ad andare a Messa. Ci andiamo così come a un rito vuoto, senza vita, purtroppo! e allora non porta alcun frutto. Qui ti comunico qualche riflessione e anche l'eco di quel che si svolge in me durante la Messa. Potrebbe forse esserti gradito sentire come un prete vive la Messa; e senz'altro anche utile per farne la parte principale dell'esistenza.
Non ho potuto né voluto essere esauriente in queste pagine, perché non si possono descrivere in maniera esauriente i misteri della fede!, ma anche perché esse sono semplicemente la raccolta di alcuni articoli scritti in due anni per un bollettino interparrocchiale (Voci di Primiero, dal marzo 1978 a gennaio 1980).
Leggili, se li leggi, come uno scambio di esperienze tra fratelli!
don Vigilio Covi
Un saluto
I bambini che entrano per la prima volta in sagrestia restano a bocca aperta vedendo i grandi armadi pieni di preziosi paramenti che la povertà dei nostri vecchi vi ha deposto.
Quando io li indosso so di indossare non stoffe preziose, ma la fede e lo spirito di sacrificio e il grande amore per Dio che genitori, nonni e bisnonni alimentavano con generosità ammirevole e ora premiata da Dio: quest'oro e questi ricami sono la primizia delle loro fatiche, sono un'espressione di ciò che è rimasto della loro fede, della loro vita.
E' rimasto ancora qualcos'altro... ed è la nostra fede, è quel senso religioso che spinge la gente a venire la domenica, quella gente che io, uscito dalla sagrestia vedrò sparsa nei banchi della chiesa. Talvolta - non sempre - mi chiedo proprio se c'è solo il rimasuglio della fede degli antenati nei banchi, o se c'è anche della fede nuova.

LA PREGHIERA DELL'ASINELLO....



Dacci, Signore, di mantenere i piedi sulla terra,
e le orecchie drizzate verso il cielo,
per non perdere nulla della Tua parola.
Dacci, Signore, una schiena coraggiosa,
per sopportare gli essere umani,
più insopportabili.
Dacci, Signore, di camminare diritti,
disprezzando le carezze adulatorie
e schivando le frustate.
Dacci, Signore, di essere sordi
alle ingiurie e all’ingratitudine,
è la sola sordità cui aspiriamo.
Non ti chiediamo di evitare
tutte le sciocchezze,
perché un asino
farà sempre delle asinerie…
Dacci semplicemente, Signore,
di non disperare mai
della tua misericordia così gratuita
per quegli asini così disgraziati che siamo,
a quanto dicono quei poveri esseri umani,
i quali però, non hanno capito nulla
né degli asini, né di Te,
che sei fuggito in Egitto con uno dei nostri fratelli,
e che hai fatto il tuo ingresso profetico
a Gerusalemme
sulla schiena di uno di noi.

Tratto dalla rivista “Diaconia Christi”

domenica 22 giugno 2014

Preghiera per i sacerdoti


Preghiamo per i sacerdoti
perché non si sentano mai soli nella loro missione

 Signore Gesù, presente nel Santissimo Sacramento,
che hai voluto perpetuare la tua Presenza tra noi
per il tramite dei tuoi Sacerdoti,
fa' che le loro parole siano sempre le tue,
che i loro gesti siano i tuoi gesti,
che la loro vita sia fedele riflesso della tua vita.

Che essi siano quegli uomini che parlano a Dio degli uomini,
e agli uomini, di Dio.
Che non abbiano paura del dover servire,
servendo la Chiesa nel modo in cui essa ha bisogno di essere servita.

Che siano uomini, testimoni dell'eterno nel nostro tempo,
camminando per le strade della storia con i tuoi stessi passi
e facendo a tutti del bene.

Che siano fedeli ai loro impegni,
gelosi della propria vocazione e della propria donazione,
specchio luminoso della propria identità
e che vivano nella gioia per il dono ricevuto.

Te lo chiedo per la tua Madre Maria
Amen

 

ATTO DI CONFIDENZA IN DIO – di San Claudio De La Colombière



Mio Signore e Dio, io sono così convinto che Tu hai cura di tutti quelli che sperano in Te e che niente può mancare a coloro che aspettano tutto da te, che ho deciso, per l’avvenire, di vivere senza alcuna preoccupazione e di riversare su di Te ogni mia inquietudine. Gli uomini possono spogliarmi di tutti i beni e del mio stesso onore; le malattie possono privarmi delle forze e dei mezzi per servirti; col peccato posso smarrire perfino la tua grazia, ma non perderò mai e poi mai la mia fiducia in Te. La conserverò fino all’estremo della mia vita e il demonio, con tutti i suoi sforzi, non riuscirà mai a strapparmela. Altri aspettino pure la loro felicità dalle ricchezze e dal loro ingegno; facciano anche affidamento sull’innocenza della loro vita, sui rigori delle loro penitenze, sulla quantità delle loro opere buone e sul fervore delle loro preghiere; per me tutta la mia confidenza è la mia stessa confidenza; confidenza che non ha mai ingannato nessuno.  Ecco perché ho l’assoluta certezza di essere eternamente felice, perché ho l’incrollabile fiducia di esserlo e perché lo spero unicamente da Te.
Per mia triste esperienza devo purtroppo riconoscere di essere debole ed incostante; so quanto le tentazioni possono contro le virtù più affermate; eppure nulla, finché conserverò questa ferma fiducia in Te, potrà spaventarmi; starò al riparo da ogni disgrazia e sarò certo di continuare a sperare, perché spero questa stessa immutabile speranza. Infine, mio Dio, sono intimamente persuaso che non sarà mai troppa la fiducia che ho in Te e che, ciò che otterrò da Te, sarà sempre al di sopra di ciò che avrò sperato. Spero anche, Signore che Tu mi sorreggerai nelle facili debolezze; mi sosterrai negli assalti più violenti; farai trionfare la mia fiacchezza sopra i miei temuti nemici. Ho tanta fiducia che Tu mi amerai sempre e che anche io, a mia volta, ti amerò per sempre. E per portare al più alto grado questa mia fiducia, o mio Creatore, io spero Te da Te stesso, per il tempo e per l’eternità.
San Claudio De La Colombière

"I mezzi" - Tratto da “Cammino” di san Josemaría Escrivá



Leggi adagio questi consigli. Medita con calma queste considerazioni. Sono cose che ti dico all'orecchio, in confidenza d'amico, di fratello, di padre. E queste confidenze le ascolta Dio. Non ti racconterò nulla di nuovo: intendo ridestare i tuoi ricordi per far emergere qualche pensiero che ti colpisca; così migliorerai la tua vita, ti avvierai per cammini d'orazione e d'Amore, e diverrai finalmente un'anima di criterio.


470 Ma... e i mezzi? —Sono gli stessi di Pietro e di Paolo, di Domenico e di Francesco, di Ignazio e di Saverio: il Crocifisso e il Vangelo...

—Forse ti sembrano piccoli?

471 Nelle imprese d'apostolato è bene —è un dovere— considerare anche i mezzi terreni a tua disposizione (2 + 2 = 4), ma non dimenticare mai che devi contare, per fortuna, su di un altro addendo: Dio + 2 + 2...

Il discorso sul Pane del Cielo, nella sinagoga di Cafarnao, e la defezione di molti discepoli. Tratto da "L'Evangelo come mi è stato rivelato" - Libro n° 5 - Capitolo 354



Prima della visione del 7-12 va messa quella della seconda moltiplicazione dei pani, avuta il 28 maggio 1944, col relativo dettato.
7 dicembre 1945.
La spiaggia di Cafarnao formicola di gente che sbarca da una vera flottiglia di barche di tutte le dimensioni. E i primi che sbarcano vanno cercando fra la gente se vedono il Maestro, un apostolo, o almeno un discepolo. E vanno chiedendo...Un uomo, finalmente, risponde: «Maestro? Apostoli? No. Sono andati via subito dopo il sabato e non sono tornati. Ma torneranno perché ci sono i discepoli. Ho parlato adesso con uno di loro. Deve essere un grande discepolo. Parla come Giairo! È andato verso quella casa fra i campi, seguendo il mare». L’uomo che ha interrogato fa correre la voce e tutti si precipitano verso il luogo indicato. Ma, fatto un duecento metri sulla riva, incontrano tutto un gruppo di discepoli che vengono verso Cafarnao gestendo animatamente. Li salutano e chiedono: «Il Maestro dove è?» I discepoli rispondono: «Nella notte, dopo il miracolo, se ne è andato coi suoi, colle barche, al di là del mare. Vedemmo le vele, al candore della luna, andare verso Dalmanuta». «Ah! ecco! Noi lo cercammo a Magdala presso la casa di Maria e non c’era! Però... potevano dircelo i pescatori di Magdala!». «Non lo avranno saputo. Sarà forse andato sui monti d’Arbela in preghiera. Ci fu già un’altra volta, lo scorso anno avanti Pasqua. Io l’ho incontrato allora, per somma grazia del Signore al suo povero servo», dice Stefano. «Ma non torna qui?». «Certamente tornerà. Ci deve dare il commiato e gli ordini. Ma che volete?». «Sentirlo ancora. Seguirlo. Farci suoi».  «Adesso va a Gerusalemme. Lo ritroverete là. 

venerdì 20 giugno 2014

SE STARAI CON ME TI PARLERO’ DI ME - Gesù racconta dalla Croce



PRESENTAZIONE
L'esperienza di fede del cristiano è inti­mamente congiunta con l'esperienza di amo­re, che il Figlio di Dio Gesù Cristo ha voluto fare per noi e insieme con noi sulla terra, me­diante la sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione. Egli ha percorso le nostre vie, dialogando con noi e introducendoci passo pas­so per le vie salutari del Regno di Dio. Gesù è l'Amore in cammino. Chi crede in Lui, lo rende presente e diviene a Lui presente nell'amore, incamminandosi insieme con Lui verso la Dimora del Padre. Il palpito ardente del suo Spirito lo avvolge di tenerezza e lo ren­de raggiante alla sua presenza (cf. 2 Cor 4,6), facendogli degustare la dolcezza della sua com­pagnia e attirandolo a Lui con vigore. Gesù Cristo diventa così, nell'intimo di chi crede fer­mamente in Lui e apre il cuore al suo amore misericordioso, viva sorgente di speranza (cf. Col 1,27), nutrita soavemente dalla memoria che Egli continuamente fa della sua vita di Fi­glio dal Padre e dal suo ardente desiderio di riportargli a casa tutti i fratelli, invitandoli di persona alla grande festa del Regno di Dio e conducendoli Egli stesso alla presenza del Padre.
Durante il suo pellegrinaggio di amore mi­sericordioso, Gesù dialogava volentieri e si compiaceva di fare le sue confidenze a quanti gli stavano più vicini, condividendo con Lui la Sua stessa forma di vita e ricevendo in cam­bio da Lui la promessa di condividere pure la dimora del Padre celeste. Le moltitudini re­stavano stupite dei suoi racconti e anche gli Apostoli, che continuamente stavano in ascolto della sua parola, non ne divenivano sazi, de­siderando anzi di conoscerLe sempre meglio e di penetrarne l'arcano divino mistero. Gli chiesero che insegnasse loro a pregare e ne eb­bero in dono il " Padre nostro" (cf. Le 11, 1 ss. ; Mt 6,9-13). Quando poi Filippo Gli chiese di mostrare loro il Padre, rimase sorpreso di po­terlo mirare sul volto stesso di Gesù (Gv 14, 1 ss.)  Tutti erano meravigliati dei suoi inse­gnamenti e stupiti di fronte ai segni e prodigi che operava.
Ma quando giunse 1' ora della sua passio­ne e morte, sembrò che la sua voce si fosse definitivamente spenta e qualcuno, come Tom­maso o come i due Discepoli di Emmaus, eb­be la tentazione di rivolgersi altrove. Fortunatamente Tommaso ritornò da Lui ed ebbe la gioia di riconoscerLe.

giovedì 19 giugno 2014

A immagine di Dio lo creò maschio e femmina li creò - Meditazioni sul Vangelo di Eugenio Pramotton



Gn 1, 26 - 31
L'universale bisogno di comunione
 
Il tema su cui vogliamo riflettere questa sera, è l'universale bisogno di comunione che caratterizza la vita dell'uomo dall'infanzia alla vecchiaia. Vediamo infatti che per i bambini è vitale la ricerca della compagnia e dell'affetto dei genitori. Ma anche per i giovani sono vitali i momenti di aggregazione con i coetanei. Ecco allora sorgere vari gruppi, sportivi e non, nei quali ognuno tende ad esprimere la propria vitalità e creatività, cercando nello stesso tempo di soddisfare il proprio bisogno di amicizia. In età più matura l'esigenza sarà quella di trovare nel matrimonio una comunione più intima e duratura, comunione che tenderà ad espandersi ed arricchirsi sia per la nascita dei figli che per le relazioni con altre famiglie nelle quali si sono scoperti interessi comuni o reciproche simpatie. Il bisogno della vita comunitaria si manifesta ancora nella partecipazione a varie associazioni o gruppi: dal gruppo in cui si gioca a carte o a bocce, fino alle varie forme di volontariato.
Altra tipica manifestazione dell'esigenza di comunione la vediamo nei momenti di pausa sui posti di lavoro. In questi momenti è comune la tendenza ad incontrarsi per prendere un caffè, fare quattro chiacchiere e scambiarsi opinioni sui più svariati argomenti. In queste occasioni si può anche incontrare chi è particolarmente dotato nel sommergere la compagnia con fiumi di parole, pontificando con incredibile sicurezza sulle questioni più complesse. Queste persone sono in genere incapaci di vero dialogo, ascoltano più che altro se stesse e non sospettano nemmeno che altri potrebbero avere idee e argomenti migliori. Dialogare è un'arte e, in fondo, tanto più si è capaci di dialogare quanto più si è capaci di amare. A questo punto possiamo chiederci: questa universale esigenza di comunione e di dialogo, presente durante tutto il corso della vita umana, da dove proviene? Che cosa ci rivela?

Quindici minuti con Gesù



Non è necessario, figlio mio, sapere molto per farmi piacere. Basta che tu abbia fede e che mi ami con fervore.
Se vuoi farmi piacere ancora di più, confida in Me di più,se vuoi farmi piacere immensamente, confida in Me immensamente.
Allora parlami come parleresti con il più intimo dei tuoi amici,come parleresti con tua madre o tuo fratello.
Vuoi farmi una supplica in favore di qualcuno?
Dimmi il suo nome, sia quello dei tuoi genitori, dei tuoi fratelli o amici, o di qualche persona a te raccomandata.
Dimmi subito cosa vuoi che faccia adesso per loro, L’ho promesso: “chiedete e vi sarà dato. Chi chiede ottiene”.
Chiedi molto, molto. Non esitare nel chiedere. Ma chiedi con fede perché Io ho dato la Mia Parola : “Se aveste fede quanto un granellino di senape potreste dire al monte: levati e gettati nel mare ed esso ascolterebbe. Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato”.
Mi piacciono i cuori generosi che in certi momenti sono capaci di dimenticare se stessi per pensare alla necessità degli altri. Così fece Mia Madre a Cana in favore degli sposi quando nella festa dello sposalizio è venuto a mancare il vino. Mi chiese un miracolo e l’ottenne. Così fece anche quella donna Cananea che mi chiese di liberare la figlia dal demonio, ed ottenne questa grazia specialissima.
Parlami dunque, con la semplicità dei poveri, di chi vuoi consolare, dei malati che vedi soffrire, dei traviati che vorresti tornassero sulla retta via, degli amici che si sono allontanati e che vorresti vedere ancora accanto a te, dei matrimoni disuniti per i quali vorresti la pace.

Nostra Signora di Le Laus




Carissimo Amico dell’Abbazia di San Giuseppe,
«Il peccato del ventesimo secolo è la perdita del senso del peccato», dichiarava Papa Pio XII, il 26 ottobre 1946. Mezzo secolo dopo, la crisi del sacramento della Penitenza, trascurato da tanti cattolici, mostra che tale giudizio del Papa rimane della massima attualità. Eppure, «agli occhi della fede, nessun male è più grave del peccato e niente ha conseguenze peggiori per gli stessi peccatori, per la Chiesa e per il mondo intero» (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC 1488). La nostra epoca non è la prima che attraversi una crisi del sacramento della Penitenza. La Santissima Vergine Maria è stata spesso la messaggera di Dio presso gli uomini per distoglierli dal peccato e riportarli all'amore del loro Creatore. Nel corso degli ultimi secoli, essa è intervenuta a parecchie riprese, in particolare a La Salette, Lourdes e Fatima; ma, in precedenza, essa aveva degnato di manifestarsi ad una povera ragazza delle Alpi, Benedetta Rencurel.
Il 16 settembre 1647, Benedetta Rencurel nasce nel piccolo comune di Saint-Etienne d'Avançon (Alpi del Sud). I suoi genitori sono buoni cattolici, che vivono modestamente del loro lavoro manuale. Alla nascita di Benedetta, essi hanno già una figlia, Maddalena; una terza, Maria, nascerà quattro anni dopo. Il padre, Guglielmo Rencurel, muore quando Benedetta, piena di vita e di buon umore, ha sette anni. Per la vedova e le tre bambine, il decesso provoca la miseria materiale. Non c'è scuola a Saint-Etienne d'Avançon; perciò Benedetta non saprà mai leggere nè scrivere. Tutta la sua istruzione consiste nella predica della Messa domenicale; vi apprende che Maria è la misericordiosissima Madre di Dio, il che fa nascere in lei il desiderio di vederla. A Benedetta, anima contemplativa, piace pregare a lungo.
«Mi chiamo Maria»
Un giorno di maggio del 1664, la ragazza, che è stata assunta in qualità di pastora da contadini dei dintorni, custodisce le pecore in un vallone le cui pendici sono squarciate da brecce che fanno pensare a grotte poco profonde. Benedetta recita la corona, quando scorge una bella Signora su una roccia, che tiene per mano un bambino di una bellezza singolare. «Bella Signora! le dice, cosa fate lassù? Volete far merenda con me? Ho un po' di buon pane, lo potremmo bagnare nella fontana!» La Signora sorride della sua semplicità, e non dice una sola parola. «Bella Signora! Non vorreste darmi il vostro bambino, che mi rallegrerebbe tanto?» La Signora sorride ancora senza rispondere. Dopo esser rimasta per un po' con Benedetta, prende in braccio il bambino e sparisce nell'antro della roccia, dove la pastora l'ha vista entrare ed uscire a parecchie riprese.

Il matrimonio vocazione alla Santità



Carissima Sorella e carissimo Fratello,
Poiché chi vi parla di vocazione é una donna consacrata a Dio nella vita religiosa sembrerebbe naturale che dovessi parlarvi prima di ogni altra, della vocazione religiosa Invece no ... voglio deludervi. Scherzi a parte, volutamente, dopo l'ultimo foglio, dove parlavamo della vocazione alla santità che é per tutti indistintamente, vi parlerò della vocazione al matrimonio proprio per dirvi che anche questa é una vocazione.
E' una vocazione bella grande, importantissima voluta e benedetta da Dio fin dagli inizi della creazione. "Dio li benedisse e disse: Siate fecondi e moltiplicatevi. Riempite la terra ..." (Gen 1.28). E una vocazione santa, a patto che sia intrapresa e vissuta veramente come "vocazione" ricevuta da Dio. Ma senza voler essere pessimista il più delle volte ci si sposa perché tutti lo fanno, perché é una cosa naturale ... Occorre partire col piede giusto: La vocazione al matrimonio é una vocazione all'amore così come quella del consacrarsi a Dio. L'amore é il fondamento, la sostanza e insieme la luce e la gioia di una vita coniugale.
Ma che cos'é l'amore? In una società che spreca la parola "amore" e lo scambia con la passionalità, lo spreco di sesso, col "libero" amore, dell'amore si potrebbe dire tutto il bene e tutto il male possibile. Credo che questo indugiare di molti giovani ad accostarsi al matrimonio, stiracchiando per anni il fidanzamento che spesso si trasforma in convivenza, sia dovuto alla paura che non tutto volga a buon fine. I giovani si amano, ma non tutti hanno la forza, il coraggio di garantirsi una indiscussa e duratura fedeltà, anche perché il crescere dei divorzi e della convivenza sembra impedire di vedere quante belle coppie di sposi e quante belle famiglie ci sono e guardare a loro e da loro ricevere l'esempio. Io vi invito a non avere paura e di guardare con occhio sereno a questa vocazione, ma ciò é possibile solo se
la inquadrate in un disegno divino. L'amore infatti é una scintilla divina, accesa nel cuore dell'uomo perché Dio é amore; bisogna saper amare con l'amore di Dio il "tu" compagno della propria vita per poter accogliere e orientarsi insieme verso la nuova vita.

lunedì 16 giugno 2014

LE RADICI DELL'AMORE « Chi ama è generato da Dio» (1 Gv. 4, 7)



In queste pagine c'è solo qualcosa di ciò che potrebbe esser detto sull'amore. Chi potrebbe dire tutto? L'amore ha dimensioni infinite che combaciano con le dimensioni di Dio.
Ciò che è scritto qui vorrebbe essere... un atto d'amore, uno di quei piccoli atti d’amore che costano poco, ma che pure possono rallegrare la vita di qualcuno e accompagnarla per un momento. Se, leggendo, scopri che sai amare, ringrazia la Fonte del tuo amore. Se, tra le righe, scopri invece che il tuo amore è ancora infante, nutrilo pazientemente con fede, con sacrifici, con preghiere: Dio ti ascolterà, perché è lui che vuole amare stando in te.
Ricorderai sempre che scoraggiarsi non è amore, che temere non è amare, perché Dio non si scoraggia d'amare, né teme l'amore che costa.
L'amore non è un risultato dei tuoi sforzi. Anche. Ma innanzi tutto è un dono di Dio. Come tutti i doni di Dio è un seme da lasciar crescere e una promessa da compiere.
don Vigilio Covi

 

IL DESERTO, VIVAIO PURIFICATORE DELL'AMORE

«Lo Spirito spinse Gesù nel deserto. Vi rimase quaranta giorni tentato da Satana. Stava con le fiere e gli angeli lo servivano» (Mc. 1,12).
Nel deserto nessuno ti ascolta. Non puoi parlare con nessuno e nessuno ti parla. Nel deserto vai, se vuoi, per ascoltare Dio, per parlare con lui. È il luogo dove Dio è l’unica persona presente alla tua vita, alle tue parole, ai tuoi occhi, alle tue orecchie, al tuo cuore.
Senza di lui il deserto è la morte.

domenica 15 giugno 2014

AMAMI COME SEI - Gesù parla a un’anima



Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo: - so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: “Dammi il tuo cuore, amami come sei...”. Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei. In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami... come sei.., Voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore? non sono io l'Onnipotente? E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore? Figlio mio, lascia che Ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: “Gesù ti amo”. Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Una cosa sola m'importa, di vederti lavorare con amore. Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che ali­menterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai ... perché ti ho creato soltanto per l'amore. Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allegare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, morresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia. Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l’azione più insignificante solo per amore. Conto su di te per darmi gioia… Non ti preoccupare di non possedere virtù: ti darò le mie. Quando dovrai soffrire, ti darò la forza. Mi hai dato l’amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare… Ma ricordati… amami come sei… Ti ho dato mia Madre; fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro. Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all’amore, non mi ameresti mai… Va…”

Santa Germana Cousin, Vergine - Pibrac, Francia, 1570 circa - 15 giugno 1601




Germana Cousin morì nel 1601, a solo 22 anni. Da quando perse la madre, che non ha mai conosciuto, visse in continua sofferenza.
Figlia di un povero contadino di Pibrac, villaggio che si trovava vicino a Tolosa, nacque nel 1579, in un epoca di tristi guerre religiose. Sottile, malnutrita, scrofolosa, aveva la mano destra deforme.
Il padre non l'amava, e mai le diede nemmeno un abbraccio. E, quando si sposò per la seconda volta, mai si preoccupò della persecuzione che la matrigna sistematicamente faceva a sua figlia.
Così, nella casa del padre, Germana mai trovò quel riposo e quella pace che tutti noi incontriamo, un posto sicuro dove siamo nelle peggiori tempeste.
Uno dei suoi biografi scrisse:
La matrigna, sempre arrabbiata, la rimproverava continuamente, e gli diede stalla come camera da letto, e rami rigidi come il letto. Ancora non soddisfatta da quella durezza, la matrigna, da un capriccio del malumore, non permetteva a Germana di avvicinarsi agli altri bambini della famiglia, ai fratelli e alle sorelle che lei amava con grande tenerezza, cercando proprio ogni opportunità di servirli senza manifestare la gelosia di eventuali preferenze odiose dalle quali fossero oggetti, e lei la vittima.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi - 2Cor 13,11-13 - La grazia di Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo



 2Cor 13, 11-13
Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

Parola di Dio
Riflessione

Nel saluto cristiano che Paolo fa alla comunità di Corinto è presente la Santissima Trinità, e precisamente: la grazia di Gesù, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo. E' un saluto speciale rivolto a tutti noi. Non dobbiamo però solo ascoltarlo... se vogliamo che la Trinità dimori nel nostro cuore dobbiamo fare nostro questo santo saluto.
Gioia, tendere alla perfezione, incoraggiare, avere gli stessi sentimenti, vivere in pace... Scusa Paolo... ma è una barzelletta? Nella società in cui viviamo, anche e sopratutto tra i credenti, non è forse un'utopia?
Altro che salutare con il bacio santo!!! A mala pena qualcuno ti degna di uno sguardo.... Non vedi che persone con il muso, che non fanno altro che lamentarsi. Gioia?... Cos'è la gioia?!... Tutto è nero... e più sono pessimisti, più tutto gli va storto!!! Non solo... vogliono compagnia e cercano di coinvolgere anche te nelle loro tenebre. E siccome tu sorridi alla vita e ringrazi Dio nel bene e nel male, allora diventi un bersaglio. Per non parlare poi di “tendere alla perfezione”... Perfezione?... Qu'est-ce que c'est?... La mediocrità e la tiepidezza dilagano nelle nostre comunità. Si fà giusto il neccessario... si va in Chiesa, si strapazza un pochetto qualche preghiera, si chiacchera prima e dopo la Messa, non si sente l'esigenza di ringraziare il buon Dio per tutto quello che ci dona ogni giorno... Quest'ultima insensibilità penso sia uno dei difetti più brutti... perchè ringraziare è un dovere richiesto dall'amore. E quando non ringraziamo significa che l'Amore non è amato. A questo proposito è bene ricordare l'amarezza di Gesù quando nove lebbrosi da lui guariti non tornarono indietro a ringraziare. Incredibile!!!... L'ingratitudine è sempre esistita e penso che continuerà ad esistere...
Tutto questo succede perchè nel nostro cuore non c'è Dio al primo posto. Infatti, quando in un cuore alloggiano tanti amori diversi, quello per Dio non può essere molto forte!
Cosa dire poi dell'incoraggiarsi a vicenda? A questo punto mi viene proprio da ridere, perchè è un pezzetto di puzzle che manca proprio nella nostra società... Una società, purtroppo, dove Dio è assente. Certo che se dovessimo amare Dio tanto quanto lo offendiamo saremmo a bomba!!!
In una società in cui i problemi sono tanti, in una società che sta vivendo un momento difficile non solo a livello spirituale, tante situazioni di disagio si potrebbero alleviare se chi è in difficoltà non fosse lasciato solo. Un sorriso, una mano tesa, una parola di conforto, sono un balsamo per curare molte ferite. Le nostre ferite, i nostri tormenti, le nostre difficoltà, sono le stesse del nostro Gesù. E se la matematica non è un opinione... e se due più due fa quattro... se non vediamo il dolore di una persona a noi vicina, non potremo mai vedere il dolore che le spine procurano a Gesù.
In conclusione, questo bel saluto che Paolo ci dona è un invito ad avere gli stessi sentimenti e a vivere in pace. Proviamo allora a condividere non solo le gioie, ma anche i dolori con i nostri fratelli, perchè l'indifferenza è un sentimento molto brutto. E' come se restassimo impassibili guardando il Cricifisso. Quanto siamo poveretti... voremmo amare Dio senza troppi fastidi!!! Allora chiediamo a Gesù di darci più fede, di aiutarci a essere perfetti come è il Padre Suo e Padre nostro. Evitiamo con il nostro comportamento, apparentemente «caruccio», di dare scandalo, perchè chi scandalizza procura danni spirituali non piccoli alle anime. Diventiamo amici del Signore, imitiamolo in tutto e per tutto, perchè ai veri amici il buon Dio concede immancabilmente, prima o poi,  un caro e dolce amico con il quale, il bacio santo, la gioia, la perfezione, l'incoraggiamento vicendevole, gli stessi sentimenti, la pace, sono cose possibili. Anzi... più che possibili, sono cose che si realizzano alla lettera!!! Grazie Gesù mio.
Gesù mio, non permettere mai che io scandalizzi un solo piccolo... aumenta la mia fede, abbi pietà di me, dammi la forza di denunciare le cose poco "igieniche", e fa sì che il mio comportamento sia sempre coerente con il tuo Vangelo. E se qualche volta dovessi mancare in questo non esitare a darmi dei sonori scappellotti...
Pace e bene.

15 giugno – 12° Anniversario della morte di Padre M. D. Molinié, sacerdote cattolico, domenicano e tomista, nato nel 1918 e morto nel 2002



15 giugno – 12° Anniversario della morte di Padre M. D. Molinié, sacerdote cattolico, domenicano e tomista, nato nel 1918 e morto nel 2002, convertito in seguito allo studio della filosofia durante il quale divenne amico di Cioran, è stato folgorato dalle intuizioni di Santa Teresa del Bambin Gesù. Durante tutta la sua vita è stato posseduto dal desiderio di abbozzare per i nostri contemporanei la dottrina nascosta dal Padre ai sapienti e agli intelligenti, secondo quanto dice Gesù: "Ti rendo lode Padre perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli".

A questo riguardo diceva: "La filosofia e la teologia sono cose troppo serie per essere abbandonate agli intellettuali... Solo un cuore di bambino ha il diritto ed il dovere di consacrarsi a queste discipline".

Teologo e predicatore di ritiri in numerose comunità contemplative e gruppi di laici, ha lasciato un’immensa eredità spirituale. Ci sono innanzitutto i suoi libri di spiritualità (tra cui La lotta di Giacobbe, Il coraggio di aver paura, Beati gli umili) e di teologia (in particolare la serie "Un feu sur la terre, Réflexions sur la théologie des saints") pubblicati durante la sua vita.

 
Lettera n.30 di Fr. M.D. Molinié, o.p.

Gli orgogliosi anonimi

Miei cari Amici,
un giorno, a Lourdes, una donna ha avuto l’idea di esibire un cartello: “Signore Gesù, guariscici dall’alcolismo.” Non era un’alcolista ma voleva essere vicino a loro con una preghiera pubblica, riconoscendo peraltro che quel cartello era moralmente pesante da portare. Le dicevano: “Come ha potuto cadere così in basso! È incredibile, sono costernato!” Ella rispondeva gravemente, quasi aggressiva: “Può capitare a tutti!”
Questo genio della carità mi ha fatto ricordare gli alcolisti anonimi, che ho conosciuto grazie al libro di Kessel. Sono nati in America. La loro grande idea si situa un po’ nella prospettiva di quel grido: “Signore Gesù, guariscici dall’alcolismo!” Per entrare nel gruppo degli alcolisti anonimi, bisogna conoscere una vera discesa all’inferno: è il prezzo da pagare, il biglietto d’ingresso in qualche modo. Questi uomini e queste donne sono caduti nella trappola dell’alcool, hanno cercato di uscirne, si sono ripresi più volte, hanno creduto di esserne fuori una volta, due volte, dieci volte... ed è stata come una cappa di piombo, una maledizione che si abbatteva su di loro.

DUE LIBRI MERAVIGLIOSI DA NON PERDERE!!!


Molinié Marie-Dominique op

Il coraggio di avere paura

Descrizione

Il segreto della felicità è terribilmente semplice. Molti lo rifiutano appunto per questa sua semplicità, e preferiscono le angosce dell'uomo moderno chiuso in una prigione senza via di uscita. Eppure la salvezza è là, accanto a noi, incredibilmente semplice, dolce e umile. Il suo volto non è quello di una teoria o di una ricetta, ma del Salvatore. Egli offre la sua pace a tutti coloro che non barano più con la situazione e hanno il coraggio di avere paura. Solo chi accetta di vedere che siamo perduti può capire quanto siamo salvati e sperimentare la misericordia di Cristo. Padre Marie-Dominique Molinié è un predicatore insolito con un linguaggio concreto, saporito, pieno di immagini, capace di toccare il cuore per risvegliare l'intelligenza della fede. Bruciato dal fuoco di Dio, egli fa parte di coloro che ci fanno prendere coscienza che non abbiamo altra scelta che l'adorazione o la disperazione. Il che richiede di avere il coraggio di aver paura!

* * *



Eugenio Pramotton

Alla ricerca dell'acqua viva

Descrizione


Una donna Samaritana si rivolge a Gesù con queste parole: Tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Ebbene, nei fatti, ognuno di noi dice a Gesù la stessa cosa... Non solo, ognuno di noi, come la Samaritana, ha avuto o ha un certo numero di mariti... Nel vangelo troviamo il racconto di un re che corre il rischio di essere stolto se con diecimila uomini volesse far la guerra a un re che ne ha ventimila. Ancora una volta questa storia riguarda proprio te e me che desideriamo vivere in pace... Quando il padrone della vigna retribuisce i suoi operai dando un denaro sia a chi ha lavorato tutto il giorno sia a chi ha lavorato un?ora soltanto, compie una grande ingiustizia; ma questa ingiustizia è per noi una grande fortuna: è un'autorizzazione a sperare la vita e la gioia sebbene il nostro nome e cognome sia: Debolezza e Povertà... Si tratta di dieci meditazioni di un laico su alcuni brani evangelici. In generale vi è in esse un duplice tentativo: in un primo tempo si cerca di comprendere il significato dell'episodio, e poi ci si propone di capire come mai questi eventi e questi racconti hanno un'importanza decisiva per la riuscita della nostra vita; in altre parole, qual è la relazione fra i fatti e le parole del Vangelo con la vita quotidiana di ognuno di noi.

sabato 14 giugno 2014

PREGHIERA PARTICOLARE A DIO CHE TI AUGURA UNA BUONA GIORNATA.. DEDICA A LUI UN MINUTO. LEGGILA.


Quando ti sei svegliato questa mattina
ti ho osservato ed ho sperato
che tu mi rivolgessi la parola, però
ho notato che eri molto occupato a cercare
il vestito giusto da metterti per andare
a lavorare. Ho continuato ad aspettare
ancora mentre correvi in casa per vestirti
e sistemarti, sapevo che avresti avuto
del tempo anche solo per fermarti un momento
e dirmi “Ciao!”, però eri troppo
occupato. Per questo ho acceso il cielo
per te, l’ho riempito di colori e di canti
di uccelli per vedere se così mi ascoltavi,
però nemmeno di questo ti sei reso conto.
Ti ho osservato mentre ti accingevi al
lavoro e ti ho aspettato pazientemente
tutto il giorno, ma tu eri troppo occupato
per dirmi qualcosa. AI tuo rientro ho visto
la stanchezza sul tuo volto ed ho pensato
di rinfrescarti un poco facendo cadere
una lieve pioggia, perchè questa la portasse
via; il mio era un dono, ma tu ti sei
infuriato ed hai offeso il mio nome.
Desideravo tanto che tu mi parlassi...
c’era ancora tanto tempo, ho pensato.
Dopo hai acceso il televisore, ti ho aspettato
pazientemente, mentre guardavi la
TV, hai cenato e ti sei immerso nel tuo
mondo, ti sei dimenticato nuovamente di
parlare con me.
Ho notato che eri stanco ed ho compreso
il tuo desiderio di silenzio e così ho fatto
scendere il sole e al suo posto ho disteso
una coperta di stelle ed al centro di questo
ho acceso una candela: era uno spettacolo
bellissimo, ma tu non ti sei accorto di nulla.
AI momento di dormire, dopo aver augurato
la buona notte alla tua famiglia, ti
sei coricato e quasi immediatamente ti
sei addormentato. Nemmeno ti sei accorto
che io sono sempre con te. Bene, ti
sei svegliato ed ancora una volta io sono
qui che aspetto, senza nient’altro che il
mio amore per te, sperando che oggi tu
possa dedicarmi un po’ del tuo tempo.
Ti amo tanto
che attendo tutti i giorni una
preghiera, i doni che ti ho dato oggi sono
il frutto del mio amore per te.
Buona giornata...

Dio “tuo Padre”


Beata Francisca de Paula De Jesus (nhà Chica) Laica


  1810 - 14 giugno 1895

La Venerabile Francisca de Paula de Jesus, detta comunemente Nhà Chica (zia Francesca), è nata nel 1808 a São João del Rey nello Stato di Minas Gerais in Brasile. Ebbe il nome di s. Francesco di Paola, il santo taumaturgo fondatore dell’Ordine dei Minimi, molto venerato dagli schiavi nel sud America in particolare nel Minas Gerais. Non aveva cognome perché figlia naturale di Izabel Maria, una schiava, e di padre sconosciuto, probabilmente il padrone della fazenda.
Dalla madre apprese le preghiere e le devozioni ma, essendo donna e schiava, non poté ricevere alcuna istruzione scolastica. Da adulta non avvertì mai la necessità di imparare a leggere, però, come ebbe a confessare al dr. Henrique Monat quasi al termine della sua esistenza: “desiderai solamente ascoltare la lettura delle Sacre Scritture; qualcuno mi fece questo favore e rimasi soddisfatta”.
Francisca de Paula, nel 1821, affrancata dalla schiavitù, si trasferì con la madre e Theotonio Pereira do Amaral, fratello per parte di madre, a Baependi, una città in pieno sviluppo, dove, pochi mesi dopo, rimase orfana.
In punto di morte la madre le raccomandò di condurre una vita ritirata, per praticare meglio la carità e conservare la fede cristiana. Così, pur avendo molte richieste di matrimonio, le rifiutò ritenendo di avere una missione da compiere, tuttavia non si mostrò mai contrariata con i pretendenti, anzi si dichiarava grata per le buone intenzioni dimostrate nei suoi confronti.
Volendo seguire il consiglio della madre rimase a vivere da sola in una casetta su una collina ai limiti dell’abitato di Baependi per dedicarsi alla preghiera e alla cura dei poveri, rinunciando di andare a vivere insieme con il fratello, diventato tenente della Guardia Nazionale, quindi Consigliere comunale, dedito al commercio.

venerdì 13 giugno 2014

Sant'Antonio

 
Sant'Antonio,
 
amico di Dio e amico dei poveri,
voce di Dio e voce degli uomini,
giovane capace di parlare ai giovani,
uomo forte capace di resistere ai forti
con la potenza disarmante del Vangelo!
Oggi il mondo
ha bisogno urgente di Vangelo:
aiutaci ad essere infaticabili annunciatori di Gesù
nelle strade spente
della società del benessere;
aiutaci a gridare il Vangelo con la vita
facendoci veramente poveri
per testimoniare la ricchezza che è Dio.
Sant'Antonio,
giovane innamorato di Dio,
oggi i giovani sono defraudati nella speranza
e ingannati con la seducente proposta
di divertimenti che non saziano il cuore:
aiutaci a riempirci di gioia
per testimoniare la gioia vera
che abita nel cuore di Cristo.
Sant'Antonio,
rendici uomini di silenzio
per pronunciare parole piene di Dio!
Sant'Antonio,
strappaci dalla vita mediocre
per camminare nella via bella della santità
con umiltà, con purezza,
con letizia evangelica e francescana.
Amen.

 ANGELO COMASTRI

UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE DEL SOMMO PONTEFICE - Il silenzio in chiesa e in sagrestia prima e dopo la celebrazione



Sin dalle origini della Chiesa, si incontrano testimonianze che mostrano come la Celebrazione Eucaristica esiga necessariamente una preparazione previa, non solo da parte del sacerdote celebrante, bensì di tutto il popolo fedele (cf. J.A. Jungmann, Missarum sollemnia, p. 227). A questo riguardo, afferma Guardini: «A mio avviso la vita liturgica inizia con il silenzio. Senza di esso tutto appare inutile e vano […]. Il tema del silenzio è molto serio, molto importante e purtroppo molto trascurato. Il silenzio è il primo presupposto di ogni azione sacra» (Il testamento di Gesù, p. 33).
La Institutio Generalis Missalis Romani (IGMR) nella editio typica tertia include per la prima volta al n. 45 un riferimento a ciò che precede la celebrazione: «Anche prima della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sagrestia e nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi, perché tutti possano prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione».
Pertanto, conviene che tutti osservino il silenzio: sia il celebrante, che in questo momento preparatorio deve ricordarsi di nuovo che si mette a disposizione di Colui che «è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro» (2Cor 5,15); sia i fedeli che, prima che inizi la celebrazione, devono prepararsi per l’incontro con il loro Signore. Cristo non li convoca solo per parlare loro della sua futura Passione, morte e risurrezione; bensì il suo mistero pasquale si fa realmente presente nella Santa Messa, perché possano partecipare di Lui.